|
|
Enti e personaggi, tra i più disparati, su cui si dovrebbero accendere in primis i riflettori, si stanno proclamando come paladini della tutela del benessere dei cavalli, dimenticando o forse ignorando completamente alcuni aspetti generali del più vasto universo dei rapporti tra uomo ed animali.
|
di  Rodolfo Lorenzini
Dopo il primo passo compiuto con l’ordinanza del sottosegretario Francesca Martini (ordinanza concernente la disciplina di manifestazioni popolari pubbliche o private nelle quali vengono impiegati equidi, al di fuori degli impianti e dei percorsi ufficialmente autorizzati), verso una necessaria e profonda riflessione di cui tutto il mondo del cavallo ha bisogno, una vera e propria ondata dilagante di “benesserismo” equino sta colpendo il settore ippico ed equestre italiano.
Enti e personaggi, tra i più disparati, su cui si dovrebbero accendere in primis i riflettori, si stanno proclamando come paladini della tutela del benessere dei cavalli, dimenticando o forse ignorando completamente alcuni aspetti generali del più vasto universo dei rapporti tra uomo ed animali.
In questo ambito esistono tre aspetti che meritano di essere considerati contemporaneamente in quanto parte dello stesso problema e strettamente correlati tra loro. E su questi temi che corrispondono all’etica del rapporto uomo/animale - cavallo, al benessere ed all’addestramento del cavallo è necessario sviluppare una attenta riflessione, persino terminologica, se si vogliono realmente riempire di contenuti di qualità gli obiettivi che il sottosegretario Francesca Martini ha rilanciato anche nella conferenza stampa di presentazione della prossima Fieracavalli:
- il “Codice per la Tutela e la Gestione del Cavallo” che sarà sostenuto, proprio durante la manifestazione fieristica, da un “Protocollo per la Tutela e la Gestione dei Cavalli” applicato grazie alla presenza in Fiera di medici veterinari del Ministero stesso, delle ASL competenti, di veterinari ippiatri delle principali Facoltà di Medicina Veterinaria, nonché di tecnici degli enti sportivi di riferimento;
- la proposta, in collaborazione con i vertici della Federazione Equestre Internazionale, di un “G8 sulla tutela del cavallo” che ogni anno dovrebbe tenersi proprio a Verona per affrontare i temi più attuali legati alla salute ed al benessere del cavallo.
- e, non per ultima, “La Carta Etica per la Tutela del Cavallo” che verrà proposta alla sottoscrizione dei principali rappresentanti del comparto equestre ed ippico.
La Carta, così come oggi è concepita, lascia alla discrezionalità, alla sensibilità, alla deontologia e, se vogliamo, anche all’etica ed alla cultura di chi la firma, le scelte che devono essere intraprese nei confronti del proprio cavallo; ma, nella pratica, non costituisce nulla di più che la dichiarazione individuale di una intenzione; cui non segue nessuna possibilità di verifica, ne di effettiva capacità di incidere sui problemi reali, che sono purtroppo largamente diffusi in generale al settore ippico ed equestre.
Il concetto di benessere animale
Nella legislazione italiana e nel dibattito culturale sull’argomento benessere abbiamo almeno 5 diversi distinti concetti, accettati, di benessere animale. Benessere in senso etologico, in senso clinico, in senso zootecnico, in senso deontologico ed in senso etico.
Mentre questi concetti sono tutti ben definiti ed identificabili, nel contesto in cui sono stati prodotti, dove si colloca il benessere del cavallo? E del cavallo atleta in particolare?
Partendo da questo punto di vista con l’analisi, si può constatare come tra i diversi concetti vi siano delle differenze così sostanziali, legate alle specie ed agli animali considerati, da indurre a riflettere fortemente se sia possibile valutare che tutti gli animali siano uguali dal punto di vista legislativo.
Per la legislazione, in Italia il cavallo è soprattutto considerato un animale “zootecnico”. Nel nostro Paese infatti non esiste una legislazione organica che ne regoli l'impiego nei diversi ambiti di attività: ippica, equitazione, palii, turismo, monte da lavoro, spettacolo, ecc. Il cavallo sportivo ha quindi una duplice valenza; atleta per molti anni della sua vita, durante il periodo di utilizzo “sportivo” e animale da “rottamare o riciclare” nel momento in cui invecchia o le sue prestazioni atletiche subiscono una flessione, in considerazione del fatto che non può essere macellato.
Esistono ovviamente anche casi meritevoli di menzione in cui gli animali divengono veri e propri “pensionati” e si godono la vecchiaia, ma, rispetto alla situazione generale, sono meno che sporadici.
Sul versante sportivo, il cavallo viene quindi collocato in un limbo in cui il benessere è qualcosa di molto aleatorio se riferito al grande numero di soggetti impiegati.
È bene comunque fare riferimento al fatto che il benessere etologico di un cavallo è ben diverso da quello clinico o sportivo (peraltro sinora non previsto), od ancora da quello zootecnico. Queste diversità si acuiscono quando, nel caso specifico del cavallo, che deve intraprendere una attività sportiva, si debba passare attraverso stadi di addestramento o di impiego. La differenza con gli umani sportivi infatti, è dovuta al fatto che il cavallo atleta non fa lo sport per scelta personale, ma lo fa sulla base di un rapporto con gli uomini che dal punto di vista socio/antropologico viene definito utilitaristico.
Gli studiosi di etica veterinaria definiscono il rapporto utilitaristico come il rapporto più crudo e più aspro tra gli uomini e gli animali.
È inoltre ovvio, ma non secondario, considerare che tra i rapporti di tipo utilitaristico ve ne siano alcuni che, dagli usi e dalle consuetudini, per lo più occidentali, vengono definiti come necessari ed indispensabili, mentre ve ne sono altri che sono assolutamente fittizi o voluttuari e non necessari.
Al primo caso appartengono gli usi alimentari, gli usi per la produzione di abbigliamento, gli usi lavorativi, gli usi sperimentali, gli usi terapeutici, etc.
Al secondo appartengono l’uso sportivo diretto ed indiretto e l’uso per plaisure che può andare da un uso sportivo non agonistico, al turismo equestre, all’equitazione artistica, fino al fatto che il cavallo rivesta un vero e proprio ruolo di animale di compagnia o di attore nella riabilitazione equestre.
Alcune considerazioni generali sull’addestramento
L‘addestramento di tutti gli animali, nessuno escluso, si basa fondamentalmente su tecniche di dialogo a sistema binario (si/no, positivo/negativo). L’addestratore stimola un’azione, l’animale risponde o reagisce; l’addestratore di nuovo lancia un segnale positivo o negativo, per far comprendere all’animale se la risposta/azione era giusta o sbagliata.
In molti settori, in cui gli animali sono legati all’uomo da un rapporto utilitaristico, si è eticamente deciso di vietare, con regolamenti ad hoc, nell’addestramento degli animali, l’utilizzo di metodi di dialogo che fossero basati su “rinforzi negativi”
Il rinforzo negativo non necessariamente è uno stimolo direttamente doloroso o punitivo, ma può anche essere una situazione ambientale, come la deprivazione di qualcosa di fondamentale come l’acqua od il cibo o la possibilità di muoversi liberamente. In questi ambiti è chiaro che il contrario è costituito dall’addestramento che avviene valorizzando al massimo i rinforzi positivi; che in pratica sono costituiti da piccoli premi per indurre l’animale a rispondere correttamente agli stimoli esterni per gratificarsi.
Addestramento e Benessere del Cavallo
Da un punto di vista tecnico-metodologico nel settore del cavallo siamo di fronte ad un uso generalizzato e continuo, anche da parte dei bambini, di rinforzi negativi in tutte le discipline. È sufficiente ricordare due elementi: la frusta e gli speroni, che non sono accessori di abbigliamento, ma possono essere, se usati tecnicamente in modo scorretto, rinforzi negativi di una certa consistenza e significato.
Tra gli altri rinforzi negativi si potrebbe parlare a lungo dello staccione dei butteri, delle fruste elettrificate del trotto, della “sbarratura” dei cavalli da salto in cui gli effetti dolorosi dell’impatto sono talora potenziati “sensibilizzando” le parti superiori del piede che devono essere sbarrate, etc.
Non sono immuni da essere considerati rinforzi negativi anche alcuni strumenti e metodi tanto in voga oggi nei praticanti delle dome dolci; come le “capezzine speciali” che agiscono schiacciando i nervi facciali, o craniali, o lo stick carrot il cosiddetto bastone-carota.
I rinforzi negativi sono dunque all’ordine del giorno nel mondo del cavallo, non solo nell’addestramento, ma addirittura seguono il soggetto per tutta la vita sportiva, agonistica e/o lavorativa.
Etica e Regolamenti
Prendendo ad esempio lo sport dell’endurance, si osserva che, in media, ad ogni gara, circa il 50% dei soggetti (nell’ultima gara svoltasi ad Assisi per esempio sono arrivati al traguardo solo 31 dei 98 cavalli che hanno preso il via) viene fermato e quindi eliminato per evidenti patologie cliniche in atto; zoppie, coliche, tachicardie non compensate, flutter diaframmatici, mialgie, mioclonie etc. Queste patologie non dipendono dalla gara; queste patologie dipendono dal tipo di azione e di sforzo che il cavaliere richiede al cavallo.
Da questo esempio si possono fare alcune forti considerazioni:
- Può il regolamento (seppur internazionale) della disciplina tutelare un cavaliere che se provocasse gli stessi problemi nell’ambito di una delle manifestazioni previste nell’ordinanza del settembre scorso, lo renderebbero perseguibile ai sensi del codice penale?
- Il cavallo che reiteratamente viene proposto in una gara, in uno sforzo, in un tipo di addestramento che esita in stimoli negativi (dolore, zoppia, colica) sviluppa la consapevolezza che quel tipo di attività può arrecargli danno?
L’aspetto della consapevolezza animale è molto importante.
La legislazione europea sul benessere degli animali da esperimento, poi recepita nei vari Paesi dell’unione, dal 1989, per alcuni animali, e tra questi il topo, ha introdotto il concetto di ansia, stress, angoscia, danno durevole come stadi successivi di uno stimolo nocivo ripetuto che si ripercuote sia sul sistema organico che sul sistema cognitivo dell’animale.
Il cavallo, che in una competizione raggiunge ripetutamente, anche se non necessariamente in modo consecutivo, lo stress dovuto allo sforzo, al dolore ad un arto, o per una colica, è in grado di associarlo al tipo di attività che svolge e quindi di soffrire di conseguenza di stress, ansia, angoscia, nel rivivere le stesse situazioni ambientali?
Questo secondo punto è fondamentale e non può essere ignorato dai regolamenti nazionali ed internazionali e tanto meno può essere lasciato alla discrezionalità del cavaliere che firmi “La Carta Etica”. Il momento etico, cioè il momento in cui si devono prendere decisioni importanti per tutti i cavalli che praticano una attività sportiva è inevitabilmente il momento in cui la morale (non più quella individuale soggettiva e particolare) viene modulata dal diritto, in questo caso civile, sociale, sportivo, che arriva a determinare Nuove regole di Comportamento collettivo e quindi Nuovi Regolamenti Federali per chi pratica quel determinato sport in cui si manifestano situazioni che mettono a rischio “l’incolumità” dei soggetti che lo praticano.
Conclusioni
La creazione di una Banca Dati, sostenuta da approfondite indagini retrospettive è oggi la prima condizione da raggiungere per poter aprire una seria discussione sull’argomento della tutela del benessere del cavallo in generale e sportivo in particolare.
Vi sono molte domande che attendono precise risposte:
- Quale è il rapporto tra i soggetti che iniziano le attività agonistiche e sportive e rimangono in attività dopo mesi od anni?
- I soggetti che non sono più in attività quale destino hanno subito?
- Che rapporto c’è tra animali che muoiono o vengono soppressi in attività ippiche od equestri (anche nei giorni successivi dopo l’evento in cui si sono infortunati) ed i soggetti che muoiono o ricevono danni irreparabili nelle manifestazioni previste dall’ordinanza?
- Quali percentuali costituiscono gli incidenti rispetto al numero delle manifestazioni ed ai soggetti impiegati?
- Quanti dati è possibile estrapolare dalle anagrafi sportive, relative alla vita agonistica media dei soggetti in Italia?
- Quale è la diffusione del doping nei settori sopra elencati?
- Come si affronta il problema della gestione terapeutica dei soggetti?
- Quale è il rapporto tra questi dati e quelli degli altri paesi europei?
- Quali sinergie possono essere create tra gli organismi competenti per governare il settore?
Nell’acquisizione di questi elementi e nelle risposte a queste domande è la base per il sereno e dialettico progredire del percorso iniziato per raggiungere oggettivi elementi di tutela alle attività in cui sono impiegati i cavalli. Senza ovviamente tralasciare di coinvolgere, in questo argomento, tutte quelle professionalità, accademiche, istituzionali, culturali e dell’associazionismo che si occupano da anni di welfare equino e non solo; allo scopo di evitare perdite di tempo, errori metodologici e che un argomento così importante sia “bruciato” sul nascere, ancor prima che si possa realmente cambiare qualcosa.
|