Anno 10 - N. 29/ 2011
BERNARDINO RAMAZZINI
STORIA DELLA MEDICINA
FONDAZIONE DELLA MEDICINA DEL LAVORO
Il De morbis artificum diatriba è la prima raccolta sistematica di osservazioni sulla relazione tra attività lavorativa e insorgenza di fatti morbosi.
di Francesco Piscitello
Le monache non dovrebbero cibarsi di legumi, suggerisce Bernardino Ramazzini (Carpi, 1633 - Padova, 1714): la flatulenza che ne consegue può suggerire alla mente immagini peccaminosamente erotiche.Per fortuna il lascito scientifico del medico modenese non si limita a questa curiosa prescrizione ma si estende, con grande acuzie di osservazioni, a vasti capitoli dello scibile sanitario e non: tra questi, soprattutto, quelli relativi alle malattie legate alle attività professionali, tanto da essere universalmente riconosciuto come il fondatore della medicina del lavoro.
LA VITA E L’OPERA
Quando, nel 1671, dodici anni dopo la laurea a Parma e dopo aver esercitato la medicina come medico comunale nel viterbese e come libero professionista a Carpi, si trasferì a Modena, Ramazzini fu subito coinvolto in una serie di controversie professionali in cui venivano poste in discussione alcune delle sue diagnosi. Le eleganti e argomentate autodifese scritte valsero a conservargli la reputazione professionale non solo della cittadinanza ma anche dei signori della città, gli estensi, tanto da essere nominato, quando nel 1682 fu inaugurata l’università di Modena dal suo fondatore Francesco II d’Este, professore di medicina teorica, l’equivalente della nostra patologia generale.
Le opere di questo periodo riguardano soprattutto le vicende climatiche e meteorologiche e il loro rapporto con la patologia: le numerose osservazioni durante e dopo le piogge e le inondazioni del 1690 sono raccolte nel De constitutione anni 1690 al quale seguirono, nel 1695, le Ephemerides barometricae, una raccolta di dati barometrici effettuati quotidianamente. Il plauso di Leibniz, che aveva conosciuto durante una visita di questi a Modena, lo indusse ad approfondire il tema studiando temperatura e pressione a varie profondità nei pozzi artesiani di Modena (De fontium mutinensium scaturigine). Nello stesso periodo apportò significativi perfezionamenti al barometro di Torricelli(1) .
La fama del suo lavoro e della sua competenza lo portò alla prestigiosa università di Padova, dove nel 1700 ottenne la seconda cattedra di medicina pratica e, nel 1709, la cattedra principale.
Colpito da cecità cinque anni prima della morte non desistette per questo dagli studi e dall’insegnamento(2).
IL DE MORBIS ARTIFICUM DIATRIBA
Il De morbis artificum - la prima edizione modenese è del 1700; la seconda, ampliata, è di Padova, pubblicata nel 1713, un anno prima della morte - contiene il materiale raccolto in gran parte a Modena, diviso in 52 capitoli, tanti quante sono le categorie professionali prese in considerazione, dai minatori alle balie, dai pescatori ai notai, dalle lavandaie ai pulitori di pozzi neri. L’elenco delle osservazioni è impressionante per la quantità e l’accuratezza, oltre che per la saggezza dei suggerimenti.
Descrive le intossicazioni da mercurio nei “chirurghi unguentari” che spalmano pomate mercuriali sulla cute dei sifilitici e suggerisce, a loro protezione, che sia il malato stesso a spalmarsi l’unguento. Prescrive ai pulitori di latrine di servirsi di maschere durante l’attività. Intuisce l’esistenza della silicosi e delle pneumoconiosi da inalazione di polveri nei marmisti e nei minatori. Descrive il quadro clinico dell’asma allergico dei panettieri, riferendolo ad animali invisibili (oggi identificabili in varietà di acari)(3). Riconosce perfino il cancro dello scroto degli spazzacamini e le lesioni oculari dei fabbri.
Ma il merito di Ramazzini e della sua opera non è soltanto scientifico. Lo studioso modenese preconizza, con oltre un secolo di anticipo, misure legali di tutela sociale: orari di lavoro più umani, condizioni ambientali salubri, tutela delle lavoratrici madri, prevenzione degli infortuni sul lavoro(4).
IL VALORE DELL’OPERA DEL RAMAZZINI
L’attenzione all’attività lavorativa come fonte di patologia non era nuova nella medicina, a partire dagli stessi Ippocrate e Galeno per arrivare agli Arabi e allo stesso Paracelso: quest’ultimo anzi, nel De morbis metallicis tratta specificamente dei minatori e delle malattie da lui ritenute legate all’esposizione a taluni metalli. Nessuno però di tutti questi autori (e di moltissimi altri) ebbe mai l’intenzione di operare una ricognizione sistematica, il più possibile completa, delle affezioni morbose specificamente correlate con questa o quell’attività, accompagnata dallo studio dei meccanismi patogenetici, dalla descrizione clinica, dai rimedi e dalle norme di prevenzione, spingendosi fino a concepire dispositivi legali a tutela degli artifices.
Questa circostanza vale a far considerare il Ramazzini, senza riserve, il fondatore della medicina del lavoro, una disciplina che, a partire dalla sua opera, viene sottratta all’appartenenza generica alla medicina generale per affermarsi con dignità di disciplina autonoma.
UN VANTAGGIO DELLA POVERTÀ
Ramazzini era dell’opinione che il povero, in genere, è curato meglio del ricco; al capezzale di quest’ultimo, infatti, si alternava spesso una moltitudine di medici, non di rado in disaccordo tra loro, usi a prescrivere terapie multiformi ed un eccesso di salassi. Il povero invece, che anche quando poteva permettersi un’assistenza professionale non era in grado di ricorrere a più d’un medico e a rimedi complicati, con tutto vantaggio.
Più di due secoli dopo Osler avrebbe dichiarato che, se un paziente continuava a non star bene nonostante le cure, non cercava quale altro farmaco prescrivergli bensì quale togliergli di quelli già in atto.
I SALAMI DI MODENA
La prosa latina di Ramazzini è colta ed elegante. Ma l’autore del De morbis artificum si rivela anche poeta dotato di una vena ironica - anzi autoironica - nei versi che aprono il testo, dove sostiene che le pagine del libro avrebbero convenientemente potuto avvolgere i salami nei negozi di Modena(*).
(*)Palmer R: op. cit.
UN MEDICO RIGOROSO E METODICO
“Vi è nel suo modo di ragionare e nella forma del suo insegnamento - scrive il Castiglioni - una chiarezza di vedute, una logica stringente e serrata che conduce il lettore per una via diritta e sicura ad esaminare dapprima le forme morbose nei loro sintomi e nelle loro alterazioni patologiche, quindi a ricercare oggettivamente ed esperimentalmente, senza lasciarsi trarre in inganno da preconcetti né da falsi giudizi, le cause oggettive, per giungere poi al medesimo sistema di logica deduzione a prescrivere i rimedi”(*) .
(*)Castiglioni A.: op. cit.
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