Anno 8 - N. 22/ 2009
STORIA DELLA MEDICINA
Omnis cellula e cellula
RUDOLF VIRCHOW
patologo e politico
"Dove nasce una cellula dev'esserci stata prima un'altra cellula, così come un animale non può provenire che da un altro animale e una pianta da una pianta. Tutti gli esseri viventi sono dominati da un'eterna legge di sviluppo continuo e all'origine di ogni tessuto evoluto non si può trovare altro che una cellula."
di Francesco Piscitello
Virchow nasce a Schivelbein, in Pomerania, il 13 ottobre 1821 da una famiglia assai modesta che tuttavia, date le qualità intellettuali manifestatesi in età ancora molto giovane, si assume il non lieve onere di avviarlo agli studi. L'università però è fuori dalla portata delle modeste risorse della famiglia: ma il Friedrich-Wilhelms Institut di Berlino fornisce gratuitamente la formazione medica ai giovani non abbienti in cambio di prestazioni nel servizio sanitario militare dopo la laurea.
È in quest'ambito che ha occasione di contatto con Johannes Müller, uno degli anatomici e biologi più importanti nella Germania ottocentesca(1) assai impegnato nel trarre la scienza tedesca dall'idealismo e dal carattere speculativo della Naturphilosophie.
Laureato nel 1843 con una tesi sulla patologia reumatica della cornea, ottiene il posto di medico interno dell'ospedale Charité di Berlino; nel 1847 è Privatdozent di patologia nell'Università della stessa Berlino; nel 1849 è ordinario di patologia all'Università di Würzburg per tornare nuovamente a Berlino, nel 1856, come cattedratico. Fonda con Benno Rinhardt la rivista Archiv für pathologische Anatomie und Physiologie und für klinische Medizin e, all'epoca delle attività rivoluzionarie, il settimanale Die medizinische Reform. L'opera più famosa, la Cellularpathologie, è del 1858.
All'opposto della movimentata vita pubblica, la vita privata trascorre quieta e senza scosse, fino alla morte - il 5 agosto 1902 a Berlino - a causa di una frattura di femore dopo una caduta nell'atto di salire sul tram. Con quella morte, si dirà, la Germania aveva perduto quattro importanti figli in una sola volta: un grande patologo, igienista, antropologo e politico liberale(2).
L'IGIENISTA, IL POLITICO, L'ANTROPOLOGO
Nel 1847-48 un'importante epidemia di tifo devasta l'Alta Slesia e il giovane professore viene inviato a investigarne le cause.
La sua relazione non è accolta con molto entusiasmo dalle autorità di Berlino poiché, accanto alle ovvie osservazioni di carattere igienico ed epidemiologico, affronta coraggiosamente la relazione dell'epidemia con le condizioni di vita e sociali della popolazione: è la prima manifestazione di un impegno politico che lo porterà, sia pure per breve tempo, sulle barricate del '48, dove si dedica a coordinare l'attività dei medici rivoluzionari, dei quali il Die medizinische Reform è il portavoce. Le pubblicazioni del settimanale cessano dopo il fallimento dei moti popolari nel 1849 e anche per lo stesso Virchow il soggiorno a Berlino non sembra consigliabile: l'aria di Würzburg, dove ottiene la cattedra di patologia, è assai più respirabile e nella quieta cittadina trascorre sette anni di intensa attività di studio, ricerca e didattica.
Tornato a Berlino alterna l'attività universitaria con quella politica. Nel 1859 è eletto nel consiglio comunale della città, dedicandosi con grande energia ed efficacia alla riorganizzazione dei servizi igienico-sanitari. Cofondatore del partito progressista liberale, è deputato al parlamento dove l'iniziativa politica comincia ad estendersi al di là delle questioni sanitarie: è fiero oppositore della politica di riarmo e di unificazione della Germania perseguita da Bismarck (che sfida anche a duello(3), ma su questo versante il successo è piuttosto scarso e, specialmente dopo la sconfitta nella guerra franco-prussiana del '71, il partito si riduce ad un'assai flebile voce d'opposizione.
Le sue molteplici inquietudini lo conducono, oltre che verso l'antropologia come vedremo, anche a sfiorare l'archeologia: partecipa a lavori di scavo con Schliemann a Hissarlik (1879) alla ricerca dei resti di Troia e accompagna lo stesso Schliemann in Egitto, continuando l'attività sul campo anche dopo la morte del grande archeologo.
Gli spazi aperti dal pensiero positivista del secolo XIX, con la sua spinta a classificare e misurare, all'antropometria e all'antropologia fisica attraggono lo stesso Virchow che vi si dedica con passione. Fin dal 1850 si era vivamente interessato alla forma ed ai rapporti metrici del cranio, al suo sviluppo, alla sua patologia e, nei decenni che seguono, istituisce rilievi di massa delle caratteristiche fisiche negli studenti tedeschi che trovano, nel 1877, la puntuale sistematizzazione in una documentata monografia(4).
IL MEDICO
Elencare gli argomenti sui quali Rudolf Virchow ha detto una parola significativa sarebbe lunghissimo: ma su alcuni temi le sue osservazioni costituiscono un caposaldo anche per le moderne conoscenze. Che nella maggior parte dei casi di tromboflebite sia il coagulo di sangue all'interno del vaso venoso, il "trombo" per usare il termine da lui stesso coniato, l'evento primitivo e l'infiammazione della parete venosa la risposta secondaria del vaso e non viceversa o che gli emboli (un altro temine di suo conio) che si ritrovano spesso nei polmoni durante le autopsie non sono di formazione locale ma trasportati in quella sede dal luogo della loro formazione da parte del circolo sanguigno, sono concetti da lui elaborati fin dagli anni del primo periodo berlinese. Ancora a lui si deve la scoperta che le cellule contenute nel pus altro non sono che le cellule bianche del sangue, alla cui elevata concentrazione durante le infiammazioni dà il nome, ancora impiegato, di "leucocitosi" e quella, che condivide con J. H. Bennet, di un'abnorme proliferazione di leucociti, al di fuori della presenza di infiammazione, che costituisce una malattia a sé stante alla quale dà il nome di "leucemia".
Per uno studioso il cui strumento fondamentale è il microscopio, la patologia tumorale è un campo di indagine obbligatorio. Le sue ipotesi patogenetiche, ovviamente erronee come non potevano non essere stanti le conoscenze del tempo, prevedono un non meglio precisato inquinamento del sangue da parte di sostanze prodotte da organi primitivamente malati(5): riconosce correttamente però che le cellule tumorali corrispondono, sia pure in forma alterata, a quelle proprie dei tessuti dell'organismo anche quando, come nel caso delle metastasi, si sviluppano in sedi del tutto differenti.
Pur essendo, all'epoca, ormai comune il consenso sul fatto che la cellula è il costituente costruttivo fondamentale di ogni organismo animale o vegetale, si ipotizzava da parte di alcuni che nelle fasi embrionali o in certe circostanze patologiche potesse esistere una sostanza amorfa, da Schwann chiamata "blastema", dalla quale potevano formarsi nuove cellule. Virchow, che inizialmente aderisce alla teoria del blastema, se ne allontana definitivamente dal 1854, avversandola con determinazione e affermando che non c'è vita al di fuori della derivazione diretta di una cellula da un'altra: "omnis cellula e cellula".
IL POSTO DI VIRCHOW NELLA MEDICINA
Con Rudolf Virchow l'idea della malattia come un'alterazione dell'equilibrio degli umori corporei che, sia pure con infiniti rimaneggiamenti, aveva dominato il pensiero medico per più di due millenni, cede il posto alla concezione della cellula come sede delle alterazioni che conducono alle manifestazioni morbose. In realtà la teoria umorale, più che scomparire, si integra nella nuova visione della patologia: l'alterazione degli umori, che noi chiameremmo alterazione metabolica, si sposta dall'intero corpo - nella sua globalità ma anche nella sua genericità - all'interno della cellula determinandovi un malfunzionamento le cui conseguenze costituiscono la malattia.
Se questo è il contributo virchowiano al pensiero medico-scientifico, non può essere passata sotto silenzio la sua concezione politica della medicina, pervasa dal sentimento solidaristico e rivoluzionario del suo impetuoso temperamento che gli fa affermare - è sempre Bynum(6) a riferirne - che "il medico è l'avvocato naturale dei poveri" e che "la medicina è una scienza sociale e la politica non è altro che medicina su più larga scala".
VIRCHOW E IL RAZZISMO
All'epoca in cui Virchow si andava occupando di antropologia fisica cominciava a delinearsi, nel mondo germanico, quel mito della stirpe ariana che avrebbe conosciuto il massimo fulgore nel periodo hitleriano, con le tragiche conse-guenze che si conoscono. In Virchow si è voluto vedere uno dei più autorevoli antesignani di quel mito ma in realtà, come fa sapere Bynum(*) il patologo aveva in vece dimostrato che la forma del cranio non aveva caratteristiche tipiche della "razza" tedesca o ariana e lo stesso colore biondo dei capelli e azzurro degli occhi erano distribuiti, sia pure con qualche differenza ma non tale da autorizzare alcuna tipizzazione significativa, in tutti i gruppi studiati, ebrei compresi.
(*)W. F. Bynum: op. cit
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