Speciale Fieracavalli 2008: Nasce la Via Francigena Equestre

Nel padiglione dedicato al Turismo scopriamo l’Ippovia dei cavalieri pellegrini





  Le attività relative al progetto “Via Francigena Equestre” saranno illustrate sabato pomeriggio presso lo stand della Regione Siciliana, durante l’incontro “Cavallo, Territorio, Cultura, Economia Sostenibile”. Per informazioni: Società Italiana del Cavallo e dell’Ambiente onlus 0761/415092 – 349/2207785






di  Rodolfo Lorenzini


La Società Italiana del Cavallo e dell’Ambiente onlus ha ricevuto dall’Assessorato all’Ambiente ed alla Cooperazione tra i Popoli della Regione Lazio l’incarico di elaborare e realizzare il percorso a cavallo da Acquapendente a Roma entro il 2009.
È questa la terza versione della Via Francigena nel Lazio. Una iniziativa che ha lo scopo di rivitalizzare fortemente il turismo rurale ed il patrimonio di valenze culturali e religiose dell’alto Lazio. Il tratto laziale della Francigena, quello tra Acquapendente e Roma, è infatti il primo tratto italiano che dovrebbe essere promosso su grande scala dai tour operators. Un progetto con notevoli investimenti (fonti ufficiali parlano di 843 milioni di Euro su tutto il territorio nazionale) e che ha lo scopo di intercettare la domanda di quella forma di turismo religioso che è costituita dal vero pellegrinaggio itinerante di più giorni e che oggi trova risposte valide solo nel Cammino di Santiago di Compostela. Un’antico modo di riscoprire se stessi ed il rapporto della propria spiritualità con l’ambiente che ci circonda e con il soprannaturale.
Il percorso a cavallo della grande via dei pellegrini, considerata oggi uno tra i più importanti percorsi culturali europei, sarà parte integrante del progetto Ippovia Italia.
Quale francigena per il Terzo millennio? Oggi con il termine Francigena si possono considerare quei percorsi e quelle viabilità che per circa dieci secoli sono stati la base degli spostamenti in direzione nord – sud con destinazione Roma di quei viaggiatori che dall’Europa nord occidentale avevano come meta la città eterna.
È sufficiente consultare i testi scientifici sulla Francigena per comprendere che più che di Francigena sarebbe oggi opportuno discutere di itinerari francigeni in senso lato, considerando che i percorsi e la viabilità nel corso dei vari secoli, oltre che risentire dei cambiamenti storici, politici ed economici, erano fortemente influenzati dalle stagioni, dal clima, dalla possibilità di essere ospitati e dalle motivazioni che inducevano il viaggiatore a mettersi in cammino.
Secondo gli storici più intransigenti il termine francigena è comunque appropriato solo ai flussi migratori, per lo più militari, del VI e dell’VIII secolo. Questo sarebbe anche supportato dal termine strata francigena in alcuni documenti dell’ottavo secolo.
Oggi, più in generale, il fenomeno Francigena è comunque fortemente connesso al significato che Roma assunse come fulcro della cristianità ed in particolare al fenomeno delle crociate e dei pellegrinaggi su grande scala a partire dalla istituzione del Giubileo nel 1300. Anche se, ci ricordano ancora gli storici, nei documenti dell’epoca, la viabilità per Roma assume nei documenti la terminologia di Strada Romana.





Questi grandi movimenti di uomini e pellegrini hanno comunque lasciato tracce indelebili sul territorio. Chiese, castelli, mansiones, spedali, conventi, che testimoniano ancora oggi una storia viva che continua.
Ma se nel corso d’uso la Francigena si è evoluta nei suoi specifici percorsi a seconda delle necessità contingenti, che senso ha oggi rimanere vincolati ad uno solo di quegli itinerari?
Questa considerazione non è di poco conto. Un gruppo di Comuni si è costituito da vari anni in un associazione denominata dei “Comuni della Via Francigena” prendendo come riferimento l’itinerario che Sigerico Vescovo di Canterbury ha compiuto attorno all’anno 1000 per raggiungere Roma e che ha descritto in un preciso diario. 1000 anni fa Sigerico percorse strade che poi già 100, 200, 300 anni dopo sono state abbandonate e sostituite da una viabilità più consona alle necessità dei contemporanei.
Rimanere oggi filologicamente vincolati a quell’itinerario per scopi diversi da quelli storiografici è molto limitante. Perché la base del percorso francigeno non era un infrastruttura costituita ad hoc, ma erano già a quei tempi le vestigia della viabilità in parte Romana ed in parte longobarda. Con una novità. Che il percorso di avvicinamento sfruttava tutte le viabilità possibili in funzione dei punti sosta e di ricovero per il viaggio. A questo proposito occorre ricordare l’innumerevole dedalo di connessioni trasversali tra la Cassia e l’Aurelia che consentivano di spostarsi trasversalmente sul percorso; e la non poca importanza delle connessioni con la viabilità marittima utilizzata soprattutto dalla Francia ed in particolare modo dai percorsi dei Cavalieri Templari.
Da qui che discutere quale Francigena sia quella giusta per il 3° millennio non è irrilevante o secondario.




La Francigena, o meglio, gli itinerari Francigeni sono stati riconosciuti come il secondo percorso culturale Europeo. Ed il termine Francigena sta diventando un marchio di richiamo internazionale che significa pellegrinaggi, spiritualità, turismo verde.
La Francigena moderna dovrà quindi essere concepita come un infrastruttura a supporto dello sviluppo di economie legate al turismo sostenibile. Proprio perché il target del prodotto “turismo sostenibile” significa turismo attivo, culturale, verde non possiamo pensare che siano utilizzabili quei percorsi, che pur descritti 1000 anni fa, in dieci secoli hanno avuto uno sviluppo che ne ha determinato la quasi totale cementificazione ed asfaltatura.
Il pellegrino moderno è chi vuole veramente mettersi in cammino, ma anche mettersi in gioco alla scoperta e al ritrovamento di se stesso e di un rapporto con la sua spiritualità e con la natura. Al pellegrino del 3° millennio non si possono offrire “remake” di ciò che era il pellegrinare di 10 secoli fa. Il pellegrino moderno vuole, più che mai, compiere il suo viaggio, vuole raggiungere la meta, ma non vuole essere ingabbiato in schematismi logistici ridicoli ed assurdi. Vuol aprire le sue strade, vuole trovare il suo percorso. E non può far altro che cercarlo nel verde del paesaggio a contatto con la natura; un verde che, nella follia del terzo millennio, è paradossalmente sempre più chiuso, difficile, inospitale e dove non c’è spazio per il prossimo. Ma questi pellegrini saranno quindi anche coloro grazie ai quali le nuove/ vecchie strade si apriranno. Nuovi percorsi Francigeni, quelli più dimenticati, saranno riscoperti, riaperti e riutilizzati.
In questo senso la Via Francigena Equestre offrirà la possibilità, a chi vuole ritrovare lo spirito del pellegrinaggio come scoperta, di ritrovare quelle emozioni, antiche e transtemporali, sulla Francigena de III° millennio, che sopravvive e ritrova il suono millenario prodotto dagli zoccoli del cavallo.
Questa è la vera sfida. Chi sarà in grado di raccoglierla vivrà veramente nello spirito dei pellegrini Francigeni; anche per la sopravvivenza reale e la continuità della Francigena, la via che si rinnova.