Anno 3 - N. 7 / 2004


STORIA DELLA MEDICINA

GLI ETRUSCHI E L’ARTE SANITARIA

Odontoiatri del mondo antico. “L’Etruria è ricca di farmaci e la stirpe etrusca è assai esperta nella medicina”.

di Francesco Piscitello



SOPRA: l'apparecchio riprodotto rende stabile i quattro denti centrali oscillanti mediante una fissazione a ponte, gli anelli vuoti avvolgono due denti fissi che servono da pilatro (Roma, Museo Etrusco di Villa Giulia).

SOTTO: due denti incisivi, ricavati da denti bovini che sono inchiodati su lamina d'oro che li fissa tramite un ponte (Parigi, Museo d'Ecole Dentarie).


Esperti nella manifattura di utensili di bronzo, di ferro, di ceramica, artisti insigni, abili navigatori, commercianti intraprendenti, gli etruschi godettero grande fama, nel mondo antico, anche nel campo delle arti sanitarie: afferma Teofrasto di Ereso (372-287 a.C.), avvalendosi della testimonianza di Eschilo, che “l’Etruria è ricca di farmaci e la stirpe etrusca è assai esperta nella medicina” (1).

L’IDROLOGIA
La Tuscia, una regione che si estende fra la Toscana meridionale e l’alto Lazio, dispone di un ricco patrimonio idrico di cui gli abitanti furono accorti utilizzatori. Il collegio degli “aquilegi” aveva il compito di sorvegliare le fonti e identificare nuove sorgenti, e molte delle terme ancor oggi frequentate erano note sin d’allora: basti per tutte ricordare quelle di Montecatini o di Chianciano, le Fontes Clusii di Orazio.
Oltre che alla loro sorgente, le acque termali e medicamentose erano utilizzate in grandi vasche dove venivano condotte con sofisticate opere di canalizzazione. Queste vasche erano scavate all’aperto e protette da tettoie lignee rivestite con tegole di terracotta: i grandi edifici termali, esempi illustri dell’edilizia dell’antica Roma, erano però di là da venire e la stessa famosa “Piscina” di Volterra dal pavimento di siginum - una sorta di durissimo calcestruzzo - faceva parte di una complessa costruzione edificata dai romani.
Sicuramente gli etruschi erano grandi frequentatori di queste terme, come provano gli innumerevoli reperti di scavo in prossimità delle località più note: oggetti il cui carattere votivo testimonia un certo successo della crenoterapia.
L’indicazione clinica delle diverse fonti termali, in gran parte ancora attuale, ci è nota dalla letteratura medica romana.
Alle già citate Fontes Clusii - site nell’attuale località di Mezzomiglio, presso Chianciano, che si trovava nel distretto amministrativo di Clusium, Chiusi - si recava Orazio su consiglio di Antonio Musa, medico dell’imperatore Augusto. Queste fonti, secondo quanto riferisce Sterpellone(2) erano già note per la loro efficacia contro la gotta e le Aquae Albulae giovavano nelle affezioni cutanee e nei catarri cronici. Celso(3) raccomandava l’Aqua Egeria - presso la cui fonte, secondo quanto riferisce Tito Livio, Numa Pompilio incontrava la sua ispiratrice, la ninfa Egeria - per la patologia dello stomaco, mentre Scribonio Largo(4), il medico di Tiberio, asserisce che il pretore Milone Gracco, curatosi alle Aquae Pisanae (oggi Bagni di S. Giuliano, presso Lucca) abbia emesso ben cinquanta calcoli urinari.


LA FARMACOLOGIA E LA CHIRURGIA
Così come per la terapia termale, la letteratura classica è generosa di informazioni sulla farmacologia etrusca, in gran parte fondata sull’impiego di piante dalle proprietà medicamentose. Ma oltre che da questa ricca fonte di notizie, altre si ricavano dalle abbondanti raffigurazioni reperibili nei reperti archeologici, specialmente funerari.
Apprendiamo così l’uso del ricino a scopo purgativo; del mirto per le sue virtù astringenti, utilizzato nelle enteriti e nelle diarree in genere; della scammonea nel trattamento dell’ittero, del quale i medici dell’epoca non erano certo in grado di distinguere le varie forme; dell’aglio, della cipolla e, soprattutto, della felce maschio e della sua radice nel trattamento delle parassitosi intestinali, della camomilla come sedativo.
Le preparazioni farmacologiche erano assai varie: i vegetali impiegati in terapia potevano venire prescritti in forma di decotti, tisane, suffumigi, oltre che di unguenti e cataplasmi, non di rado in formulazione segreta.
Contro l’anemia era nota l’efficacia terapeutica del ferro, che veniva somministrato in forma di limatura, in modo da facilitarne la trasformazione in sali ferrosi ad opera del succo gastrico: non è noto invece se abbia un’origine etrusca - ma non è improbabile, come evoluzione della pratica appena descritta - il “Marte pomato” impiegato dai Romani. Questo rimedio consisteva nell’infiggere numerosi chiodi in una mela che, dopo alcuni giorni, veniva mangiata dal paziente: nella polpa, ricca di acido malico, si formavano sali di ferro che venivano assorbiti mangiando il frutto.
Fra i tanti oggetti reperiti negli scavi, è singolare la scarsità degli strumenti destinati alla chirurgia: si tratta di pinze, cauteri, sonde, specilli, coltelli, complessivamente non molto dissimili da quelli impiegati a Roma: non è improbabile che alcuni di questi provenissero dalla Grecia, con la quale gli etruschi ebbero un intenso scambio commerciale. Nonostante la scarsità delle prove documentali, è comunque assai probabile che la chirurgia, soprattutto destinata alla traumatologia - immobilizzazione di fratture, sutura di ferite, riduzione di lussazioni, trattamento delle emorragie - fosse largamente praticata: lo lascia desumere il grande sviluppo di una pratica affine, l’odontoiatria, per la quale gli etruschi furono apprezzati in tutto il mondo antico. Questa pratica raggiunse infatti, sulle sponde del Tirreno, un livello di eccellenza davvero stupefacente - tanto sul piano dell’ortodonzia, che doveva essere ben conosciuta, che su quello tecnico ed estetico - livello uguagliato e superato solo in epoche a noi molto vicine: nella realizzazione di protesi a ponte, ad esempio, gli etruschi anticiparono di molti secoli l’odontoiatria nordamericana del secolo XIX alla quale veniva attribuita, fino a non molto tempo fa, la priorità dell’invenzione(5).
Il ponte era realizzato in oro puro, facilmente lavorabile: due anelli, all’estremità dell’apparecchio, venivano assicurati a due denti sani ed uno o più anelli intermedi, perfettamente saldati ai primi, reggevano i denti sostitutivi di quelli mancanti.
Le corone dentarie protesiche erano costituite da materiali diversi: denti naturali dello stesso soggetto o di altri (quasi certamente non di cadavere, atteso il grande rispetto nutrito da questo popolo per i defunti), denti di animali, il più delle volte bovini, ma anche terracotta, legno, pietra, conchiglia.
Oltre ai ponti, il dentista etrusco era in grado di eseguire incapsulazioni: nel Museo Etrusco di Firenze e nell’Istituto di Storia della Medicina dell’Università di Roma si conservano denti umani accuratamente scavati, destinati a ricoprire denti aggrediti dalla carie, previamente limati e trattati.

L’IGIENE
Contro la malaria, almeno fino al 1820 quando Pelletier e Caventou isolarono il chinino, non esisteva alcun rimedio: ma l’Etruria era terra malarica, ed i suoi abitanti - specialmente nelle vaste aree maremmane costiere - ne erano vittime frequenti.
Per il trattamento dei sintomi di questa malattia venivano impiegati rimedi di assai dubbia utilità: il vino, il cavolo (passato anche alla fitoterapia romana: Catone lo riteneva una panacea adatta a guarire infinite malattie), infusi e decotti di piante diverse, inalazioni di vapori a base di ginepro, di rosmarino ed altre erbe aromatiche. Anche i grandi fuochi accesi in campagna per purificare l’aria o gli indumenti di lana non dovevano apportare particolari vantaggi.
Assai più efficaci erano invece i grandi interventi di carattere igienico: prosciugamento di terreni paludosi e canali per il drenaggio delle acque, opere nelle quali questo popolo eccelse. La grande perizia dei suoi architetti nella realizzazione di strutture edilizie a carattere idraulico li rese preziosi nella stessa Roma: la Cloaca Massima (receptaculum omnium purgamentorum urbis) voluta da Tarquinio Prisco, monarca romano di origine etrusca, fu in gran parte opera loro, così come lo fu la grande cisterna - messa in luce negli scavi del 1896 presso il Palatino - fornita di un ingegnoso quanto efficiente sistema di filtraggio per la potabilizzazione dell’acqua.

GLI ETRUSCHI E LA MEDICINA
L’aruspicina, ossia l’arte di trarre presagi dai visceri degli animali sacrificati, fu assai praticata nel mondo etrusco, con scuole bene organizzate e fornite di eccellente materiale didattico, come doveva essere, probabilmente, il famoso fegato di Piacenza. Tutto questo lascia presumere una buona conoscenza dell’anatomia, normale e patologica, almeno per ciò che concerne gli organi interni. Nonostante ciò, tuttavia, il mondo etrusco arrivò mai ad elaborare un’autonoma ed originale teoria anatomo-fisiologica volta a spiegare l’architettura complessiva ed il funzionamento della macchina umana, com’era invece avvenuto ed ancora stava avvenendo, ad esempio, in Grecia od in Egitto. Il medico etrusco fu fondamentalmente un pragmatico utilizzatore di strumenti derivanti dall’osservazione, molto spesso assai accurata: si pensi all’impiego delle virtù analgesiche ed antireumatiche di una pianta come il salice, dal quale la moderna farmacologia ha ricavato l’acido acetilsalicilico, cioè l’aspirina.
La stessa odontoiatria, che sappiamo essere stata di altissimo livello, è conseguenza dello sviluppo tecnologico - quello stesso che ha consentito la produzione di manufatti di alta qualità e di opere sofisticate di architettura e di ingegneria - e non di un razionale e convincente dottrinario medico.
La medicina etrusca si trasferì, direttamente e senza mediazioni, nella Roma dei primi secoli dove, quando invece che al paterfamilias si faceva ricorso ad un medico professionista, questi era quasi sempre un etrusco. Almeno fin quando la Grecia conquistata conquistò a sua volta Roma con la sua cultura ed il suo sapere.
E con la sua medicina.

ORIGINI DEL POPOLO ETRUSCO
La civiltà etrusca - che si estende dal IX al I secolo a.C., quando viene completamente assorbita in quella romana - comincia ad imporsi su quelle circostanti alla fine del periodo neolitico ed ancor più con la successiva era del bronzo e del ferro.
La nobiltà delle origini, secondo una concezione storica condivisa dal Pazzini (1), è sostenuta dalla tradizione secondo la quale la nazione e la storia degli etruschi avrebbe inizio con la stessa rivelazione divina: numerose città, anzi, hanno origine divina e carattere sacro, come ad esempio Chiusi dov’era assai frequente il patronimico Vecu, facente riferimento a Lasa Vecu, genio femminile collegato al fulmine ed all’agricoltura (2).
La complessa mitologia greca trova però posto, al proprio interno anche alle origini di questo popolo: Ellanico di Lesbo lo vuole discendente dai mitici Pelasgi ed Erodoto lo considera proveniente dalla Lidia, in Asia minore. Primo sostenitore con argomenti scientifici dell’origine autoctona degli etruschi - da allora universalmente accettata - è Dionigi d’Alicarnasso (3), uno storico del I secolo a.C., sulla base della loro originalità linguistica e culturale.

(1) A. Pazzini : STORIA DELL’ARTE SANITARIA
(Torino - Minerva Medica, 1973)
(2) A. Pazzini : ibid.
(3) Dionigi d’Alicarnasso: DE ORIGINE URBIS ROMAE ET ROMANARUM RERUM
ANTIQUITATE


IL BULICAME
“Quale del Bulicame esce ruscello
che parton poi tra lor le peccatrici
tal per la rena giù se n’giva quello” (1).

Il Bulicame (da bulicare, termine arcaico per “ribollire”) ricordato da Dante identifica ancor oggi la sorgente principale del bacino termo-minerale viterbese.
Vuole la leggenda che Ercole, trovandosi a passare per le campagne intorno all’attuale Viterbo, venisse sfidato dai Lucumoni etruschi a dare prova della sua forza. Egli allora conficcò al suolo una lunga asta di ferro che nessuno riuscì poi a svellere; solo lo stesso eroe, tornato in Etruria - che evidentemente doveva piacergli - la estrasse dal terreno, nel quale rimase un gigantesco cratere dal quale scaturì dell’acqua “bulicante”.

(1) Dante, INF., XIV, 79 – 81


LA FITOTERAPIA ETRUSCA (1)

L e principali piante medicinali etrusche e le loro proprietà o indicazioni (1)
Acanto
Alloro
Biancospino
Bosso
Calamo aromatico
Convolvolo
Corniolo
Edera
Larice
Melograno
Millefoglio
Nardo
Papavero
Pino
Pioppo
Quercia
Salice
Trifoglio


Acanthus spinosus
Laurus nobilis
Crategus oxycantha
Buxus sempervirens
Acarus calamus
Convolvulus sepium
Cornus mas
Hedera helix
Larix decidua
Punica granatum
Achillea millefolium
Valeriana officinalis
Papaver rhoeas
Pinus pinaster
Populus alba
Quercus robur
Salix alba
Menyanthes trifoliata


Antiemorragico, antidiarroico
Antiemorragico
Astringente
Analgesico, diaforetico
Diaforetico, emmenagogo, sedativo
Lassativo
Astringente antipiretico
Disinfettante, antiulceroso
Anticatarrale
Antielmintico
Antisettico, emostatico, cicatrizzante
Sedativo, ipnotico
Sedativo
Cicatrizzante
Antisettico, balsamico
Antisettico, astringente, antipiretico
Analgesico (dolori articolari)
Antireumatico, antipiretico


(1) L. Serpellone: DAGLI DEI AL DNA (Torino, Antonio Delfino ed. 1989)