Anno 8 - N. 22/ 2009


MOSTRA

Liliana Ravenda Malag

Enigma e Sogno

di M. Giuseppina Malfatti Angelantoni



Arlecchino. 1981


Enigma, arcano, sogno, questa la cifra della pittura di Liliana Ravenda Malag, la componente dominante, prepotente, quasi autonoma dall'Artista che, nel trasformare il suo sentire e le sue emozioni in raffinate immagini di grande suggestione e bellezza, scivola felicemente in questa dimensione. Ogni dato reale è per Malag un punto di partenza, da lì, con la sua fantasia, ma più ancora col suo cuore e le sue passioni, arriva a creare opere che vivono del mistero e di inquietanti domande irrisolte. Enigmatico appare anche il suo pseudonimo che ne cancella il genere: uomo o donna?
I suoi dipinti, figurativi e apparentemente realistici - personaggi, nature morte, paesaggi - sono in realtà metafora dell'essere, fra simbolo e allegoria, e si connotano per la bellezza formale, fatta di armonia ed equilibrio di linee e colori, di forza del segno e corposità materica delle pennellate.
Lo stile di Malag è armonioso, elegante, equilibrato, e anche se il soggetto è permeato di dolente consapevolezza e di mesta riflessione sulla condizione umana, la bellezza delle immagini trasforma in incanto le composizioni, dando conferma al pensiero di Dostojevski "La bellezza ci salverà".
Malag si forma, come donna e come artista, nella vivace Bologna degli anni '50, anni, quelli del secondo Dopoguerra, in cui grande fu il dibattito, anche fortemente permeato di ideologia, fra conservatorismo e rinnovamento, figurativismo e astrattismo, realismo e neo-avanguardie, in una città dove vivevano ed operavano grandi maestri quali Morandi, Borgonzoni, Minguzzi, e giovani speranze come Sughi ed altri con i quali Malag aveva frequentazione e amicizia.
"Ogni artista, anche quando crede di essere indipendente e libero, è sempre sotto l'influsso di una cultura ambientale, che incide sul suo orientamento" questo scrive Guido Ballo nella sua "Linea dell'arte Italiana", degli anni '60, ma Malag sembra smentirlo. Pur immersa in questo ambiente in fermento, affascinata e con l'orecchio attento ai dibattiti colti e animosi, lei sceglie la sua via: la pittura figurativa, senza dipendere però da alcun grande Maestro. Il suo tratto elegante è "segnico" , vagamente pre-raffaelita, ma nuovo, originale, sorprendente anche nella ripetizione dei soggetti e delle composizioni. Questa Artista obbedisce solo alla verità della sua visione e alla violenza dei suoi moti interiori che scaturiscono a contatto con la realtà, contingente o fatta solo di pensiero, e dipinge secondo le sue esperienze di vita.
Nella stagione della sua giovinezza e della sua formazione bolognese Malag incontra colui che diventerà il compagno della sua vita, Tullio Ravenda, pittore, del quale assumerà e manterrà il nome, come atto d'amore, e con il quale farà un percorso di formazione e di attività lavorativa, entrando in contatto con grandi personaggi della cultura italiana dal campo artistico, a quello accademico, a quello dello spettacolo.
Malag frequenta la Scuola d'Arte e l'Accademia di Belle Arti, ma anche lo studio del pittore Alberti, dal quale apprende il" mestiere" e i fondamenti della sua arte, come avveniva nelle antiche botteghe. Lavora anche nel campo della grafica e dei fumetti per famose testate di rotocalchi del tempo, acquisendo sempre più padronanza del disegno.
Agli inizi della sua attività artistica, nella ricerca di uno stile e di una tecnica, Malag è legata al figurativismo espressionistico di Rouault, affascinata dalla sua pittura bituminosa e forte, di grande spiritualità. Ne troviamo eco nella icastica figura femminile di "Solitudine", dalla plasticità tattile definita da colpi di spatola e da un colore acceso, quasi monocromo. Cerca anche ispirazione in modelli accademici come si vede nel pudico e classicheggiante autoritratto di "Donna al bagno", dalle morbidezze ottocentesche.
Malag raggiunge la pienezza del suo stile personalissimo dalla fine degli anni '70 allorché introduce, nella rappresentazione dei volti e della figura umana, il delicato filo sfumato che taglia verticalmente i volti e i corpi per sottolinearne la fragilità e la scomponibilità, una sorta di sofisticata partizione per mezzo di linee leggere che trasportano con sé lo spazio, dando pluralità di visione. Le composizioni segnate da questo nuovo stile, che sottolinea la sofferenza e il tormento esistenziale, acquisiscono maggior fascino e suggestione.
Per ciò che concerne la realizzazione materiale del dipinto, Malag è una sperimentatrice, che dopo aver acquisito una mano esperta attraverso la pratica di "bottega", applica nuove soluzioni che potrebbero avvicinarla a Bacon o, considerando il suo "per via di togliere", idealmente a Michelangelo (a questo grandissimo la unisce anche un'altra sua peculiarità, l'amore per il "non finito"). Nella ricerca di effetti desiderati, dopo aver steso strato preparatorio e strati pittorici, la pittrice li scava, in parte li graffia via e li stende nuovamente con altro medium ottenendo superfici tormentate, ma vive. A volte con i solventi toglie parti di colore prima di stenderne altri di nuovi.
Lo stesso rapporto tormentato esiste con il supporto, agli esordi la tela, ma poi ricerca materiali più rigidi, capaci di resistere ai suoi colpi di spatola e di pennello, che si accaniscono sulle superfici quasi come incisioni, tanto è l'impeto col quale cerca di trasfondervi il suo pensiero forte. Dipinge allora su tavole di masonite, o di faesite, che taglia lei stessa in varie dimensioni, e vi stende strati preparatori capaci di assorbire e riflettere i colori, alla maniera antica. Sperimenta anche altri supporti, quali il legno, il più amato e ricercato, invitante con le sue fibre già disegnate e con la sua vita latente, e il sughero sul quale fa aderire l'oro per lo sfondo alle sue "Venezie" incantate.
Soggetto dominante nella pittura di Malag è la figura umana, sono i volti sui quali affiora l'anima con tutto il carico delle sue pene esistenziali, raramente sono ritratti, ma figure emblematiche, simbolo di passioni e di dolore, spesso nascoste sotto una maschera. Sono volti dolenti di donne, immagini di maternità sofferente o sono giovani donne dall'aria disincantata, ribelle o assorta, che si affacciano al mistero della vita. Sono simbolo di una femminilità sofferta, dai problemi non risolti, debole di fronte alla vita, alle insidie, all'età che avanza. Straordinario è il dipinto "Passato e Futuro" dove il contrasto cromatico delle chiome scura l'una, argentata l'altra, quasi unite in una forma unica, una sorta di Gano bifronte, accentua la grande, tragica ed ineluttabile frattura fra due età della donna. In "Doppio Ritratto", su due volti vicini, un uomo e una donna, smarriti e incerti, passa un messaggio di speranza per la dolce aria protettiva dell'uomo: è un'allegoria dell'amore. In un altro doppio ritratto "I Figli dei Fiori" invece gli occhi senza pupille della coppia parlano di paura e di mancanza di speranza nel futuro. In "Tre Volti", gli sguardi incerti di tre ragazze, alle cui spalle si intravede l'inquietante struttura di una centrale atomica, vanno verso direzioni diverse, seguendo il loro diverso stato d'animo.
E accanto ai ritratti le maschere: Arlecchini, pagliacci, pierrot, tutta una galleria di teatranti raffinati, tristi, ammiccanti, inquietanti, imbellettati, i loro sentimenti esaltati dalla sottile linea che duplica i loro lineamenti e stampa sul loro volto anche l'anima divenuta visibile.


I paesaggi di Malag sono tutti paesaggi della memoria e del sogno, il dato paesaggistico è solo un'occasione e uno stimolo per andare oltre e creare e vedere campagne, case e monumenti che non ci sono: i "casoni" del Delta, ricordo rivisitato e fantastico di lontani soggiorni ferraresi, i grattacieli ferrigni che un sole al tramonto rende geometrici e opachi, la barriera di un ospedale della periferia milanese che sale, e i mille angoli di Venezia. E Venezia è veramente un luogo speciale, incantato, nella pittura di Malag, un luogo amato, del quale, come nessun altro artista, anche il più grande, lei ha saputo leggere e rubare l'animo bizantino che esce fuori dal pulviscolo d'oro di tramonti sognati. E' come se tutta la bellezza che questa città ebbe dalle pietre, dai marmi, dalle reliquie, dalle mille opere d'arte strappate a Bisanzio e qui approdate, uscisse dalle acque e dalle nebbie in virtù di un arcano potere di Malag che entra in sintonia con la città.
Nelle" nature morte", moderne, dai volumi ben definiti, Malag ricorda la lontana lezione dei fiamminghi e degli olandesi, ma cita anche l'esperienza bolognese fatta a contatto con Morandi che di questo genere era grande maestro.

Malag si applica, fin dagli anni giovanili, alla grafica, all'incisione su lastra e su pietra, alla ceramica, alla cartellonistica, alla decorazione di edifici pubblici, ma è nel disegno che è veramente maestra. I suoi disegni, a carboncino, a china, acquerellati, meriterebbero una mostra a sé. Il disegno, ama ripetere, è l'espressione diretta dell'idea creatrice, la mano segue con immediatezza il pensiero, è la palestra dei grandi pittori. La produzione di disegni di Malag è molto ricca e sempre di altissimo livello, i soggetti sono vari - ritratti, ballerine, nudi, - segnati dal tratto forte, espressionistico nel delineare ritratti di personaggi dalla fisicità prorompente, o delineati dal tratto leggero e musicale per ballerine che, per eleganza e levità, farebbero invidia a Degas.


Stralci della presentazione per la personale dal titolo “Enigma”, tenutasi a maggio 2008, alla Galleria Rivoli2 a Milano.
Curatore: M. Giuseppina Malfatti Angelantoni).
(N.d.R)