Anno 2 - N. 5 / 2003
POESIA
Il caffè delle muse
di Francesco Piscitello
Giuseppe Pontiggia
Solleva la saracinesca, con questo numero, Il caffè delle Muse.
Come ogni caffè, anche questo è un luogo di chiacchiere: temi come l’arte, la musica, la poesia, la saggistica, la narrativa, il teatro vi troveranno cittadinanza in maniera familiare, informale, priva della struttura organizzativa e logica di un articolo con le sue premesse, il suo svolgimento, le sue conclusioni. Chiacchiere, appunto, dove il succedersi degli argomenti segue più il filo della libera associazione delle idee che quello di una coerenza espositiva: dialoghi del barista con qualche cliente, autore magari di uno degli articoli pubblicati in altra parte di EOS, che verrà così presentato al lettore.
Avrà successo, Il caffè delle Muse? Dovrà chiudere i battenti? Mah! Certo avrà delle difficoltà. Non sempre il bar sarà affollato di clienti, obbligando l’imbarazzato gestore a qualche vaniloquio solipsistico giusto per tenere aperto il locale.
Talvolta l’avventore cercherà di sconfinare dalle tematiche abituali costringendo il barista a ricondurvelo garbatamente. Altre volte, mettendone a dura prova le capacità diplomatiche, vorrà proporgli per la pubblicazione la poesia di sua nipote (così brava, così brava! Ascolti un po’: Il micino/birichino/fa le fusa al mio bambino... bella, eh?): dio ne scampi!
A proposito di poesia. Ha avuto luogo a Villasanta, nei giorni 9-10-11 maggio, una tre giorni poetica: La voce della Poesia, le voci dei Poeti. Organizzato dall’infaticabile assessore alla cultura del comune di Villasanta, Rosanna Lissoni, e presieduto in veste di chairman dal poeta e pittore Guido Antonelli, il convegno, focalizzato sulle esperienze oscillanti fra tradizione e ricerca di autori italiani viventi, era accompagnato da numerosi eventi satelliti: letture di testi poetici, manifestazioni musicali, performances creative di ragazzi. Gli atti del convegno verranno pubblicati da EOS.
Poeti per Milano: una città in versi è il titolo di un volume curato da Angelo Gaccione, scrittore, poeta, cosentino per nascita ma milanese per adozione e per cuore (ma perchè Milano è così spesso più amata dai suoi figli adottivi che da quelli carnali?). Di Poeti per Milano si è conversato a lungo, con intermezzi musicali e letture di testi, la sera del 26 maggio - questa rivista è quadrimestrale, ahimè, e non può che riferirne in ritardo - al CRAL di via Bezzecca, a Porta Romana: regista, il va sans dire, l’appassionato, ipercinetico Gaccione. Alla cui fatica, in gran parte, si deve anche Odissea, una rivista culturale di cui è recentemente uscito il primo numero, alla quale EOS formula i suoi auguri migliori.
Ancora poesia. Il caffè delle Muse propone due composizioni di Silvio Aman, con qualche parola introduttiva di Giampiero Neri. Il quale scrive: “Silvio Aman è poeta e saggista. In ambito critico si è occupato di Georg Trakl, di Robert Walser e di alcuni autori italiani contemporanei. Sue poesie sono presenti in varie antologie, fra le quali Il pensiero poetante - Genesi editrice - e Poeti per Milano - viennepierre edizioni. Dirige l’annuario Esperos il cui secondo numero è stato dedicato recentemente alla poesia svizzera.
Poeta di fine sensibilità, vagamente malinconico, amante di paesaggi lacustri dai quali trae spesso ispirazione per certe trasparenze delle sue liriche, di Lui si offrono qui al lettore due poesie dalla più recente raccolta che ha per titolo Devozioni (Dialogolibri)”.
DA UN GIARDINO ESTIVO
Ora anche il vento della tua brughiera
O Emily, dove immagino lontano
Un cielo oscuro e a nubi,
Il vento in trombe opache
E antenne dai silofoni improvvisi
O Emily, solo tu lo porti, tu
Che un giorno avevi ancora di che perderti
Laggiù, quando nel vento proveniva
Il freddo Apollo al tuo selvaggio umore.
Perdonami i giardini:
Ma è forse un caldo per amarti meglio,
È per riavere il tuo paesaggio ostile
E freddo come il brugo a cui la notte
Darà da bere ancora orgoglio e fuoco.
EUFORIE
Ricordati del gioco:
Ci passavamo in corsa un fazzoletto.
Ora alcuni non sono più con te,
Solo li trovi all’improvviso
Per le vie, ombre fra pensieri e cose
Di una perplessità ritmata.
Poi, dentro il luogo in cui ti guardano,
Dove li senti ancora aver ragione,
Tu aspetti il temporale
E agli spigoli i soffi
Portano a tratti ciò che non avvenne:
Le timide euforie degli infelici.
Dalla poesia alla musica. La musica come visione del mondo s’intitola il pezzo di Fenoglio che EOS pubblica a pag. 21.
Paolo Fenoglio, filosofo e saggista, è docente di Storia ed Estetica della Musica presso l’Accademia Internazionale della Musica di Milano, un’importante istituzione che si affianca al Conservatorio di Stato. Ha lavorato per la RAI (oltre quattrocento trasmissioni, anche in diretta), ha pubblicato volumi come Il pensiero filosofico e la musica e Le due strade di Schönberg (in collaborazione, quest’ultima, con G.C. Zaccaro).
Ma qual’è, mi chiedo (o meglio, lo chiedo allo stesso Fenoglio) il filo sottile, sotterraneo, che lega la musica – l’oggetto attuale di interesse e di studio - alla filosofia, l’ambito culturale di provenienza?
- Fin da ragazzo - è la risposta – m’è parso di cogliere uno stringente parallelismo fra la sintesi platonica del pensiero parmenideo (l’immobile eternità dell’Essere) ed eracliteo (panta rei, tutto scorre, tutto è divenire) da un lato e l’equilibrio bachiano fra plasticità contrappuntistica (orizzonte oggettivo) e chiaroscuro armonico (dimensione soggettiva) dall’altro.
- Bach come Platone? Un legame inedito...
- Sì, nel senso che ho detto almeno. Una sintesi di questo genere mi pare necessaria.
- Se ho ben capito, dunque, la musicologia tradizionale, attenta all’impianto strutturale, al meccanismo costruttivo dell’opera, non sarebbe in grado di restituircene il senso. È così, Paolo?
Sì, e lo dice lo stesso Schönberg, il padre della dodecafonia, che era del resto compositore assai rigoroso: l’analisi armonica - formale, cioè, strutturale - spiega il “come”, non il “perché”. E per questo non può coglierne il significato essenziale.
Non è sempre facile Fenoglio, almeno per chi, come me, è un semplice orecchiante di melodie. Ma se lo si rilegge con attenzione è impossibile non cogliere una miriade di spunti originali di riflessione: e qualcosa si aggiunge alla nostra idea della musica.
Mi sarebbe piaciuto concludere qui questa prima serata al caffè. E invece sono costretto terminare con una notizia dolorosa, giunta in redazione poco prima di andare in stampa: quella di un lutto grave che ha colpito il mondo delle lettere, la scomparsa di Giuseppe Pontiggia, narratore e saggista fra i più prestigiosi nel panorama letterario italiano contemporaneo.
Lo scrittore era fratello di Giampiero Neri (pseudonimo di Gianpietro Pontiggia) che i nostri lettori conoscono, oltre che per la sua opera, per l’ormai ripetuta presenza su queste pagine, l’ultima delle quali proprio poche righe sopra.
Al poeta Neri le sentite condoglianze di EOS. Ed al caro amico Giampiero un grande abbraccio, affettuoso e partecipe, di chi scrive.
QUESTI BAMBINI NASCONO DUE VOLTE ... LA SECONDA DIPENDE DA VOI, DA QUELLO CHE SAPRETE DARE ...
Pare a volte che un legame nascosto connetta persone e cose tra loro lontanissime. Il 27 giugno scorso - era un venerdì, lo ricordo molto bene - ero andato nella libreria Feltrinelli di corso Buenos Aires ad acquistare L¹evoluzione del desiderio, un saggio di D.M. Buss sul comportamento sessuale umano descritto dal punto di vista della psicologia evoluzionistica. Nata di recente, questa disciplina - della quale Buss è uno dei maggiori esponenti - si propone di ricercare, nella storia della specie umana, le radici bio-antropologiche lontane ed i successivi sviluppi evolutivi del comportamento e della psicologia dell¹uomo attuale. Lo stesso 27 giugno, come ho appreso in seguito dai giornali, era mancato Giuseppe Pontiggia. Successivamente, cercando qualche dato utile per redigere queste righe, mi sono imbattuto in un¹intervista nella quale lo scrittore risponde a domande inerenti il suo Nati due volte, premio Campiello 2001 (che confesso di non aver letto ma che ormai non posso non leggere). In più parti di questa intervista Pontiggia lascia trasparire l’interesse per tematiche che ben potrebbero dirsi pertinenti alla psicologia evoluzionistica, fino a dichiarare: ... Noi da un punto di vista antropologico siamo certamente disabili a vivere nel mondo e nella società in cui viviamo perché - lo confermano medici e psicologi - il nostro corpo, la nostra psiche, si sono plasmati in un ambiente che è radicalmente diverso da quello in cui noi viviamo, e l¹evoluzione della società ha proceduto molto più rapidamente dell¹evoluzione della specie ... . Mi riconosco talmente in questo pensiero che, se non fosse così ben espresso, riterrei d’averlo formulato io stesso: e se fossi l’autore, invece di Buss, de L’evoluzione del desiderio, userei quelle parole come epigrafe al volume. Ecco il legame di cui parlavo all’inizio. Un legame, non più nascosto, che mi unisce a qualcuno che pure non ho mai conosciuto ma col quale scopro, casualmente, di condividere qualche frammento di ciò che è specificamente umano: il pensiero. Qualcuno, Giuseppe Pontiggia, che non è più.
Sit terra levis!
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