Anno 2 - N. 4 / 2003
LA CRIPTA DIMENTICATA: SANT’ EUSEBIO PAVIA
La cripta è la sola parte superstite di una basilica dedicata, in origine, al culto cattolico, al santo, fermo avversario dell’eresia ariana. Probabilmente subì un radicale mutamento sotto il regno del re longobardo Autari (584-590) accanito seguace dell’arianesimo
di Giuseppina Fiandaca Giovanelli
Vista prospettica di una proposta di restauro della cripta di Sant'Eusebio
Nella sua lunga storia questa cripta è da annoverare tra i tanti esempi di “abbandono” di monumenti del nostro patrimonio storico-artistico.
La cripta è la sola parte superstite di una basilica di cui purtroppo non rimane quasi traccia. La fondazione della basilica si fa risalire ad un’epoca anteriore alla dominazione longobarda.
Secondo lo storico dei Longobardi, Paolo Diacono, esisteva già al tempo del regno del re longobardo Rotari (636-652) ed era dedicata al culto ariano. La basilica, in origine dedicata al culto cattolico, probabilmente subì un radicale mutamento sotto il regno del re longobardo Autari (584-590) accanito seguace dell’arianesimo. Sempre secondo Paolo Diacono verso la fine del regno di Rotari, il vescovo ariano di Pavia, Anastasio, si convertì alla fede cattolica e più tardi divenne vescovo di Pavia e alla sua morte, nel 681, fu venerato come santo.
Dopo questo fatto la basilica di S. Eusebio (il nome è quello del Santo fermo avversario dell’eresia ariana) fu riconsacrata al culto cattolico, ma a ricordo delle sue origini eretiche, si tramanda che per molti secoli ebbe una sola campana.
Non sappiamo quale fosse in origine la pianta dell’edificio, ma si può supporre che ripetesse lo schema basilicale: tre navate di notevole lunghezza scompartite da otto grandi colonne marmoree. L’edificio iniziale non comportava una cripta o meglio una struttura simile a quella che ci è pervenuta. Sotto il Presbiterio si veneravano le tombe di S. Sinforosa e dei suoi sette figli martiri. Dopo il terremoto del 1117 (?) anche la basilica di S. Eusebio, come tante altre di Pavia, dovette avere una parziale ricostruzione. Secondo Giovanni Teresio Rivoira (“Le origini dell’architettura lombarda”, Hoepli, 1908) ciò sarebbe confermato dalle volte a sesto rialzato della cripta che era sottoposta e inscritta nell’abside semicircolare della basilica. La basilica, in seguito, fu restaurata nei primi anni del 1600. A quel restauro si deve la scoperta di una tomba longobarda contenente la salma di un vescovo rivestito di ricchi paramenti. Nel 1700 fu demolita (forse perché fatiscente) e integralmente ricostruita ma con scarso valore artistico. La cripta fu risparmiata.
Nel 1805-1806 la basilica fu soppressa come parrocchia (epoca Napoleonica) e trasformata in sala per gli ammalati contagiosi del vicino Ospedale S. Matteo.
Nel 1923 fu interamente demolita e si completò purtroppo la distruzione del quartiere circostante che manteneva ancora qualche connotato medioevale. In quell’anno furono scoperte numerose tombe, forse longobarde, disposte lungo il perimetro esterno dell’abside della cripta. Nel 1933 fu sistemata la Piazza Leonardo da Vinci e realizzato un giardinetto. La cripta, l’unica parte superstite, fu ricoperta con un terrapieno. Fu proprio la copertura a giardinetto a causare, impregnando i muri di umidità, la distruzione di alcuni affreschi e a rendere necessario nel restauro del 1968 l’eliminazione del terrapieno. La cripta fu letteralmente restituita alla luce, dopo più di 30 anni.
Interessante è la constatazione che la chiusura rettilinea della cripta con cui i semipilastri semiottagonali fanno corpo, si distingue nettamente per materiali e modanature dell’emiciclo absidale. Un tracciato absidale quindi più antico, forse coevo ad alcuni capitelli di gusto barbarico (VI - VII sec. ?). La datazione della cripta, in realtà, è complessa e da parte degli storici dell’arte ci sono pareri contrastanti.
Il Chierici ha evidenziato la stretta analogia costruttiva della cupola della cripta con strutture paleocristiane, come la cupola del battistero di Nocera Inferiore e del battistero di Frejus, e opta per una cronologia unitaria del VII secolo. Il Cecchelli addirittura opta per la fine del VI secolo.
Mentre per il Balducci la cripta appartiene al VIII sec. (solo la finestrella verso nord-est è d’epoca più tarda), in quanto non esistono prove dell’esistenza di cripte prima del sec. VII, se si esclude la cripta di Jonarre in Francia. Edoardo Arslan (“Studi di archeologia e storia dell’arte antica”, edizioni Ceschina, 1956) è propenso ad una datazione dell’XI sec., in linea con il Rivoira, da assegnare alla struttura ad oratorio con volte della cripta ed ha fornito un circostanziato esame della decorazione ad affreschi pensando al XII e XIII sec., cioè d’epoca posteriore agli affreschi che decorano la cripta di S. Giovanni Domnarum a Pavia. Sempre secondo l’Arslan, converrà riconoscere in un affresco di S. Nazaro a Milano (Cristo e la Maddalena) sulla parete sinistra della navata, l’opera più vicina a questi dipinti, anche se di epoca alquanto più tarda. Gli affreschi prima del restauro del 1968 erano in pessime condizioni, impregnati di una pericolosa umidità. Una volta liberata la cripta dal soprastante terrapieno essi poterono respirare e perdere gran parte dell’umidità. In seguito si intervenne al loro recupero, mediante distacco della superficie pittorica poi rivoltata sulla tela. Il lavoro fu affidato al restauratore Della Rotta, seguito costantemente dalla Sopraintendenza ai Monumenti.
Le pitture, che ricoprono sia le volte che le pareti, dopo il restauro sono state ricollocate al loro posto perché, pur frammentarie e a volte prive di colore, sono strettamente connesse all’ordito architettonico. Questa aderenza alla struttura costituisce un raro esempio di integrale rivestimento pittorico medioevale e conferma la teoria del Rivoira, secondo il quale la cripta di S. Eusebio è uno dei monumenti prelombardi più importanti.
Piazza Leonardo da Vinci. La cripta di sant'Eusebio prima del restauro e dello scavo del 1968. Dalla piazza si accedeva alla cripta con una scaletta a chiocciola (restauro degli anni 20 - 30). Dai disegni eseguiti nel 1926 da Hermes Balducci appare chiaramente che fino a quell'anno la cripta non era ricoperta dalla terra. Con il restauro del 1933 fu sistemato nella piazza un giardinetto che copriva la cripta. In piazza Leonardo da Vinci, oltre alla cripta, di notevole interesse troviamo l'Università (secoli XIV - XV), che in seguito ha assorbito: l'Ospedale S. Matteo (XV secolo) ed il Monastero del Liano; Palazzo Del Maino (XVIII secolo); tre torri medioevali, superstiti delle oltre cento torri che un tempo si ergevano a Pavia; e altre quattro torri parzialmente conservate si trovano nei pressi della piazza.
Volte della cripta. In esse si trovano interessanti affreschi (restaurati nel 1968). Ogni vela è occupata da una figurazione di santi con aureola che richiama i mosaici bizantini. La campata più vicina al colmo dell'abside presenta i busti dei quattro evangelisti tratteggiati in maniera più morbida (simili agli affreschi del XII secolo che decorano l'interno della Basilica di San Pietro al Monte sopra Civate). Anche i capitelli erano dipinti con fogliame, le pareti a specchiatura di finto marmo e i sottarchi con motivi consueti negli affreschi medioevali: i finti ovuli, i triangoli contenenti foglie, le crocette a forma di croce di Sant'Andrea. Durante i restauri del 1968 vennero alla luce tracce di un affresco rappresentante la Vergine con il Bambino, la cui tecnica esecutiva lascia dubbi circa la datazione, forse più tarda rispetto agli altri affreschi.
Planimetria, pianta, sezioni e vista prospettica di una proposta di restauro della cripta di Sant'Eusebio, studiata dall'architetto Giuseppina Fiandaca Giovanelli, autore dell'articolo. Attualmente si pone il problema di una revisione del restauro del 1968 e di un nuovo progetto di sistemazione e valorizzazione della cripta, che tra l'altro è ben inserita nella Piazza Leonardo da Vinci. Occorre far percepire la presenza della cripta, renderla accessibile e ridarle la sua atmosfera evocativa di antiche vicende. Si propone la realizzazione di una trincea: uno spazio libero, a quota leggermente inferiore al pavimento della cripta, che consenta con un percorso tutto attorno, la vista delle murature esterne e la visita dell'interno della cripta stessa. La trincea, che per una corretta visuale, sarà di larghezza uguale all'altezza dei muri esterni della cripta, sarà delimitata da un muro di calcestruzzo grezzo. Una scala con gradini e ripiani in lastre di beola scenderà dalla quota della piazza a quella della trincea. La sistemazione della copertura della cripta riveste particolare importanza, in quanto deve proteggere il monumento senza danneggiarlo esteticamente. La soluzione proposta è una copertura con uno strato di terriccio seminato ad erba (tra l'altro isola dal caldo e dal freddo), sopra un'accuratissima impermeabilizzazione. Le murature esterne saranno protette dalle intemperie con impregnati idrorepellenti che lasciano intatto l'aspetto della pietra e dei mattoni. All'interno occorre mantenere una buona aerazione con un impianto per il controllo dell'umidità ed un'adeguata illuminazione.
Vista della cripta di Sant'Eusebio dopo il restauro del 1968.
A causa della copertura in terra per realizzare il giardinetto nel 1933, i muri della Cripta si impregnarono di umidità, alcuni affreschi si deteriorarono, altri andarono distrutti. Si rese necessario l'eliminazione del terrapieno, il risanamento delle murature, il restauro degli affreschi rimasti. Tuttavia la sistemazione attuale con quella "tettoia", sotto l'aspetto ambientale, non è ottimale, e non evidenzia l'importanza storica della cripta.
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