Anno 6 - N. 16/ 2007


OGGI COME IERI

Antiche scaramanzie pozioni magiche e pratiche dietetiche per la fecondità e la buona nascita

Fino dall’epoca romana c’è un fiorire di consigli medici per evitare la sterilità, i suggerimenti, fantasiosi e tremendi contemporaneamente, hanno significati che si perdono nella notte dei tempi: pozioni magiche e pratiche dietetiche per la fecondità e la buona nascita.

di Ambra Morelli




Oggi la definiremmo eugenetica, cioè la capacità di migliorare la razza umana selezionandone le qualità al momento del concepimento, ma il desiderio di incidere sulle scelte del destino o, diremmo oggi, l’ereditarietà genetica, è di tutti i tempi. Attualmente la medicina studia e ricerca questa possibilità scientificamente, in tempi remoti ci si fidava di convinzioni empiriche, ci si basava su pratiche di carattere simbolico, su usanze scaramantiche e sulla superstizione. La nascita di un figlio ha da sempre allietato e completato una famiglia. In tempi remoti tutto ciò era molto sentito soprattutto quando una famiglia era valutata per la sua capacità di generare prole e, naturalmente, avvertito in misura maggiore dalla donna, dalla moglie. Questa era la necessità primordiale, poi il desiderio di incidere sulle caratteristiche, sulle qualità e sul sesso del nascituro, ma anche la speranza di una buona gravidanza e di un parto che non conducesse, come frequentemente accadeva, alla morte della madre, fece prosperare ciò che ne consegue: antiche tradizioni, superstizioni ma anche suggerimenti della medicina d’epoca in cui la dietetica o meglio, il valore simbolico del cibo, aveva grossa parte. Che il cibo abbia una funzione biologica si sa. Da sempre gli si riconosce anche un valore come medicamento: diverse qualità di cibo possono interferire sullo stato di salute, sulla malattia. Non da ultimo, gli alimenti hanno un intrinseco valore allegorico soprattutto legato a pratiche magiche o credenze popolari divenendo quasi una sorte di medicina parallela.
“Un matrimonio riuscito doveva essere ricco di figli, una buona moglie doveva essere madre: ogni altra possibilità era considerata anormale…” e motivo di ripudio, quindi il bisogno di avere una discendenza era forte. Si preferiva una discendenza maschile, perché le femmine godevano di poca considerazione. Si aggiunga poi la “pericolosità del parto”, il dolore intrinseco dell’evento naturale, in un periodo in cui i rimedi della medicina erano poco efficaci, per veder fiorire usanze strane e curiose allo scopo di accattivarsi la buona sorte.
Le pratiche per favorire la fecondità si enumerano fino dall’epoca romana: il prosperare di consigli medici per evitare la sterilità, i suggerimenti, fantasiosi e tremendi contemporaneamente, hanno significati interiori che si perdono nella notte dei tempi e il passato è carico di questi esempi. Se una bevanda a base di succo di ombrellifera tordilio ha il sapore di una magia da favola antica altri, composti da bava di pecora mescolata al vino Falerno o addirittura formulati con urina di elefante, appaiono ai nostri tempi, orrendi e decisamente poco affascinanti ma, temo, potessero sortire lo stesso effetto anche nell’antichità.

Probabilmente era più semplice e rassicurante credere, come accadeva in periodo medioevale, nelle proprietà magiche offerte da fonti miracolose presso cui soffermarsi o immergersi, oppure pensare che fare bagni con erbe aromatiche propiziasse la fecondità. Alcune pozioni magiche servivano per amplificare la fecondità della donna ma ne esistevano altre, di pronto intervento, da consumarsi prima dell’amplesso, nonché una serie di consigli dietetici per far sì che il cibo consumato dalla madre e dal padre potesse avere effetto sul concepimento. Così, per esempio, veniva sconsigliato troppo cibo o l’assunzione di vino prima dell’atto del concepimento come era pessima cosa anche assumerne troppo dopo.


I suggerimenti dietetici non si fermano solo alla capacità di mettere al mondo un bambino ma anche alla possibilità di incidere sulla scelta del sesso o alla capacità di dar vita a figli di “bell’aspetto e di buon ingegno”. Della facoltà degli alimenti di incidere sulle qualità del bambino, riporto alcuni esempi: per generare figlioli di grande intelletto si consigliava pane bianco fatto del fiore della farina, mentre “… il grano rossiccio farà uomini di molte forze. Se si vogliono figli di grande memoria si devono mangiare trote, salmoni, lamprede, anguille”. Ma per avere un figlio “leggiadro, savio e di buoni costumi, si mangi, sei o sette giorni prima del concepimento, molto latte di capra, è bene invece aggiungervi delle mele se si desidera un figliolo di buona memoria e immaginativa” mentre erano considerati utili rispettivamente per la memoria e per la vista del nascituro, cotognata e uva passa oppure, volendo un figlio dai capelli biondi o neri si consigliava bere vino bianco o rosso per tutto il periodo della gravidanza.
Anche il tempo della maternità era ricco azioni legate alla necessità di risolvere, con vari accorgimenti, i disturbi tipici del periodo come la nausea. Soprattutto però erano tesi ad annullare l’effetto negativo delle cosiddette “voglie” poiché le credenze popolari le collegavano al concretizzarsi di anomalie sul bambino quali le macchie sulla pelle ma anche il labbro leporino e malformazioni diverse. Accusati di queste deformità erano i forti desideri della madre verso un particolare cibo, esigenze che andavano soddisfatte onde evitare il verificarsi sul neonato di segni deturpanti. Sono queste credenze di epoca medioevale che ancora oggi, stupefacentemente, resistono, non fosse altro perché resiste l’idea scaramantica di fondo. Oppure la convinzione che il primo boccone della madre incinta, andasse al bambino e che pertanto la madre avesse bisogno di mangiare per due perché si pensava che il bambino, nel ventre della madre, mangiasse e bevesse come la madre stessa, avesse quindi il medesimo processo digestivo.

Non era meno importante e ricco di provvedimenti il momento del parto, visto come ulteriore passaggio critico verso l’esito finale del concepimento. Era questa un’occasione che richiedeva riti propiziatori da praticare con talismani, pozioni, magie, bevande e preghiere. Ad esempio, era consigliato portare una gemma alla mano destra o tenere del corallo al collo. Si poteva avere un simile effetto bevendo liquidi contenenti raschiatura d’avorio o a base di sterco di avvoltoio! Il lieto evento veniva sottolineato, soprattutto nei ceti nobili, da doni, elargiti particolarmente se il neonato era maschio, nonché da pasti corroboranti. Per ridare vigore alla mamma provata che, secondo l’usanza dell’epoca doveva rimanere a letto per diversi giorni, venivano offerti come primo pasto dopo la nascita brodi e zuppe ricostituenti fatti di brodo di gallina, carne condita con spezie e zafferano come specifica prescrizione dietetica, e venivano regalati alla neo-mamma anche dolci benaugurali a forma di luna, stella o diamante. Tra i vari alimenti rinvigorenti, anche minestre sostanziose a base di latte come precisi ingredienti adeguati al periodo puerperale e l’uovo come alimento ricco di sostanze nutritive ma anche pieno di significati simbolici, ieri come oggi, legati alla rappresentazione della vita stessa.