Anno 9 - N. 26/ 2010
OGGI come IERI
Dietro al breakfast
petit déjuner, desayuno, dorucak, fruhstuck, café da manhã
Iniziare la giornata con un pasto contribuisce, migliorando la distribuzione calorica quotidiana, ad un più efficace senso di sazietà che protrae [...]
di Ambra Morelli
Superata la lunga notte fatta di svariate ore di digiuno, dovrebbe essere consequenziale il bisogno, o quantomeno l’opportunità, della prima colazione, di nutrirsi quindi per avere la necessaria energia ad affrontare la nuova giornata di impegni.
Chiamare “colazione” il primo pasto della giornata non aiuta a considerarne la sua importanza, nel significato originario del nome infatti nulla ricorda questa esigenza. L’etimologia della parola italiana “colazione” è curiosa, ha origine dal latino “collatio” che può essere intesa come il portare insieme più cibi, probabilmente non riferito alla numerosità delle portate ma all’usanza dei monaci di consumare in comunità una refezione al mattino dopo la riunione serale.
Parrebbe più immediata l’idea del ristoro necessario dopo il lungo digiuno notturno, indagando le abitudini linguistiche di altri popoli: l’inglese “breakfast”, il francese “petit déjuner”, lo spagnolo “desayuno”e il portoghese “café da manhã” fanno riferimento all’interruzione dell’astinenza, mentre il croato “dorucak” e il tedesco “Frühstück” si riferiscono a qualcosa che si mangia presto o che comunque arriva prima del pranzo.
Iniziare la giornata con un pasto contribuisce, migliorando la distribuzione calorica quotidiana, ad un più efficace senso di sazietà che protrae i suoi effetti lungo tutta la giornata con conseguente riduzione delle assunzioni alimentari globali, corrispondente ad un più efficiente funzionamento metabolico con calo della probabilità di sviluppare l’obesità, ad un migliore e duraturo livello di concentrazione mentale, quindi ad una migliore resa nello studio e nel lavoro, ed in ultimo, ad una maggiore serenità.
Cavalcando le motivazioni di un miglioramento delle abilità cognitive, si attesta in prima linea, come tendenza a livello internazionale degli ultimi tempi, il “business breakfast” dei top manager, vale a dire la prima colazione consumata con il proprio staff prima di iniziare l’attività lavorativa come occasione per fare un “brain storming” discutendo d’affari in una situazione rilassante ma contemporaneamente stimolante.
Benché l’importanza della prima colazione sia sempre più sottolineata dal mondo scientifico con precisi e chiari concetti scanditi da linee guida nazionali ed internazionali, essa è, invece, considerata comunemente un optional se non una “perdita di tempo, un lusso che non ci si può permettere altro che in vacanza”. La convinzione della comunità scientifica che l’abitudine alla prima colazione sia il primo passo verso il mantenimento, o raggiungimento, di uno stato di salute, ha spinto persino il Parlamento Europeo a lanciare nel 2008 la campagna a favore della prima colazione “Breakfast is best”.
Ma nonostante la popolazione tenda a diventare sempre più in sovrappeso, il primo pasto della giornata è sempre più dimenticato a favore di un pranzo inconsistente, se non addirittura inesistente, e di una cena abbondante e ricca di alimenti fortemente concentrati di nutrienti ed energia.
Anche in tempi remoti la prima colazione era considerata uno dei pasti principali della giornata: esistevano abitudini differenti tra le varie popolazioni anche se la base comune era la presenza di cereali. Gli etruschi consumavano un piatto composto da latte, frumento e farro. I Greci comprendevano nel loro primo pasto del mattino gallette di cereali cotte sotto la cenere, vino, olive e fichi secchi e a volte legumi bolliti. La prima colazione dei Romani, jentaculum, aveva diverse varianti: pane, formaggio, olive, frutta secca e miele nonché latte e vino e per i bambini erano anche previsti biscotti o piccoli dolci. Per i più poveri lo jentaculum era invece composto semplicemente da pane bagnato nel latte e vino annacquato. I Cristiani posero qualche problema nel consumare un pasto di prima mattina e si iniziò a perderne l’abitudine, modalità che proseguì nel medioevo quando veniva reputato sconveniente sia dal punto di vista del medico, che suggeriva sempre sobrietà nelle assunzioni alimentari e limitate solo alla sensazione di fame, sia dal punto di vista morale perché considerata concessione dissoluta, quasi un peccato, dalla rigida moralità medioevale. Unici giustificati al ristoro alimentare mattutino erano il contadino e l’artigiano visto che li attendeva la fatica del lavoro. Del resto per l’aristocratico che poteva nutrirsi solo di qualcosa di adatto al suo rango, sarebbe stato un problema mangiare al mattino, infatti doveva aspettare che le cucine approntassero dei cibi adeguati al suo status e questo, vista la complessità delle varie preparazioni, richiedeva un bel po’ di tempo che si protraeva, in realtà, dal mattino fino all’ora del pranzo. È dal ‘700 che ritorna in gran voga la prima colazione, naturalmente tra la gente patrizia che considerava questa nuova moda molto sofisticata. Veniva servita, a volte, direttamente in camera da letto o in salotti attigui appositamente destinati, e composta da bevande calde e biscotti: continua ad essere vista come una raffinatezza anche tra la facoltosa borghesia dell’800.
La gente comune usava meno provvedere a questo pasto di prima mattina ma, eventualmente, gli si destinavano gli avanzi del giorno prima oppure si consumavano brodi, zuppe altrimenti pane e fichi come succedeva nelle regioni del sud Italia.
In seguito, la tazza di caffèlatte con il pane ha unito la popolazione italiana nell’abitudine della prima colazione, mentre verso gli anni ’60 del secolo scorso si introdussero abitudini anglosassoni che allargarono le qualità di alimenti a tè, yogurt uova e marmellata, frutta fresca o spremuta e cereali in fiocchi i quali, inventati per un ristretto gruppo di avventisti del settimo giorno per soddisfare le esigenze di una dieta vegetariana molto severa, si diffusero in un successo planetario che dura da cento anni.
Rituale dell’intimità domestica fino a non molto tempo fa, oggigiorno la prima colazione è consumata eventualmente con maggior preferenza al bar quale occasione di socialità.
A meno che non si tratti del “continental breakfast” che appiattisce i gusti in un’unica rassicurante colazione standard e che si può trovare negli alberghi di tutto il mondo, la prima colazione è rappresentativa delle varie usanze e latitudini e personalizza anche questo pasto. Tipicamente nordica è la colazione composta da alimenti ricchi in grassi e calorie. In Russia, Scandinavia, Germania sono presenti oltre al tè e al caffè salsicce, uova fritte, pane scuro, aringhe, pancetta, varie qualità di porridge composti con diversi tipi di cereali.
L’Egitto preferisce sottili focacce prodotte con manioca, miglio, grano. Il Medioriente aggiunge miele, olive, pomodori, cetrioli, cipolla oltre lo yogurt. In Cina invece non si beve assolutamente latte ma tè e si consumano zuppe di cereali con aggiunta di pesce, carne o verdura, in Giappone non manca il riso a cui si associano funghi, verdure, uovo crudo e pesce, in India invece difficilmente si fa la prima colazione, eventualmente composta da zuppe di piselli o ciambelline speziate e fritte. L’America Centrale preferisce salsicce, tortillas, frutta secca, uova nonché il caffè e il cioccolato.
Ma fra tutte le tradizioni legate a questo pasto, la più intrigante e la più invogliante a consumarlo, rimane un’usanza delle tribù dell’Amazzonia ecuadoriana che bevono un infuso simile al tè prodotto con una pianta locale di uso tradizionale che, se consumata all’alba, si dice aiuti a ricordare i sogni, e questo è molto romantico, ma che proprio per questa caratteristica venga considerato molto utile per prendere le decisioni importanti della giornata: non sarà che gli indigeni amazzonici hanno già da tempo capito l’importanza della prima colazione e che in realtà il “business breakfast” l’abbiamo copiata da loro?
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