Anno 2 - N. 4 / 2003
L’EPOPEA DI AFS
Dall’assistenza ai feriti agli scambi internazionali dei giovani
di Roberto Ruffino
Verdun, 1916
Nell’autunno del 1914 scoppiava la prima guerra mondiale e - fatto meno noto - nel Liceo di Neuilly, alla periferia di Parigi, si installavano i primi ambulanzieri di quella che sarebbe diventata l’American Field Service. Cominciava così senza clamore, per rispondere ad un’esigenza immediata di soccorso agli amici francesi partiti per la guerra, l’avventura generosa di pochi intellettuali americani, che non sapevano di dar vita alla “AFS”, oggi ONG presente in più di sessanta Paesi e maggior organismo internazionale per gli scambi culturali dei giovani.
La tradizione del soccorso ai feriti in guerra aveva una solida radice volontaristica nell’Ottocento: Florence Nightingale aveva segnato la strada durante la guerra di Crimea nel 1854-55; Henry Dunant alla battaglia di Solferino (25 giugno 1859) aveva avuto l’idea della Croce Rossa, riconosciuta dalla Convenzione di Ginevra del 1864. Negli stessi anni (1861-65) il rev. Bellows creava una Commissione Sanitaria di volontari durante la Guerra di Secessione americana.
A Parigi, durante l’assedio del 1870, la colonia americana residente in città creò la prima “Ambulance Americaine” sotto la leadership del dottor Evans, amico di Dunant, che si distinse nell’opera di soccorso ai feriti. Erano gli anni in cui la città pullulava di artisti e intellettuali americani, precursori degli odierni scambi interculturali. Negli ultimi anni del secolo, l’Università di Harvard avvìa uno scambio di professori con la Sorbona. Prende corpo una forte corrente francofila nelle grandi università americane, che giocherà a favore dell’entrata in guerra degli USA a fianco della Francia e contro la Germania durante il primo conflitto mondiale.
Molti di questi studenti americani erano attratti a Parigi dagli studi di medicina, allora all’avanguardia (Bernard, Pasteur, Curie). Nasce in questi circoli l’idea di creare a Parigi un Ospedale Americano. Nel 1907 si costituisce un’associazione per raccogliere i fondi. Il 30 marzo 1910 l’Ospedale apre i battenti ai primi pazienti.
Il 3 agosto 1914 la Francia entra in guerra. Gli americani che avevano sostenuto la creazione del loro Ospedale propongono di crearne un’ala nuova per i feriti. Il governo francese accetta e mette a disposizione il nuovo Liceo Pasteur a Neuilly-sur-Seine, che avrebbe dovuto inaugurarsi il 1° ottobre 1914. Si mette così in piedi rapidamente una nuova struttura di volontariato per gestire l’ospedale e prende il nome di “American Ambulance” in ricordo di quella del 1870.
Sino ad allora un problema quasi insormontabile era stato il trasporto rapido dei feriti: molti morivano prima di arrivare ai posti di soccorso. Ora le automobili offrivano una soluzione. Duecento vetture furono requisite ai privati e trasformate in autoambulanze (le prime!) dal Ministero della Guerra. Negli USA la signora Vanderbilt comprò dieci Ford modello T, le fece adattare ad ambulanze e le donò all’American Ambulance di Parigi. Era nato l’American Ambulance Field Service, “AAFS”. Era il 6 settembre 1914.
Le dieci Ford modello T donate dalla signora Vanderbilt all’American Ambulance Field Service ebbero il battesimo del fuoco il 6 settembre 1914, sui campi della Marna. A Meaux trovarono 350 feriti assistiti dai pochi paesani rimasti e dall’arcivescovo Marbot. Cinquanta furono portati al Liceo Pasteur di Neuilly, che cominciò a funzionare da ospedale.
I feriti di Meaux non erano francesi della madrepatria. Erano arabi e neri delle colonie africane. Non parlavano francese. Erano orrendamente mutilati e parecchi non sopravvissero. Su quelle persone con cui non potevano neppure comunicare fecero le prime esperienze i volontari dell’AAFS; in quelle aule trasformate in corsie nacquero progetti per il futuro, quando la guerra fosse finita.
In seguito, con lo spostarsi del fronte verso Est, fu creata una dipendenza dell’American Ambulance a Juilly, grazie a un contributo della signora Whitney, la fondatrice del Whitney Museum di New York. L’AAFS si divise in due gruppi operativi: quello che da Juilly faceva la spola al fronte e quello di Neully che riceveva i feriti trasportati per ferrovia. Furono donate altre dieci Ford, ma i guidatori erano ancora autisti professionisti.
I fondi venivano da un “Comitato degli Amici dell’AAFS”, che comprendeva numerose personalità. Robert Bacon, a lungo ambasciatore USA a Parigi, presiedeva il “Comitato dell’Ambulanza” ed era contemporaneamente Consigliere d’Amministrazione dell’Università di Harvard. Fu lui ad arruolare come guidatore volontario di un’ambulanza A. Piatt Andrew all’inizio del 1915.
A. Piatt Andrew, laureato a Princeton e Harvard, già sottosegretario al Tesoro, già direttore della Zecca americana, già professore di scienze economiche ad Harvard, a 41 anni aveva chiuso la sua bella casa di Gloucester, vicino a Boston, per andare volontario a Parigi. Gli bastarono sei settimane per rendersi conto dei molti problemi da risolvere e per proporre a Robert Bacon le sue soluzioni. Fu creduto e nominato Ispettore Generale dell’AAFS. È l’aprile del 1915. L’AAFS ha preso il suo assetto definitivo e A. Piatt Andrew ne è il vero fondatore.
“Doc” Andrew, vincendo ogni genere di scetticismo e resistenze, propone di riservare la guida delle autoambulanze a giovani americani che vengano a condividere la durezza del fronte, anche se il loro Paese non è in guerra. Torna negli Stati Uniti e, con l’aiuto di Henry Sleeper, trova mezzi e uomini: 3000 volontari si fanno avanti e, divisi in sezioni di 20-30 uomini, si affiancano alle unità di combattimento francesi. Nel dicembre 1915 si trova un braccio destro, un volontario di stanza in Alsazia, Stephen Galatti, anche lui ex-harvardiano. E l’AAFS si rafforza.
In quella primavera (1916) tutti si davano da fare, ma Galatti da solo faceva più di tutti gli altri. Non si prendeva un giorno di riposo. Sette giorni su sette arrivava al suo ufficio alle otto del mattino e non se ne andava mai prima delle sette di sera. Il laureato di Harvard, accorso volontario in Alsazia nel 1915, scovato da “Doc” Andrew, dimostrava di meritare la fiducia dell’ispettore generale dell’AAFS.
Lo caratterizzava un calore umano fuori dal comune, che si sarebbe ancora nutrito e arricchito negli anni successivi, quando divenne direttore generale dei nuovi programmi di borse di studio e ne guidò la crescita sino alla sua morte, avvenuta nel luglio 1964. Migliaia di borsisti AFS dei primi anni ne ricordano la figura bonaria ai piedi della passerella delle navi che li portavano in America, paziente a stringere ogni mano e a dire ad ognuno una parola di benvenuto.
Nell’estate del 1916 il “Field Service” si stacca dall’American Ambulance e si installa nella villa della contessa di Villastreux, a Rue Raynouard 21, Passy. Perde perciò la “A” di Ambulance e resta semplicemente AFS, servizio da campo americano. Julien Green (“Partir avant le jour”, Pleiade 1977) ricorda il suo arrivo nel bel parco, dov’erano parcheggiate venti autoambulanze: “l’ultima, in fondo, era la mia”.
Quando nel 1917 gli USA entrarono in guerra, fu rivolta una menzione d’onore agli ambulanzieri dell’AFS: 159 erano venuti da Harvard, 53 da Princeton, 49 da Yale, 20 da Stanford, 17 da Wisconsin, 16 da Dartmouth, 15 da Columbia e moltissimi altri da altre 80 università. Molti di loro, quasi cento, avevano già ricevuto la croce di guerra.
Erano giovani di famiglie benestanti, che si erano pagati da soli il passaggio transatlantico, ispirati dal mito romantico dei prodi cavalieri che accorrono a difendere la civilà dagli “Unni”. Molti diventeranno scrittori, come Malcom Cowley, Louis Bromfield, John Dos Passos, E.E. Cummings, Julien Green, Ernest Hemingway. Erano idealisti.
A fine estate 1917, i contingenti AFS passarono all’amministrazione militare americana. Nel 1919 gli ultimi ambulanzieri lasciarono la casa della contessa di Villestreux per far ritorno in America. Uno di loro è sopravvissuto sino al 1994 ed è morto a cent’anni d’età, ancora volontario attivo dell’AFS e presente sino all’ultimo alle riunioni dei Trustees. Si chiamava Enos Curtin. Dei 2569 ambulanzieri dell’AFS, che erano accorsi volontari durante prima guerra mondiale, 127 erano rimasti in Francia, caduti sui campi di battaglia.
Nell’ultimo bollettino dell’AFS (Aprile 1919) A. Piatt Andrew scriveva: “per quattro anni abbiamo cercato di far capire l’America ai Francesi e la Francia agli Americani; questo sforzo non deve finire con la guerra... Non possiamo diventare un club di reduci... Ci è stato suggerito di creare delle borse di studio per Francesi in America e per Americani in Francia. Questo darebbe al Field Service un ruolo attivo, che potrà continuare nel mondo per molti anni dopo la nostra scomparsa...”
Nacque così nel 1919 la “American Field Service Fellowships for French Universities” che cominciò a collaborare con un ufficio governativo francese (Office National des Universités). L’obiettivo era di creare 127 borse intitolate ai 127 caduti AFS in guerra. L’Associazione fu legalmente approvata da 600 volontari di guerra riuniti a congresso a New York dal 7 al 9 maggio 1920. Dal 1924 la gestione amministrativa dei programmi fu affidata all’Institute for International Education.
Come già per le ambulanze, si trattava di un’idea nuovissima (lo scambio di studenti) che sino ad allora era stata realizzata su piccolissima scala dalla Rhodes Foundation con l’Inghilterra. I beneficiari furono 168, di cui solo 7 Francesi in USA, mentre tutti gli altri furono Americani in Francia. Erano universitari che andavano all’estero per fare studi specialistici, ma le loro valutazioni non erano diverse da quelle di oggi: “I miei due anni in Francia mi hanno dato una prospettiva internazionale. Incontrare gente di altri Paesi ha un valore inestimabile. Mi ha aiutato a capire meglio il mio Paese, che ora vedo alla luce di nuove idee” (G. Rock, pag. 20).
In quegli anni uscirono anche molti libri dedicati all’esperienza di guerra dell’AFS: “Green Grass” di Louis Blomfield, “L’énorme Chambrée” di E.E. Cummings, “Gli anni giovani” di John Dos Passos, “Il sole si leva ancora” di Ernest Hemigway, ecc. Nel 1935 l’Associazione decise di dedicare alle memorie di guerra una sala del Museo di Blérancourt, a un centinaio di chilometri a nord-est di Parigi, dove dal 1929 esisteva già un museo dedicato all’amicizia franco-americana: Ann Morgan e la signora Vanderbilt vi contribuirono generosamente.
Il fondatore dell’AFS, A. Piatt Andrew, morì nel 1936. Gli succedette Stephen Galatti, il volontario greco-americano, laureato ad Harvard e volontario nelle autoambulanze AFS sui Vosgi sin dal 1915. Era rimasto vedovo nel 1934 e da quel momento in poi l’AFS fu la sua vita e la sua famiglia.
Il 3 settembre 1939 la Francia e l’Inghilterra dichiarano guerra alla Germania. Dal suo quartier generale di New York (ospitato gratuitamente dallo studio legale Curtin, Miller, Mitchell e Taliaferro, tutti ex ambulanzieri dalla prima guerra mondiale) Stephen Galatti si butta a riattivare il servizio di ambulanze per il fronte francese. La signora Vanderbilt e altri vecchi amici metton mano al portafoglio. Già ad ottobre Lovering Hill va ad aprire un ufficio AFS a Parigi e mette in cantiere venti ambulanze su vetture General Motors. Il 23 marzo 1940 i primi volontari s’imbarcano a New York per la Francia. Il 18 aprile l’organizzazione AFS francese è legalmente costituita. Il 18 maggio le venti autoambulanze lasciano Parigi per il fronte. Sino all’armistizio del 22 giugno, trasportano oltre mille feriti.
La fine delle operazioni militari in Francia obbliga l’AFS a trasferire la sua sede europea da Parigi a Londra e le fa prendere coscienza della natura internazionale della sua missione, non più legata ai rapporti franco-americani. Nel luglio 1940 le prime autoambulanze arrivano in Inghilterra; nel dicembre 1940 l’AFS invia materiale medico in Kenya; nell’aprile 1941 cinquanta autoambulanze arrivano in Grecia prima della capitolazione ai tedeschi; dal 1941 le troviamo in Palestina al seguito delle truppe inglesi. Con l’entrata in guerra degli Stati Uniti (7 dicembre 1941), una unità AFS arriva a Toufiq, nel Golfo di Suez, il 10 febbraio 1942, dopo tre mesi di viaggio in nave, via New York, Bombay, Città del Capo. È l’inizio di una nuova esperienza: il Nord Africa, il deserto. Molti volontari AFS muoiono nella battaglia di Bir Hakeim, ma gli altri continuarono il loro lavoro al seguito delle armate francesi, neozelandesi, inglesi e il 3 novembre sono presenti in forze sulle dune di El Alamein.
Terminata la campagna d’Africa nell’autunno del 1943, le ambulanze AFS passano in Italia, a Salerno, a Napoli, a Taranto. Si formano due colonne che risalgono l’Italia: una segue la costa adriatica, l’altra risale verso Roma, Firenze, Bologna.
A Napoli l’AFS apre un quartier generale a Villa Doria ed un convalescenziario in Via Tasso 615: sino alla fine della guerra, saranno la centrale operativa dei volontari. Le armate con cui lavorano sono fatte di neozelandesi, polacchi, indiani, inglesi, italiani, canadesi, francesi: si allarga la comprensione delle differenze e la vocazione internazionalistica dell’AFS.
Dopo la battaglia del Garigliano, le ambulanze sono ai piedi di Monte Cassino e, dal febbraio al maggio 1944, percorrono di notte stradine tortuose e non asfaltate, per evitare l’artiglieria tedesca. Affondano nel fango. “Dov’è l’Italia del sole?” scrivono a casa.
Altri ambulanzieri sbarcano ad Anzio e per mesi vivono nelle buche scavate lungo il litorale, intrappolati dalle truppe tedesche attestate ai Castelli. Quattro di loro ad Anzio ci sono rimasti per sempre e sono sepolti nel Cimitero Americano di Nettuno: uno di loro aveva 19 anni.
Dopo la presa di Roma (giugno 1944) le ambulanze avanzano su Perugia e Siena, entrano a Firenze nei primi giorni di agosto ed aprono un convalescenziario a Villa Gordon Mann, Viale Michelangelo 51. Intanto i volontari dell’Adriatico arrivano a Lanciano e contribuiscono a rimettere in piedi i servizi sanitari.
L’inverno del 1944 è interminabile. Si supera gradualmente la linea gotica sull’Appennino. Ritroviamo in marzo ed aprile le autoambulanze a Forlimpopoli, Forlì e Faenza: un ambulanziere che è rimasto in Italia ed è diventato un pittore famoso, Bill Congdon, dà una mano a costituire il museo delle ceramiche a Faenza. Poi la guerra finisce. Gli ambulanzieri morti in Italia furono undici.
Qualcuno torna a Napoli a chiudere gli uffici. Si torna a casa. Qualcuno continua per la Germania ed a Bergen Belsen assiste i sopravvissuti al campo di concentramento. Uno di loro scrive a casa: “Abbiamo trovato 65.000 scheletri viventi e decine di migliaia di cadaveri insepolti; quando uno moriva, gli altri lo buttavano dalla finestra; se non ce la facevano, lo tenevano a imputridire nella stanza. Abbiamo dovuto separare a forza cadaveri da corpi ancora vivi...” Anche le altre unità AFS che operavano in India e in Birmania tornano a casa, tranne i 36 rimasti sui campi di battaglia.
È il 1945. Le Nazioni Unite si costituiscono con sede a New York. La pace è sulla bocca di tutti. Stephen Galatti esprime i sentimenti degli ambulanzieri, quando dice: “Durante due guerre questi uomini hanno trasportato un milione e mezzo di soldati feriti: hanno avuto dei morti, dei feriti, dei prigionieri. Ciò che vogliono dirvi è che, attraverso quest’esperienza, si sono calati nella vita degli altri. Hanno conosciuto degli stranieri e se li sono fatti amici. Che fossero australiani, indiani, sud africani o scozzesi, soldati o ufficiali, oggi sono tutti dei fratelli”.
Il 28 settembre 1946 oltre 250 ambulanzieri a congresso decidono l’inizio di un nuovo programma, per portare negli Stati Uniti studenti stranieri: il “French Fellowhips” diventa “International Scholarsips”. Si continua ancora il programma universitario d’anteguerra, ma lo si allarga a studenti più giovani, ospitati nelle “prep schools”. Pochi anni dopo, l’AFS cessa il programma universitario e lancia il programma di scambi per gli studenti liceali, della durata di un anno scolastico, con accoglienza presso famiglie di volontari.
Famiglie americane cominciano ad accogliere studenti di 17 anni provenienti da Francia, Italia, Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia, Inghilterra. Il grande passo è fatto. Gli inizi sono lenti, ma nel 1950 il governo americano dà una grossa donazione all’AFS per iniziare il programma anche in Germania e portare nelle famiglie americane i figli dei nemici di ieri. Da quel momento il programma diventa più conosciuto e comincia a crescere rapidamente. All’estero si costituiscono associazioni di volontari ed ex borsisti. In Francia si invitano nel 1950 alcuni giovani americani a passare l’estate in famiglie francesi. È l’inizio del programma estivo.
Molti altri Paesi, soprattutto europei, seguono l’esempio. Nel 1955 nasce in Italia l’AFS Associazione Italiana, che oggi si chiama Intercultura. Di anno in anno navi sempre più capienti trasbordano migliaia di giovani da una sponda all’altra dell’Atlantico; i loro nomi sono mitici nella memoria dei borsisti di quegli anni: Seven Seas, Arosa Sky, Arosa Kulm, Grote Baer... Nel 1960 l’AFS si costruisce un edificio tutto per sé nel cuore di Manhattan, pagato con le donazioni di decine di migliaia di individui - volontari ed ex borsisti - di tutto il mondo. Quando Stephen Galatti muore, il 13 luglio 1964, l’AFS è la più estesa e capillare organizzazione internazionale per gli scambi degli studenti e l’educazione alla pace e alla comprensione internazionale.
Oggi l’AFS ha statuto consultivo alle Nazioni Unite ed è a tutti gli effetti una ONG internazionale. I programmi si sono diversificati: negli ultimi anni l’AFS ha definito le sue priorità nel settore delle scuole secondarie superiori, con programmi di scambi internazionali di un anno, sei mesi, due mesi, con scambi di classi e programmi per insegnanti.
Il numero di Paesi aderenti all’organizzazione varia di anno in anno, con le vicende politiche e militari che aprono e chiudono le frontiere. Oltre 100 Paesi hanno partecipato ai programmi, almeno per qualche anno, e potrebbero rientrare un giorno. Oggi ne sono coinvolti una sessantina. Tra gli ultimi ad entrare: Russia, Ukraina, Lettonia, Estonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e soprattutto Cina.
Nel castello di Blérancourt, le sale AFS del Museo inaugurato nel 1938 continuano a raccontare le vicende di questi 80 anni avventurosi e affascinanti che hanno segnato con storie di guerra e di speranza le vite di milioni di uomini e donne in tutti i continenti: ambulanzieri, volontari, studenti, famiglie che hanno creduto nell’AFS e vogliono realizzarne l’utopia ed i programmi. (1)
*Segretario Generale Intercultura
L’ATTIVITÁ
AFS Intercultura è oggi la più grande organizzazione mondiale di volontariato per gli scambi fra studenti delle scuole superiori; è un'associazione non governativa, no profit, apolitica e aconfessionale. In Italia viene fondata nel 1955 ed è nota come AFS Intercultura. Conta sull'adesione di 3000 volontari operanti in 106 centri sull'intero territorio nazionale e su 25 professionisti nelle sedi di Roma, Colle di Val d'Elsa. Intercultura seleziona, destina e accompagna in 40 Paesi esteri circa 1400 studenti italiani l'anno, tra cui 30 classi intere. Nello stesso periodo ospita in Italia 1200 studenti provenienti da tutto il mondo. Ogni anno mette a disposizione dei giovani italiani 400 borse di studio offerte dall'associazione stessa e da aziende italiane ed estere che credono nel valore di quest'esperienza e nella mission finale dell'organizzazione: realizzare un futuro di pace.
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