Nei cieli delle avanguardie

Una mostra per ricordare i legami tra futurismo e aviazione. Marinetti, inventore degli umanoidi, il “movimento”, fulcro del divenire che si contamina mentre accade, ed i “manifesti” rivivono a Palazzo Aeronautica





  "L'esposizione a Palazzo Aeronautica, che rientra nelle celebrazioni del centenario del Futurismo, conferma i collegamenti tra il movimento di Marinetti e l'allora nascente Aeronautica Militare", ha affermato il Generale Tei

Immagine a lato:

Giacomo Balla. celeste metallico aeroplano, (balbo e trasvolatori italiani) 1931






di  Rodolfo Lorenzini


A Roma, dal 23 Novembre al 6 Dicembre nella Sala Madonna di Loreto e nella Sala degli Eroi di Palazzo Aeronautica, è stata realizzata la mostra, in collaborazione con la Facoltà di Architettura di Valle Giulia, che rientra nell'ambito delle celebrazioni legate al centenario del futurismo e comprende opere di aeropittura, documenti d'epoca, video e abiti ispirati al 'movimento'. Sono stati anche esposti 13 quadri futuristi provenienti dalla collezione Ventura. Gli abiti esposti accanto alle opere d'arte sono stati realizzati in carta dagli studenti dell'Accademia di Costume e di Moda di Roma.
"L'esposizione a Palazzo Aeronautica, che rientra nelle celebrazioni del centenario del Futurismo, conferma i collegamenti tra il movimento di Marinetti e l'allora nascente Aeronautica Militare", ha affermato il Generale Tei. "Il volo divenne motivo ispiratore in ognuno degli ambiti espressivi nei quali il Futurismo avrebbe fatto scorrere la sua vis creativa. Durante i giorni dell'esposizione anche la grande opportunità di poter ammirare uno dei dipinti di Giacomo Balla, dal titolo “Celeste Metallico Aeroplano”, realizzato nel 1931 e custodito nello Scalone d'Onore di Palazzo Aeronautica.
Nel 1931 fu inaugurato a Roma il monumentale Palazzo dell'Aeronautica, progettato dall'ing. Roberto Marino, che dà conto dell'immagine forte voluta per l'Italia da Italo Balbo, Asso dell'aviazione, Maresciallo dell'Aria e Primo Ministro dal 1926 al 1933, e che commissionò l'imponente struttura. Realizzato in soli due anni, il Palazzo era dotato di attrezzature assolutamente di avanguardia per l'epoca (posta pneumatica, ascensore “Paternoster”, aeromensa per 1.500 persone, impianto di aria calda e fredda) e contempera un sobrio funzionalismo con la rilettura “mediterranea” del linguaggio del classicismo. Dipinti ed apparati decorativi, concentrati negli ambienti di rappresentanza, raffigurano il tema del volo, del viaggio, del cielo, del mondo finalmente visto dall'alto, sotto forma di grandi atlanti, mappe, vedute di città esotiche, per le quali ci si servì di certo della nascente fotografia aerea. Italo Balbo (che all’epoca a 33 anni era il più giovane ministro d’Europa) scelse Roberto Marino, che ne aveva 29, per essere sicuro che il suo progetto fosse realmente innovativo.
Erano, quelli, i tempi d’oro dell’aviazione, che proprio allora viveva il suo più pieno sviluppo in tutto il mondo, e specialmente in Italia: dal marzo del ‘23, infatti, con il supporto del governo, l’aviazione militare si era costituita in forza armata, e il periodo compreso fra la seconda metà degli anni Venti e gli anni Trenta fu un susseguirsi di grandi e spettacolari raid e trasvolate aeree, che catturavano inevitabilmente l’attenzione dei mass-media imponendo agli occhi del grande pubblico le macchine volanti e i loro temerari piloti. Nel 1925 Francesco de Pinedo vola per 370 ore dall’Europa all’Asia, passando attraverso l’Australia, e due anni dopo compie una crociera aerea di 46.700 chilometri. Tra il maggio e il giugno del ’28, per iniziativa del Ministro Italo Balbo, viene compiuta la prima navigazione aerea di gruppo nel Mediterraneo occidentale, con una aerobrigata e due stormi, lungo il tragitto Italia-Spagna-Italia, inaugurando così il moderno metodo di addestramento fondato sull’azione collettiva. L’anno successivo si svolge una crociera mediterranea che tocca le città più significative del Mediterraneo orientale. Nel gennaio 1931, attirando l’at¬tenzione dell’opinione pubblica internazionale, un gruppo di quattordici idrovolanti comandati sempre da Balbo porta a compimento la prima crociera atlantica seguendo il percorso Orbetello -Rio de Janeiro. Ma il culmine viene raggiunto con la crociera aerea del decennale (orga¬nizzata per celebrare i primi dieci anni di vita dell’Arma), allorquando otto squadriglie di ventiquattro S.55X decollati da Orbetello rag¬giungono Chicago e New York. Era la migliore dimostrazione della capacità di compiere grandi imprese aviatorie “di massa”, dopo che singoli piloti erano riusciti a conquistare i primati mondiali di velocità, di durata, di distanza e di altezza.

Al rientro in patria dei trasvolatori, Filippo Tommaso Marinetti così commentava l’avvenimento alla radio: «Ecco la musica del cielo con tubi d’orgoglio flautati, trapani ron¬zanti da scavatori di nebbie, vocalizzi di gas entusiasti; martelli sempre più ebbri di rapidità e radiose eliche applaudenti. Ronza, brilla e ride fra gli scintillii turchini dell’orizzonte l’ampia musica di Balbo e degli Atlantici […] Rombo, rombo, rombo dei motori che passano a pochi metri dalla mia testa…».

Il volo ha un ruolo fondamentale anche nella formulazione dei due principali manifesti marinettiani: nel Manifesto del Futurismo (1909), nell’elenco degli oggetti e delle situazioni che i futuristi si propongono di prendere a ispirazione della loro arte è indicato espressamente «il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta»; il Mani¬festo tecnico della letteratura futurista (1912) - che contiene le norme per costruire la nuova forma del periodo letterario - viene invece detto ispirato direttamente dall’elica dell’aeroplano, simboleggiante la nuova civiltà meccanica che uccide l’io letterario e la psicologia.

Nel 1912 Filippo Tommaso Marinetti, pubblicò L’aeroplano del Papa, un romanzo nel quale immaginava di rapire il sommo pontefice dopo un avventuroso volo in aereo fin sopra il Vaticano: fuor di metafora, era la religione tradizionale scacciata dalla nuova religione-morale della Velocità, avente come divinità automobili e ae¬roplani, come santi De Pinedo, Nobile e De Bernardi, e in grado di “moltiplicare” l’uomo conguagliandolo così alla macchina.

Nel 1929, poi, lo stesso Marinetti dava alle stampe, in collaborazione con l’aviatore Fedele Azari, il Primo dizionario aereo italiano, che costituisce la prima raccolta sistematica al mondo della terminologia aviatoria, allora entrata nell’uso come linguaggio tecnico dei piloti e degli appassionati sportivi, ma ancora trascurata dai dizionari tradizionali. Il metodo di Marinetti si basava sulla italianità assoluta di tutti i vo¬caboli, sulla precisione tecnica, sulla chiarezza (anche per quanto riguardava l’etimologia e il significato letterale), e sulla “vitalità” della parola, che doveva avere una rispondenza precisa al gergo dei piloti. Lo scopo dichiarato era quello di «verbalizzare la già esistente sen¬sibilità aviatoria», e fornire al tempo stesso uno strumento esegetico per una migliore comprensione della nuova poesia aerea.

Le innovative forme artistiche ricercate dai futuristi si incontravano in effetti ottimamente con i nuovi mezzi di trasporto del secolo XX, e specialmente con l’ae¬roplano, che in quanto a tecnologia e “modernità” poteva a buon diritto considerarsi come l’emblema del passaggio di secolo. L’esperienza della navigazione del cielo avrebbe successivamente portato i futuristi alla visione – questa volta soltanto immaginaria – del cosmo. Ed è proprio dalla esperienza aviatoria personale di alcuni dei più significativi pittori futuristi (più o meno accentuata, più o meno continuativa a seconda dei singoli artisti) che prende corpo un nuovo orientamento pittorico, mirato a rappresentare la mutevolezza e la plasticità della realtà quale essa si manifesta durante il volo acrobatico: nello slancio nell’aria, infatti, i paesaggi e le cose sottostanti apparivano trasfigurati dall’eb¬brezza del volo, addirittura soggetti a una diversa interpretazione.


Domenico Belli. il trasvolatore, 1934




Si trattava dunque di rappresentare tale esperienza (ancora poco frequentata, a quei tempi) in una complessa sintesi cromatica, espli¬citando in un campo sensoriale ancora inesplorato quel «dinamismo universale» teorizzato nel Manifesto tecnico della pittura futurista del 1910, e che ora veniva chiaramente riconosciuto e riscoperto nel con¬tinuo formarsi e riplasmarsi della materia.

Sembra che il primo quadro di aeropittura reso pubblico sia quello esposto alla Biennale di Venezia del ‘26 da Azari. Negli stessi anni, risultavano particolarmente impe¬gnati Dottori, con gli affreschi nell’aeroporto del Littorio, e il bolognese Tato (all’anagrafe Guglielmo Sansoni), il quale otteneva da Balbo la commissione di una Madonna dell’Aria, si classificava primo alla Biennale del ‘30 con Aeroplani, e veniva chiamato con Dottori a ce¬lebrare le imprese dei trasvolatori nelle decorazioni dell’aeroscalo di Ostia. La prima mostra di aeropittura, che si proponeva di presentare organicamente una cinquantina di opere di undici artisti, venne organizzata nella Camerata degli artisti in Piazza di Spagna a Roma. Ad essa fece seguito la pubblicazione, sul Giornale della Domenica dell’1-2 febbraio 1931, del Manifesto dell’Aeropittura, con il quale si intendeva dare una sistemazione teorica allo sperimentalismo dei “nuovi” pittori.

E veramente le opere degli aeropittori riproducono quella realtà inte¬riorizzata dalla vertigine del volo: laghi e terreno confusi in un’unica visione, un’ala o un’elica che s’insinua da un angolo della tela, uno sguardo ironico e compiaciuto alla mediocrità quotidiana considerata dal proprio posto di pilotaggio, che diviene così il centro di gravità del mondo. Una siffatta rivoluzione artistica (tale almeno nelle intenzioni) derivava dunque dalla commistione di concrete ed entusiasmanti esperienze di volo, e di un supporto teorico pazientemente costruito nel corso del tempo, e volto a glorificare la neonata aviazione militare assai più di quanto non facessero «le tradizionali aquile dipinte» al¬l’interno degli aeroporti, simbolo di una retorica oramai obsoleta, che si voleva superata.

In quello stesso periodo si sviluppò l’“aeropoesia”: nel 1931 venne pubblicato il Manifesto dell’aeropoesia, e quattro anni dopo l’Aero¬poema del Golfo della Spezia. Secondo la poetica futurista, tutte le sensazioni visive, uditive e tattili dovevano venire rappresentate con una simultaneità tale da riprodurre le caratteristiche della velocità dell’aeroplano: le parole in libertà, senza punteggiatura e con un forte contrasto di tempi e verbi dovevano rispecchiare la simultaneità degli stati d’animo più diversi; all’uso del verbo all’infinito - già proprio della produzione marinettiana - si aggiunge l’esigenza di utilizzare anche altre for¬me per rappresentare «la varietà delle posizioni dell’aereo».