Anno 11 - N. 31/ 2012
Il caffè delle Muse
Roberto Marelli
di Francesco Piscitello
Roberto Marelli
C’è un grande fiume, in Africa, che si chiama Okawango. Nasce in Angola, attraversa per un piccolo tratto la Namibia e poi, giunto in Botswana, si sfiocca in decine e decine di rami che formano un vastissimo delta interno: quando giungono al limitare del deserto del Kalahari tutti questi rami scompaiono alla vista, diventano carsici, e il fiume non avrà una foce. Nella lingua delle popolazioni insediate sulle sponde del delta, Okawango vuol dire “fiume che non trova il mare”.
Anche la milanesità – tradizioni, filosofia, linguaggio, antropologia – sembra scomparire, sepolta dal cambiamento sotto cumuli di novità ma anche di detriti, senza lasciare se non poche labili tracce.
Qualcuno però segue quelle tracce: è Roberto Marelli.
Roberto Marelli è un attore bilingue, italiano e milanese. Ha lavorato con Florestano Vancini, Giuseppe Patroni Griffi, Pasquale Festa Campanile, Giorgio Strehler (El nost Milan); autore, in RAI, del “Lunario Lombardo”; primattore e autore nella compagnia milanese diretta da Carletto Colombo del teatro Gerolamo; è l’amico Arturo di Casa Vianello a Mediaset; compagno di scena di Peppino De Filippo e di Tino Scotti. Cos’altro ancora? Ah, il cinema: La mano sul fucile, Il delitto Matteotti, Clandestini nella città... Mi tocca fermarmi qui: il suo curriculum è più lungo del mio spazio. Ma non posso tralasciare il ruolo di Meneghino in tre edizioni del carnevale ambrosiano. E l’Ambrogino d’oro del quale è insignito. E le altre, numerose pubblicazioni di argomento milanese.
Ma adesso basta davvero. Il poco spazio che ancora mi resta è per l’ultima creatura: Porta Ticinese oh cara (Graphot edit., € 20; Prefazione di Pier Luigi Amietta). Per tutte le 191 pagine del volume Marelli ti conduce per mano in lungo e in largo nella parte più antica, tra via della Palla e piazza XXIV maggio, di un quartiere simbolo della città, porta Ticinese. Ti racconta dei luoghi, delle case, delle strade, la loro storia e la storia dei loro nomi; ti racconta fatti inediti e raddrizza la storia di quelli noti, come quello della Rosetta di piazza Vetra – sulla quale ha condotto una ricerca anche Leonardo Sciascia – che non era una fille de joie meneghina, come si crede, ma una cantante, Elvira Rosa Ottorina Andrezzi, e non di ultima fila: aveva esordito nel 1913 al teatro San Martino, il primo a presentare il cabaret in Italia, dove si erano esibiti anche Mistinguette, Anna Fougez, Petrolini. C’è la storia del nano Bagonghi, della statua di Costantino che si è inaugurata da sola, della fiera di Sinigaglia, delle osterie di porta Ticinese.
Come l’Okawango che c’è ancora quando non c’è più e continua ad essere sotterranea fonte di vita alimentando le radici degli arbusti del Kalahari, che a lor volta nutrono una fauna la quale diventa poi cibo per i cacciatori Khoisan, Porta Ticinese oh cara è l’acqua con la quale Marelli inumidisce, con sapienza ma anche con commozione, le profondità del terreno dove le nostre radici affondano nella memoria e cercano l’emozione che tiene in vita l’affetto per questa città meno amata di quanto merita.
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