Anno 9 - N. 25/ 2010


ASSENZIO

LA FATA VERDE

Un liquore che entrò nel costume, con eccesso, impulsi e spunti e che riuscì a stimolare eccentriche fantasie letterarie e d’arte

di Rosanna Veronesi - Foto Giovanna Dal Magro




Un liquore che entrò nel costume, con eccesso, impulsi e spunti e che riuscì a stimolare eccentriche fantasie letterarie e d’arte
Testo di Rosanna Veronesi - Foto Giovanna Dal Magro
Attraverso due opere, la prima di Degas, la seconda di Picasso, entrambe ritraenti la “Bevitrice d’Assenzio” rivediamo le protagoniste: donne sedute ad un tavolo del piccolo caffè; tipico luogo frequentato da artisti scrittori e componenti della peggior specie del romanzo fin de Siècle.
I capelli legati a crocchia; gli abiti fascianti e morbidi con i tratti dei visi sconvolti dall’eccesso alcolico; divennero opere, così descrittive, da far rivivere la moda e la cultura del tempo.
Altre immagini ritornano veloci alla mente, mescolandosi a luoghi e a rituali, che dettero sfondo a personaggi, in genere letterati, da tutti idolatrati come maledetti e intorno ai quali, si imponeva la bevanda di moda
“l’Assenzio o “ La fata Verde o la peggiore delle streghe”, così come la definì Verlaine nelle sue confessioni del 1891.
Un liquore che entrò nel costume, con eccesso, impulsi e spunti e che riuscì a stimolare eccentriche fantasie letterarie e d’arte.
Baudelaire, Rimbaud, Verlaine, Mallarmé, Wilde, Picasso sfilano silenziosi e, ancora, vorremmo coglierli tra la folla e la follia di quelle squallide bettole dai muri ingialliti dalla profusione di fumo delle sigarette.
Ancora presenti alle pareti sono visibili i manifesti (ideati da Toulouse Lautrec anch’egli annoverato a simbolo di eccessi), mentre l’assenzio veniva servito flambé, nell’ampio bicchiere vetroso e accompagnato dalla indispensabile zolletta di zucchero, che sciogliendosi, valorizzava al meglio le sfumature e il gusto.
Alla pianta dell’Assenzio, citata da Avicenna, come stimolante dell’appetito e, dalla Scuola Salernitana, come prevenzione per il mal di mare, venne dato il nome di Artemisia in onore ad Artemide, dea della castità, ma il nome potrebbe anche derivare da Artemisia, regina di Caria, che si afferma, per prima la assaporò.
Nel 1905 la bevanda fu bandita perché considerata tossica o velenosa, ciò dovuto alla presenza dell’olio essenziale (tuione), va comunque considerata la dipendenza all’ associazione di alcol a 75°. Attualmente, liberamente tornata di moda, con grado alcolico ridotto, ingentilita e modificata, è ritenuta meno pericolosa.
La Francia, può definirsi il luogo primario dell’assenzio.
A poca distanza dalla fortezza di Antibes, costruita dal grande Vauban (nel 1505/53) come residenza militare, in seguito abitazione della famiglia Grimaldi; dal 1928 Museo d’Arte e dal 1946 atelier di Picasso (che sedotto dalla proposta di Dor della Sauchere, ne utilizzò un’ala).
L’ABSINTHE BAR è l’unico in Europa che ancora conserva bicchieri, oggetti d’epoca. La collezione appartiene a Mr. Rosenfelder, appassionato della storia e della degustazione dell’assenzio. Un luogo e una atmosfera in cui si confondono diverse generazioni,una bevanda magica ritornata di moda.
Nel Castello d’Antibes, ora Museo Picasso, in Place Mariejol, sono conservati 23 dipinti e 44 disegni dell’artista spagnolo, oltre innumerevoli opere di artisti di fama internazionale del XX secolo, tra cui Mirò, Nicolas de Stael, Hans Hartung ecc …
Le bottiglie, gli oggetti, sono assemblati con rigore nei suggestivi spazi; i bicchieri utilizzati hanno ancora calice ampio e bordo spesso; tutto potenzialmente regolare per sovrapporre il cucchiaino forato.
Sembra proprio che il tempo non sia mai passato (manca solo il fumo delle sigarette ora proibite nei luoghi pubblici) e per rendere l’atmosfera più veritiera c’è anche un piano meccanico d’epoca.
Alle pareti, le innumerevoli immagini e manifesti pubblicitari, confermano la proprietà afrodisiaca della bevanda confondendosi tra le luci intime e rigorosamente abbassate.
Ogni azione si ripropone esattamente come deve essere; un rito, un gesto; una continuità in un mondo che sfuma e che riprende voluttuosamente le provocazioni.