Anno 10 - N. 29/ 2011


Dante nel VI Canto del Paradiso “rievoca le gesta compiute “DALL’UCCEL DI DIO” per bocca dell’Imperatore Giustiniano, erede al trono di Costantinopoli da quando Costantino aveva trasferito la capitale

L’AQUILA

.La Luce della Conoscenza

di Testo di Rosanna Veronesi - Fotografie di Giovanna Dal Magro (*)




Dante nel VI Canto del Paradiso “rievoca le gesta compiute “DALL’UCCEL DI DIO” per bocca dell’Imperatore Giustiniano, erede al trono di Costantinopoli da quando Costantino aveva trasferito la capitale.
Testo di Rosanna Veronesi - Fotografie di Giovanna Dal Magro (*)
Moltissime sono le immagini che evocano lo splendido volo dell’Aquila e ancora altre, sono le attribuzioni che fin dai tempi più antichi le vengono date, in quanto la stessa riveste un ruolo di grande rilievo nella storia della simbologia europea e di tantissimi altri Paesi.
Nella mitologia greca si afferma che la vittoria di Giove, contro Saturno e Kronos, avvenne grazie all’aiuto dell’Aquila”; conseguentemente al Sacro Uccello venne conferita una connotazione di immortalità che le consente di superare i limiti del vivere temporale e di svettare verso l’eterno. Inoltre al tempo stesso, si affermava che l’aquila fosse l’unico animale capace di fissare il sole e che quindi avesse la capacità di assimilare la luce della conoscenza.
Nella tradizione Indù, “ Agni “ che è la personificazione del fuoco sotto forma di aquila, strappa un ramo dell’albero cosmico, ma viene colpito e, dalle sue piume cadute al suolo, sorge un seme che darà vita alla pianta che produrrà “la soma terrestre”.
Nella tradizione iraniana l’aquila è l’incarnazione della “gloria” nel potere reale dell’atto che scende sui sovrani e sui capi, rendendoli partecipi all’immortalità e a testimonianza della Vittoria. Il Mito si riferisce che lo stesso, sotto forma di rapace, dipartì dal re Yima, allorché questi si contaminò con una menzogna, e che quindi il Mito stesso non sopportò “lesioni di etica virile”.
Nel mito di Prometeo l’aquila è la messaggera e l’esecutrice del volere di Zeus, che come è noto, ogni notte torna a rodere gli organi vitali del titano ribelle, e poiché la vita ogni giorno aveva il sopravvento, il fegato e gli altri organi tornavano a ricrescere, dimostrando quanto immenso fosse il potere dell’energia spirituale che la stessa sapeva infondere.
Viene così confermato, secondo la più antica visione della vita, che l’immortalità è qualcosa di superiore e non la semplice sopravvivenza alla morte. È un eroico atto di coscienza divina, ed è anche, secondo la tradizione egizia, che solo una parte dell’essere umano è destinata all’esistenza eterna celeste.
Nell’antica Roma l’aquila venne consacrata come insegna militare della legione negli ultimi anni del II sec. a.C. trovarono conferma di grandiosità nelle vittorie di Caio Mario contro i Cimbri e i Teutoni e il trionfo venne sigillato dall’aquila, unica insegna portata in battaglia. La vittoria fu così immensa da riconfermare la carica di Console allo stesso Caio Mario.
In tale epoca era anche usanza che Il corpo dell’Imperatore morto venisse racchiuso in una bara coperta di porpora e trainato da una lettiga d’oro e d’avorio per essere deposto nei pressi di Campo di Marte sopra una pira, circondata da numerosi sacerdoti. Dato fuoco alla pira, un’aquila si liberava in volo dalle fiamme e in quell’istante, si pensava che l’anima del morto volasse verso le regioni celesti, per essere inclusa fra gli dei dell’Olimpo.
Successivamente con Carlo Magno l’Aquila divenne simbolo del Sacro Romano Impero e poi, nell’epoca medievale, ricoprì un altissimo ruolo simbolico. Diventando l’emblema dell’Impero che realizza le sue conquiste sotto la protezione di Dio.
Con la divisione dell’Impero in due parti, decretata dall’imperatore romano Teodosio per i suoi figli: Arcadio per l’Oriente e Onorio per l’Occidente, l’aquila romana da quel momento fu raffigurata con un unico corpo a due teste e come ancora ora si può ammirare attraverso gli stemmi che si rifanno all’impero romano.
Dante nel VI Canto del Paradiso “rievoca le gesta compiute “DALL’UCCEL DI DIO” per bocca dell’Imperatore Giustiniano, erede al trono di Costantinopoli da quando Costantino aveva trasferito la capitale.
Giustiniano è per volontà Superiore il legittimo depositario di giustizia, di cui l’aquila è il divino segno e che esercita la propria funzione temporale in accordo con il magistero spirituale della Chiesa, intenta a sua volta al raggiungimento dei superiori fini morali e civili stabiliti direttamente da Dio.
La valorizzazione dell’aquila viene data dalla Chiesa cattolica, poiché essa era il simbolo di San Giovanni, il quale era ritenuto il più spirituale tra evangelisti.
La strumentalizzazione nel corso della storia ha visto talvolta, questo rapace, come un’immagine negativa, in quanto utilizzata dagli stati totalitari che volevano emulare la forza di Roma e che devastarono l’Europa del Novecento, e ci riferiamo ai due noti esponenti: Hitler e Mussolini.
Oggi è ripresa come simbolo di fierezza, nobiltà, divinità e orgoglio da alcuni stati che l’hanno inclusa nella loro bandiera “ Kazakistan e Albania” o anche per società o aziende, naturalmente senza dimenticare che è l’orgoglio dell’Arma Aeronautica Militare Italiana.
L’animale è Sacro, la sua forza e la sua luce suprema, assumono talvolta una immane tragica. La stessa forza che è stata fatta sua, diviene il principio del suo tormento e del suo castigo; così come ci viene proposto dai moderni esponenti della dottrina del superuomo ossessionato e vittima della medesima idea (vedi Nietzsche o gli eroi dei romanzi di Dostojewskij).

(*) Tutte le immagini relative al testo sull’aquila, fotografate da Giovanna Dal Magro, sono state riprese tra gli antichi palazzi e le insegne di Innsbruck (Austria).