Anno 9 - N. 26/ 2010


STORIA DELLA MEDICINA

IATROCHIMICA E IATROMECCANICA

Primi passi di una medicina moderna La svolta metodologica nello studio dell’uomo: si afferma il metodo scientifico

di Francesco Piscitello



Aphorisms of Sanctorius, anno MDCCXXXII


Il secolo XVII ebbe grande importanza nella storia della medicina non soltanto per ragioni di merito - le innumerevoli osservazioni e scoperte che apportarono al sapere medico una grande messe di nuovi dati - ma anche per essere stato la culla del pensiero moderno in medicina, non meno che in altri territori della conoscenza umana.
Tra le scuole di pensiero che caratterizzano questo secolo spiccano indubbiamente la iatrochimica e la iatromeccanica, il cui stesso nome definisce la sostanza della concezione che vi è sottesa.

LA IATROCHIMICA

Di alcuni personaggi di grande statura intellettuale che si pongono alla frontiera tra due epoche è talora difficile dire se si tratti dell’ultimo grande rappresentante di un mondo che muore o del primo del mondo che nasce. Uno di questi fu senza dubbio Paracelso il quale, pur tenendo in gran conto l’astrologia della quale fu un segnalato rappresentante, la collegava però secondo precise corrispondenze con gli eventi corporei: questi ultimi, a lor volta, si svolgevano mediante la reciproca influenza di fenomeni di natura chimica. All’epoca di Paracelso, in verità, la chimica non si era ancora evoluta dall’alchimia (della quale egli era un grande esperto) ma questo non cambia le cose se si vuol dar valore all’intuizione paracelsiana dell’insieme di trasformazioni delle sostanze all’interno del corpo - pur sotto la guida degli astri - come presupposto di fenomeni fisiologici o patologici.
Al pensiero paracelsiano si riallaccia direttamente la teoria chemiatrica del belga Johannes Baptista van Helmont (Bruxelles, 1577 - Vilvorden, 1644): la malattia, secondo la sua dottrina ontologica, non è un puro e semplice squilibrio degli umori, come voleva la tradizionale dottrina umorale alla quale una concezione che si chiama iatrochimica non può che rifarsi.
Essa è piuttosto una realtà a sé stante, definita e precisa nel suo originarsi e svolgersi a seguito di trasformazioni di sostanze l’una nell’altra secondo leggi che le regolano in modo univoco, siano esse note oppure no: per conseguenza esse devono essere trattabili con rimedi specifici di natura “chimica” (le virgolette sono d’obbligo).
I meriti di van Helmont nel campo della medicina non sono però soltanto, per così dire, filosofici: per quanto riguarda la fisiologia, ad esempio, è doveroso riconoscergli il merito di aver attribuito all’azione degli acidi gastrici, e non al calore come sino ad allora ritenuto, il perno della funzione digestiva.
Il vero fondatore e principale rappresentante della iatrochimica fu però un medico tedesco-olandese, Francesco de la Böe - cognome latinizzato in Sylvius che non va confuso, tuttavia, con l’altro Sylvius: Jacques Dubois, francese, del secolo precedente) - nato in Germania nel 1614 e morto a Leida, nella cui celebre università era stato docente, nel 1672.
La concezione silviana delle funzioni corporee, fondate sui processi chimici della fermentazione e dell’”effervescenza”, è che una sorta di triumvirato (1) costituito da saliva, bile e succo pancreatico, presieda al funzionamento del corpo: la saliva compie la digestione nello stomaco, bile e succo pancreatico dividono il cibo ingerito ed elaborato nello stomaco in sangue e feci. Le ghiandole inoltre, che venivano considerate come addette alla separazione delle sostanze in utili, e dunque da conservare e utilizzare, e nocive da venire avviate all’eliminazione, sono invece interpretate come elaboratrici di umori necessari al funzionamento dell’organismo: in altre parole, ciò che noi chiamiamo ormoni.
De la Böe ebbe anche meriti anatomici: a lui si deve la descrizione del canale che unisce terzo e quarto ventricolo cerebrali (l’acquedotto di Silvio), e della scissura che divide il lobo temporale dell’encefalo dai lobi parietale e frontale, detta appunto scissura silviana.
La iatrochimica ebbe numerosi seguaci in tutta Europa: Wolfgang Wedel in Germania e Thomas Willis in Inghilterra, per citarne due fra i più importanti. In Italia invece questa concezione ebbe un seguito assai scarso.

LA IATROMECCANICA

Senza dubbio l’aver conosciuto Galileo ebbe una profonda influenza sul pensiero e sul lavoro di Santorio Santorio (Capodistria, 1561- Venezia, 1636), iniziatore dell’altra grande corrente di pensiero medico che, a fianco della iatrochimica, caratterizzò il secolo XVII: la iatromeccanica.
Persuaso dell’insufficienza dell’osservazione dei fenomeni per spiegare gli eventi che riguardano il corpo ma che ne sia altresì necessaria la misurazione, così da poter confrontare i dati con precisione, Santorio fece costruire una grande bilancia sulla quale, dopo avervi collocato il letto, il tavolo di lavoro e tutto quanto gli occorreva per la vita quotidiana, trascorreva spesso lunghi periodi, prendendo accurate misure delle variazioni che la bilancia gli segnalava. Si rese conto così che il peso delle urine e delle feci che produceva era significativamente minore (di cinque ottavi in media, per l’esattezza) del peso del cibo e dell’acqua che ingeriva, mentre al tempo stesso la bilancia non registrava alcun aumento del suo peso corporeo che potesse giustificare quella differenza: quei cinque ottavi che mancavano all’appello dovevano essere stati eliminati dal corpo attraverso modalità non direttamente osservabili.
Già Galeno, nel II secolo, aveva intuito l’esistenza di una diapnoe, una sorta di respirazione che avverrebbe attraverso la cute in forma di finissimo vapore, un’idea che Santorio rispolverò per giustificare le sue osservazioni. Quella che aveva chiamato perspiratio insensibilis e di cui aveva determinato il peso altro non era che il vapor d’acqua che accompagna l’espirazione - quello che appanna il vetro freddo se vi alitiamo sopra - al quale si sommava il sudore che evapora a nostra insaputa.
L’importanza di attribuire un valore numerico esattamente determinato alle grandezze che, sia come ricercatore che come medico, andava osservando lo spinse ad applicare alla medicina strumenti già noti alla fisica come il primitivo termoscopio (che, da lui dotato di una scala che permetteva di quantificare la misurazione, divenne un vero termometro), mentre altri inventò ingegnosamente: ad esempio il pulsilogio, uno strumento dotato di pendolo che - in un tempo in cui non si disponeva di cronometri contasecondi - consentiva di determinare con esattezza quantitativa la frequenza del polso.
L’opera fondamentale di Santorio, che riporta le sue sperimentazioni e il suo pensiero - il De statica medicina - fu pubblicata nel 1614 mentre era professore di medicina teorica a Padova ed ebbe grande risonanza in tutta Europa.
Un’altra figura di grande spicco nella concezione meccanica dei fenomeni vitali fu Giovanni Alfonso Borelli (Napoli, 1608 - Roma, 1679). Matematico e fisico, fu allievo di Galileo e compagno di studi di Evangelista Torricelli; cattedratico di matematica a Pisa, ebbe tra gli allievi Marcello Malpighi; studioso di astronomia, tentò di determinare il moto dei satelliti di Giove appena scoperti da Galileo. Fisico versatile, fece numerose osservazioni sul moto e sulla gravità, sulle oscillazioni del pendolo, sulla pompa a sifone, sull’esperimento di Torricelli (2).
Nel suo De motu animalium, opera pubblicata postuma nel 1680-81 grazie all’appoggio finanziario di Cristina di Svezia, in esilio a Roma e sua grande protettrice, espone i risultati dei suoi studi accuratissimi sulla meccanica dei muscoli, animati dall’azione dei nervi. Da questo punto di vista, il corpo è davvero una macchina, un concetto che Borrelli però estende a tutti gli altri organi e alla loro funzione in modo, tutto sommato, abbastanza gratuito, come per persuasione ideologica più che per convincenti verifiche. Ma questo è un fatto tutt’altro che raro e non soltanto nella ricerca medica.

Iatrochimica,
iatromeccanica e
modernizzazione
del pensiero medico

La storia del pensiero, sia esso medico o di altro genere, non segue un percorso rettilineo. Non di rado, nel cuore stesso di un processo innovativo e talora nell’opera dello stesso studioso, rivoluzionarie intuizioni non vanno disgiunte da un’ostinata, incredibile persistenza di concezioni di cui ci si attenderebbe la definitiva obsolescenza e talvolta si vede l’idea superstiziosa accompagnarsi all’affermazione rigorosamente fondata. Van Helmont ad esempio, che conduce accurati studi sui gas - parola di suo conio derivata dal caos paracelsiano (3) - tanto da scoprirne alcuni (4) e distingue e descrive per primo l’acido carbonico (5), è ancora legato ad un pensiero magico-religioso che gli fa considerare gli stessi minerali come entità viventi provviste di anima.
Merito principale della iatrochimica e della iatromeccanica è quello di aver sottoposto lo studio del funzionamento dell’organismo, in condizioni normali o patologiche, alla logica galileiana che vuole le affermazioni essere supportate da rigorosa sperimentazione: anche se nel merito molte conclusioni di quegli studi possono essere discutibili, il metodo comincia ad assumere l’importanza che continua ad avere ai giorni nostri.
Il cammino, tuttavia, non è stato facile: personalità di grande spessore come Georg Ernst Stahl (1660 - 1734) o il suo grande avversario Friedrich Hoffmann (1660 - 1742) reintrodussero l’anima come attore primario nella regolazione dei processi vitali, sebbene quest’ultimo non cessi di parlare di meccanicismo. Il meccanicismo hoffmanniano è però espressione non della comune meccanica studiata dai fisici ma da una sconosciuta “meccanica sublime” (6): in altre parole, un meccanicismo animista.
Molte concezioni scientifiche, in medicina o altrove, hanno non di rado un loro ciclo di vita e tramontano poi per obsolescenza, cedendo il posto a nuove forme di pensiero. Non così si può dire, però, della iatrochimica e della iatromeccanica che conservano il loro valore anche nel nostro tempo nel quale la concezione fisico-chimica dei processi che riguardano la sostanza vivente non è più oggetto di discussione.

Una scabbia provvidenziale
Nel raccogliere il guanto di una signora e porgerlo galantemente alla proprietaria, van Helmont contrasse la scabbia dalla quale la gentildonna era affetta (*). Secondo le prescrizioni di Galeno la scabbia, effetto di uno stato salino del flegma oltre che di combustione della bile, andava trattata col salasso e van Helmont vi ricorse generosamente. Senza risultati apprezzabili, purtroppo. Il successo terapeutico arrise invece ai rimedi paracelsiani successivamente impiegati e determinò la svolta scientifica del medico belga.

(*) L. Sterpellone: STRATIGRAFIA DI UN PASSATO, Punto e Linea, Milano - 1990.

DIDASCALIE IMMAGINI
Johannes Baptista van Helmont
Sylvius
Thomas Willis
Aphorisms of Sanctorius, anno MDCCXXXII, Sartorio

Medaglione raffigurante Giovanni Alfonso Borelli
(membro dell'Accademia del Cimento)
Matu Animalium,anno MDCCX, Borelli

Georg Ernst Stahl