Anno 2 - N. 5 / 2003


STORIA DELLA MEDICINA

GUILLOTIN E LA LAMA OBLIQUA

Breve storia della ghigliottina e del suo presunto inventore

di Francesco Piscitello




Guillotin, médecin, politique,
imagine un beau matin
que pendre es inhumain
et peu patriotique,
et sa main
fait soudain
la machine
qui simplement nos tuera,
et que l’on nommera
Guillotine.

Questi versi, ispirati dai monarchici parigini, vengono pubblicati dal Journal des Actes des Apôtres all¹indomani della celebre orazione del dottor Guillotin davanti all¹Assemblea Nazionale il primo dicembre 1789(1), nella quale il deputato proponeva che le esecuzioni capitali avvenissero per mezzo di uno strumento, appositamente concepito, che realizzasse il distacco della testa dal corpo mediante una lama che doveva cadere dall¹alto sul collo del condannato in modo preciso, sicuro, affidabile. Lo strumento, nei versi citati, ha già un nome - guillotine, ghigliottina - pur non essendo ancora realizzato.
Joseph-Ignace Guillotin, educato dai Gesuiti, (Saintes, 1738 - Parigi, 1814) studia medicina a Parigi addottorandosi però a Reims nel 1768. Membro, dal 1770, della Facoltà Medica di Parigi - lo diventa con una tesi sull¹idrofobia - vi insegna dal 1778 al 1783.
Nel 1784 l¹autorità sanitaria nomina una commissione incaricata di valutare la realtà scientifica del fluido magnetico emesso dal “baquet” di Franz Anton Mesmer. Guillotin ne fa parte accanto a grandi scienziati dell¹epoca come Lavoisier, Cabanis, Franklin e, pur non comparendo tra i firmatari del verbale, partecipa alla formulazione della conclusione che vi è contenuta: quel fluido non esiste, il mesmerismo non ha dignità scientifica. È ancora presidente del Comitato centrale per la Vaccinazione - ed in quel ruolo assai attivo nell¹introdurre in Francia la pratica di Jenner - e, nel 1804, tra i membri fondatori dell¹Aca- démie de Médecine della Facoltà Medica di Parigi.
Durante la rivoluzione ha un discreto rilievo politico, non essendo tuttavia un acceso fanatico: al contrario non esita ad assumere anche atteggiamenti francamente conservatori come l¹uso della parrucca incipriata - tipica dell¹ancien régime - che non abbandonerà fino alla morte.
Nel 1788 redige un memoriale nel quale sostiene che, stante la consistenza numerica di ciascuno dei tre Stati, per ogni delegato del clero e due della nobiltà, la borghesia deve avere diritto a tre rappresentanti negli Stati Generali. Il contenuto di quel memoriale vien fatto proprio dalle corporazioni parigine nella Pétition des citoyens domiciliés à Paris inviata al Sovrano. Ma il Tribunale, allarmato dalle Pétitions, sospetta che queste sottendano oscure manovre politiche e ne chiede spiegazione all¹autore. Questi è però così fermo nel sostenere le sue argomentazioni da convincere il Tribunale stesso della fondamentale equità della richiesta, oltre che della sua personale onestà. Alla fine della seduta verrà portato in trionfo dalla folla plaudente(2). La grande popolarità in tal modo acquisita gli vale l¹elezione a deputato, per la circoscrizione parigina, agli Stati Generali convocati nell¹89. Quando, nel luglio di quell¹anno, i rappresentanti del Terzo Stato si costituiscono in Assemblea Nazionale (e dopo il giuramento della Pallacorda in Assemblea Costituente) Guillotin ne fa parte: è questa l¹unica, seppure importantissima, istituzione rivoluzionaria che lo vede partecipe.

LA GHIGLIOTTINA
Emblema sinistro della rivoluzione francese che evoca il Terrore, le teste mozze, le orazioni infiammate dei tribuni, le tricoteuses sferruzzanti ai piedi del patibolo, la ghigliottina associa il suo nome a quello di Joseph-Ignace Guillotin il quale, peraltro, non è certo un sanguinario. All¹opposto, le tristemente famose parole pronunciate all¹Assemblea Nazionale nel dicembre dell¹89 - “...la lama cade come folgore, la testa vola, il sangue zampilla, l’uomo non c¹è più” - concludono un discorso profondamente compassionevole che descrive l’orrore delle esecuzioni capitali in atto sino a quel momento (specialmente quelle che avvenivano per decapitazione che, peraltro, non era l¹unica modalità), i colpi di mannaia che sovente non andavano a segno e dovevano essere più volte ripetuti, lo strazio del condannato che ne derivava: orrore che poteva venire evitato mediante l’adozione di uno strumento meccanico progettato in modo da risultare più efficace, sicuro, rapido. L’appello viene addirittura lodato, per lo spirito umanitario che lo ispira, da quotidiani importanti come la Gazette de Paris ed il Moniteur(3). Che Guillotin sia un personaggio illuminato e non un sanguinario fanatico è provato, del resto, anche dalla mozione presentata il 10 ottobre 1789, poco dopo il trasferimento dell’Assemblea alle Tuileries, in cui il deputato aveva richiesto che le pene inflitte dai tribunali penali fossero commisurate alla gravità del crimine, senza pregiudizio dello status sociale del reo, come invece allora avveniva.
La civilissima proposta viene accolta ed approvata(4). La descrizione del congegno atto alla decapitazione che Guillotin aveva fatto nel suo discorso all’Assemblea trae spunto da un’opera, uscita anonima, in cui si riferiva di un’esecuzione capitale avvenuta a Milano nel 1702 nella quale il taglio della testa era stato effettuato con l¹impiego di una lama a caduta.
Macchine di questo genere, tuttavia, erano note da molto tempo. Strumenti atti alla decapitazione meccanica erano già conosciuti, in Germania ed Italia, dal XII secolo(5).
Nel 1581 la maiden - “la ragazza” di cui un esemplare è conservato nel Museo delle Antichità di Edimburgo - aveva posto fine alla vita del reggente James Morton condannato per complicità nell’assassinio di Henry Darnley, marito di Maria Stuarda e - rispettivamente nel 1661 e 1685 - a quelle del marchese di Argyll e di suo figlio, solo per citare alcuni fra i suoi più illustri ... utenti. La maiden del resto - che aveva lama orizzontale e non obliqua ed era stata descritta dallo storico inglese William Harrison come “patibolo di Halifax” - non era sconosciuta agli stessi francesi, che, a loro volta, la chiamavano jeune fille.
Nel 1791 l’Assemblea Nazionale decide che le condanne a morte devono avvenire per decapitazione e, memore della perorazione di Guillotin di due anni prima, mediante l¹impiego di un’affidabile strumento automatico.
L’incarico di formulare un progetto idoneo viene affidato ad Antoine Louis, membro illustre dell’Accademia di Chirurgia ed inventore di numerosi strumenti chirurgici: nella sua relazione (nella quale l’appassionato fautore della decapitazione meccanica non viene neppure citato) il celebre chirurgo disserta sul principio fisico secondo il quale le lame tagliano con maggior efficacia quando si muovano obliquamente rispetto all’oggetto e propone l¹adozione di una maiden opportunamente modificata.
Occorre adesso che le indicazioni di Louis trovino concreta realizzazione. Il caso vuole che in una serata musicale il delicato e sensibile boia parigino Charles-Henri Sanson, poco dopo aver eseguito al violino un pezzo di Gluck, si trovi a conversare amabilmente con un certo Tobias Schmidt, tedesco, costruttore di pianoforti, clavicembali e ... scafandri(6).
Nel corso della conversazione, Sanson riferisce del decreto appena emesso dall’Assemblea Nazionale allo Schmidt che elabora immediatamente uno schizzo e si pone, nei giorni seguenti, al lavoro con grande alacrità: aspira infatti ad ottenere, per il suo prodotto, la fornitura in esclusiva per tutta la Francia. Non avrà fortuna. L’architetto incaricato del collaudo boccia l¹apparecchio perché non risponde pienamente alle condizioni richieste. D’altra parte le pretese economiche di Schmidt sono eccessive: 824 lire. Un oscuro falegname si accaparra così l¹ordinazione presentando una macchina più perfezionata e ad un prezzo decisamente competitivo: 500 lire(7). Dopo numerose prove con esito soddisfacente, eseguite a Bicêtre su alcuni cadaveri e su qualche montone, lo strumento - che doveva chiamarsi Louison o Petite Louisette per onorarne l¹ideatore e che conservò invece quello di guillotine che gli era stato assegnato prima ancora della sua nascita - viene impiegato per la prima volta il 25 aprile 1792: sfortunato collaudatore è un tal Nicolas-Jacques Pelletier, condannato per omicidio a scopo di rapina(8).

L’AMAREZZA DI GUILLOTIN
Legare il nome dell¹apparecchio per la decapitazione a quello di Joseph-Ignace Guillotin è storicamente scorretto: egli non ebbe infatti alcuna parte nella realizzazione materiale dello strumento.
Ma i versi pubblicati dal Journal des Actes des Apôtres sanciscono per sempre l’ingiusta associazione: il buon medico ne soffre molto e non riuscirà mai a liberarsi di un sentimento di colpa che sappiamo ingiustificato. Ad alimentare quel sentimento contribuiscono molte circostanze. Innanzitutto il Terrore fa un uso smodato del patibolo: un giorno, in 36 minuti vengono decapitati 21 girondini e, nel luglio 1794, in sole tre giornate sono giustiziate 1306 persone, tra le quali Massimiliano Robespierre.
Il fanatismo forcaiolo della popolazione, parigina e non, indulge poi al macabro spettacolo di modellini di ghigliottina usati come ciondolo per la catena degli orologi da tasca, come soprammobile, come giocattolo per bambini, come decorazione delle vetrine.
Ma poi, cosa forse più grave per l¹animo dell’infelice Guillotin, cominciano a circolare voci macabre riguardanti i ghigliottinati. Il Sömmering, anatomico a Magonza, sostiene ad esempio che i decapitati non sono immuni da sensazioni dolorose e che la recisione del midollo spinale provoca nel loro volto smorfie spaventose: concorda con quest’opinione nientemeno che Albrecht von Haller, il più grande fisiologo dell’epoca accanto allo Spallanzani. Il Weikart, dal canto suo, sostiene addirittura che solo l’interrotta connessione con l’apparato respiratorio impedisce al decapitato di parlare, cosa della quale egli sarebbe altrimenti capace(9). Guillotin si astiene sempre dal partecipare alla discussione alla quale pongono fine, favorevolmente per la ghigliottina e per lui, le opinioni di Gastellier, di Léveillé e, soprattutto, dell¹autorevole Cabanis: ma lo spegnersi delle dicerie - peraltro mai del tutto completo - intorno ai fenomeni successivi alla decollazione non attenua però l’amarezza di Guillotin il quale, finita l’età del Terrore, continua a lavorare freneticamente: l’attività professionale ed umanitaria, incessante ed intensa, assume quasi il ruolo di un percorso di espiazione, come lasciano intendere documenti epistolari dell¹ultima fase della sua vita.

CHIRURGO E INVENTORE
Antoine Louis (1723-1792) fu medico militare nell’esercito francese, chirurgo capo durante la campagna contro la Germania. Tornato alla vita civile continuò l¹attività di chirurgo e si occupò molto di medicina forense, attività che non fu estranea alla decisione dell’Assemblea di affidargli l’incarico di studiare l’apparecchio che sarebbe diventato noto come ghigliottina e che qualcuno aveva proposto di chiamare con il nome di Louison o Petit Louisett.

21 gennaio 1793 Luigi XVI alla ghigliottina
Le vittime più illustri del boia Charles-Henri Sanson e del suo nuovo strumento di lavoro furono indubbiamente Luigi XVI - che, uomo mediocre in vita, affrontò il patibolo con grande dignità e regale fierezza (ma la lama non svolse adeguatamente il suo ufficio: il sovrano morì con la testa ancora parzialmente attaccata al collo) - e Maria Antonietta la quale, avvicinandosi confusa all’ordigno che l¹avrebbe decapitata, urtò inavvertitamente il piede del boia e pronunciò la sua ultima parola: “Pardon!”.
Qualcuno sostiene che lo stesso Guillotin sia sfuggito per miracolo alla ghigliottina. In realtà il reato che gli fu contestato nel 1795 - la pubblicazione di scritti considerati illegali - non era tanto grave da fargli rischiare il patibolo ma soltanto una breve detenzione, pena che effettivamente scontò.