Anno 8 - N. 23/ 2009
PER UNA BREVE STORIA DELLA PROSPETTIVA
Dalle origini al tardo medioevo
La rappresentazione bidimensionale della realtà tridimensionale è una delle problematiche più dibattute e approfondite sia nella storia della scienza che in quella dell'arte
di Giuliano Tessera
Scene di vita di San Nicola (1332 ca.)
Ambrogio Lorenzetti (Siena, 1290 ca. - 1348)
Firenze, Galleria degli Uffizi
La geometria descrittiva definisce la prospettiva come "la scienza che insegna a rappresentare gli oggetti tridimensionali su una superficie bidimensionale, in modo che l'immagine prospettica quella data dalla visione diretta coincidano". La rappresentazione bidimensionale della realtà tridimensionale è una delle problematiche più dibattute e approfondite sia nella storia della scienza che in quella dell'arte. Nella storia dell'arte però, il termine viene usato, in senso lato, per indicare i più diversi metodi di rappresentazione della profondità spaziale.
Il termine latino perspectiva deriva da perspicere, vedere chiaramente, perfettamente corrispondente al greco optiché, scienza della visione, appunto. Va anche detto che per tutta l'antichità e il Medioevo non esiste sostanzialmente distinzione tra ottica e prospettiva, sia da un punto di vista spiccatamente geometrico (come nei testi greci), sia che si volga a problemi fisici e fisiologici (come nei testi arabi e medievali). Il problema era la rappresentazione del reale. Va anche precisato che non sembra assolutamente possibile riscontrare alcun senso di tridimensionalità nelle incisioni rupestri paleolitiche o neolitiche e che invece in alcuni disegni egizi possono venir ritrovate alcune intuizioni prospettiche puramente empiriche. Nelle civiltà pre-elleniche invece, alcuni procedimenti vennero utilizzati, addirittura nell'età micenea, dove, nel palazzo cretese di Cnosso verranno collocate teste poste su piani diversi per ottenere immagini prospettiche. Siamo tra il 1400-1100 a.C. Quasi contemporaneamente anche in Cina ci si occupò di prospettiva: nel "Tcheou-Pei Suang Ching" si affronta, ad esempio il problema di come determinare le dimensioni delle ombre. Saranno invece i grandi geometri della Grecia classica a dare corpo allo sviluppo delle teorie prospettiche di tipo scientifico che affonda le sue radici, come chiaramente illustra Luigi Grasselli ne "Le radici storiche della prospettiva", parte dell'ampia trattazione dedicata a "Piero della Francesca, la Matematica e la Prospettiva" ("Piero della Francesca - De Prospectiva Pingendi", Mussini-Grasselli; Aboca Museum Edizioni, 2008, Sansepolcro ).
" Lo sviluppo delle teorie prospettiche di tipo scientifico affonda le sue radici nella Geometria della visione diretta, ovvero nell'Ottica, sviluppata dai grandi geometri della Grecia Classica, i cui risultati di base sono esposti, col solito rigore deduttivo tipico dell'autore, nell'Ottica di Euclide. Il principio costitutivo del trattato è una descrizione geometrica della visione secondo la quale l'occhio "emette" raggi rettilinei che raggiungono gli oggetti attraverso lo spazio; tali raggi definiscono un cono avente per vertice l'occhio dell'osservatore e per base la superficie dell'oggetto considerato".
Sarà proprio questa l'idea base che Piero della Francesca riprenderà, citandola esplicitamente, nel Libro Primo del De prospectiva pingendi, come più avanti si vedrà. Con l'Ottica i tentativi di ottenere una rappresentazione verosimile della realtà intrapresero la strada della matematica e l'influenza di questo connubio, derivato da Euclide, dopo il III secolo a.C., si ritroveranno in alcuni accorgimenti tecnici nella struttura degli edifici greci come, ad esempio nella visione scenografica della facciata del tempio.
Molti autori ripresero successivamente gli insegnamenti euclidei. Dall'Età antica al Medioevo la prospettiva sarà a volte identificata con l'ottica e analizzata con criteri geometrici; a volte verrà collegata con la fisiologia della visione; spesso, per rendere più verosimile la rappresentazione pittorica della realtà, entrerà a pieno titolo nel mondo dell'arte, particolarmente nel tardo Medioevo. Ma un contributo rilevante allo sviluppo delle tecniche inerenti la prospettiva lo avremo in età romana da Vitruvio, architetto e ingegnere militare (I secolo a.C.) autore del De Architectura. L'opera è articolata in tre parti sostanziali relative alla rappresentazione architettonica:
-icnographia: descrizione della pianta
-orthographia: descrizione dell'alzato
-scaenographia: lo schizzo della facciata
e dei lati in scorcio con la convergenza di tutte le linee al centro".
Si deve poi a Tolomeo (II secolo d.C.) un'Ottica in cui viene analizzata la riflessione ed è tentata una interpretazione geometrica della rifrazione. Sarà anche eccellente cartografo (riprendendo il metodo della proiezione stereografica della sfera introdotta forse da Ipparco). Il suo Planisphaerium, sarà commentato da Federigo Commandino nel XVI secolo in un'opera che determinerà una svolta nella storia della prospettiva. Sul finire dell'età antica troviamo le opere di Eliodoro di Larissa (IV secolo), rielaboratore dell'Ottica di Euclide.
Successivamente saranno i matematici arabi a fornire importanti contributi all'ottica geometrica: nel trattato Opticae Thesaurus Libris Septem di ibn-al-Haitam, Alhazen in Occidente (965-1039), tradotto in latino da Gerardo da Cremona nel XII secolo, verrà ribaltata l'antica impostazione sulla propagazione della luce, sostenendo che i raggi visivi partono dall'oggetto osservato per giungere all'occhio (problema di Alhazen). L'opera pervenuta in Occidente assieme a molti altri trattati greci e arabi influenzerà notevolmente le ricerche successive sull'ottica e sulla prospettiva.
Tra gli studiosi che si occuperanno della materia nel Medioevo va ricordato Roberto di Lincoln, detto Grossatesta (1175-1253), autore del De luce testo di ispirazione aristotelica e del suo discepolo ad Oxford Ruggero Bacone (12141294), che si occupò di prospettiva. Giovanni Peckham inoltre (1242-1292), teolo inglese e arcivescovo di Canterbury, autore di Perspectiva communis, verrà soprannominato "magister perspectivae".
Spesso nel Medioevo, in campo pittorico, era l'importanza del personaggio ritratto che determinava i criteri della rappresentazione (come si nota anche nell'arte egizia): più era importante il personaggio più aumentavano le sue dimensioni nel quadro, prescindendo da qualsiasi visione prospettica. Già nel tardo Medioevo, tuttavia, cominciano ad essere evidenti in molti artisti accorgimenti pratici per la resa pittorica della tridimensionalità: in Duccio da Boninsegna (1255-1319), in Giotto da Bondone (1267-1336) e nella scultura di Lorenzo Ghiberti . In particolare va annoverato Ambrogio Lorenzetti, senese, abilissimo nella elaborazione intuitiva della terza dimensione, della "perspectiva communis", prima cioè della nascita di una teoria matematica in proposito. Con le opere di Lorenzetti, comparve nella storia della pittura, la convergenza ad un unico punto delle rette perpendicolari ad una retta orizzontale di fronte. Qui ci si muove ancora nell'ambito della pur importante ricerca empirica che non va confusa con quella razionale che caratterizzerà la prospettiva nel Rinascimento. E di ciò ci occuperemo successivamente.
Si può evincere che nel primo enunciato Euclide seguiva Platone che riteneva che il raggio visivo parte dall'occhio e prosegue per via rettilinea. Questa affermazione non è tuttavia così importante come la seconda che collega, decisamente, la comprensione dei fenomeni ottici alla geometria. È proprio dall'Ottica che tutti gli sforzi tesi ad ottenere una rappresentazione verosimile della realtà scelsero la strada dello studio matematico.
EUCLIDE
Nell'Ottica di Euclide, trattato fondamentale per la prospettiva, sono proposti 14 termini (sicuramente attribuibile a Euclide i primi 12)
I. I raggi emessi dall'occhio procedono per via diritta.
II. La figura compresa dai raggi visivi è un cono che ha il vertice nell'occhio e la base al margine dell'oggetto visto.
III. Si vedono quegli oggetti ai quali giungono i raggi visivi.
IV. Non si vedono quegli oggetti ai quali i raggi visivi non giungono.
V. Quegli oggetti che si vedono sotto angoli maggiori sono giudicati maggiori.
VI. Quegli oggetti che si vedono sotto angoli minori sono giudicati minori.
VII. Gli oggetti che si vedono sotto angoli uguali sono giudicati uguali.
VIII. Gli oggetti che si vedono con raggi più alti sono giudicati più alti.
IX. Gli oggetti che si vedono con raggi più bassi sono giudicati più bassi.
X Gli oggetti che si vedono con raggi diretti a destra sono giudicati alla destra.
XI. Gli oggetti che si vedono con raggi diretti a sinistra sono giudicati di sinistra.
XII. Gli oggetti che si vedono con più angoli si distinguono più chiaramente.
XIII. Tutti i raggi hanno la stessa velocità.
XIV. Non si possono vedere gli oggetti sotto qualsiasi angolo.
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