Anno 9 - N. 25/ 2010


STORIA DELLA MEDICINA Dal convento all’Università Nasce la medicina accademica

“IL VICO DE LI STRAMI”

La laicizzazione della professione e il controllo pubblico sulla formazione medica

di Francesco Piscitello



Taddeo Alderotti (al centro in piedi)


Se la rivoluzione ippocratica aveva modificato il retroterra culturale del medico trasformando in scienza naturale un sapere prima religioso-iniziatico e conferendo alla medicina il carattere laico che ebbe nell’antichità greco-romana, la cristianizzazione dell’occidente restituì al mondo religioso, se non il sapere, almeno la pratica concreta dell’arte sanitaria: nei primi secoli del medioevo la medicina fu essenzialmente monastica, concepita come ottemperanza al precetto della cura degli infermi a integrazione della cura delle anime.
La riconquista del carattere laico, cominciata con la scuola di Salerno, si conclude con la nascita e lo sviluppo delle università. Queste ultime tuttavia, a differenza della scuola salernitana che si limita rigorosamente alla medicina, estendono il loro magistero a tutti gli aspetti del sapere scientifico e filosofico, con particolare riguardo alla teologia e al diritto.

LE UNIVERSITÀ
Quando il medioevo sta per cedere il passo al rinascimento e il pensiero si raffina, il sapere, anche scientifico, aumenta, l’esercizio delle professioni si fa via via più complesso ed esige una preparazione sempre più approfondita. Nascono così nel duecento, le prime università, probabile evoluzione di antiche scuole latine conservatesi dopo la decadenza dell’impero (1) .
L’attività didattica non si svolgeva, almeno agli albori dell’istituzione accademica, in spazi dedicati a quest’attività all’interno di edifici appositi. I cronisti dell’epoca, riferisce Castiglioni (2), affermano concordemente che le lezioni, nella neonata università di Parigi, si svolgevano nelle stesse case, sparse nella città, dove si trovavano i postriboli: solo più tardi cominciarono a tenersi nell’attuale Rue du Fouarre (cioè del fourage, foraggio) dove i maestri sedevano su un duplice fascio di paglia e gli allievi su uno solo. La Rue du Fouarre è ricordata - col nome di vico de li strami - anche da Dante (3) che forse vi frequentò le lezioni di Sigieri di Brabante. In altre università, soprattutto in Inghilterra, le lezioni si tenevano, dietro compenso, in casa dei professori che spesso ospitavano gli studenti e vivevano con loro: come evoluzione di questo costume nacquero i collegi già presenti, nel ‘300, a Oxford e Cambridge (4).
Col tempo, dietro impulso delle corporazioni degli studenti e dei maestri, queste scuole si andarono strutturando anche dal punto di vista edilizio ed organizzativo fino a dar luogo alle università vere e proprie nel senso moderno del termine.
Il fondamento giuridico e l’organizzazione accademica differivano notevolmente da uno Studium all’altro. Al mantenimento di molte università, come nelle città del centro e del nord dell’Italia, provvedevano in larga parte i comuni che dall’esserne sede traevano prestigio e vantaggi economici: vi accorrevano infatti studenti e studiosi, divisi, per la loro origine, in nazioni. Accanto alle potenti corporazioni di costoro (a Bologna, ad esempio, spettava a queste l’elezione del rettore) si formarono ben presto quelle dei docenti, i collegi del dottori ai quali lo ius promovendi dava facoltà di conferire il titolo che autorizzava all’esercizio della professione.
Non in tutte le università, tuttavia, erano insegnate tutte le discipline: in Francia, ad esempio, solo Parigi e Montpellier - la più antica e prestigiosa - conferivano la laurea in medicina.

I PRIMI MAESTRI
Negli atenei che si andavano istituendo - fra i primi vanno ricordati quelli di Bologna, Padova, Pavia, Napoli in Italia, di Montpellier e Parigi in Francia, di Salamanca in Spagna, di Oxford e Cambridge in Inghilterra - si andavano affermando maestri la cui fama si estendeva in tutta l’Europa d’allora e attirava folte schiere di studenti.
Taddeo Alderotti (Firenze, 1223 - Bologna, 1295) iniziò a Bologna il suo magistero universitario nel 1260. Grande studioso delle opere di Ippocrate e di Galeno espose le sue concezioni nelle Expositiones in arduum aphorismorum Hippocratis volumen e nell’In Claudii Galeni artem parvam commentarii. Fu autore di una raccolta di 156 consulti medici che, col titolo di Consilia, godette di amplissima fama. Amico di Corso Donati, capo dei Guelfi Neri di Firenze al quale dedicò il trattato in volgare Sulla conservazione della salute, Alderotti fu infatti tra i primissimi propugnatori dell’uso del volgare nel linguaggio medico come veicolo di diffusione scientifica.
La fama di Remondino (Mondino) de’ Liuzzi (Bologna, 1270 ca. - Bologna, 1326), allievo dell’Alderotti, è legata soprattutto alla celebre Anatomia Mundini destinata a rimanere un classico della materia fino al secolo XVI. Il trattato contiene numerosi errori, legati soprattutto al rispetto della concezione galenica che si basava fondamentalmente sulla dissezione di animali: tuttavia, avendo l’autore vasta esperienza personale di autopsie umane, essa contiene anche osservazioni originali. Il merito dell’opera, più che scientifico, è didattico: essa costituì infatti un vero e proprio manuale ad uso degli studenti necessario alla razionalizzazione dell’iter degli studi che le nascenti istituzioni universitarie esigevano (7).
Pietro d’Abano (Abano, 1250 - Padova, 1316), il primo fra gli insigni maestri dell’università di Padova dove fu chiamato nel 1306, fu detto il conciliatore per lo sforzo compiuto nel tentare di conciliare il sapere arabo al quale egli, appassionato averroista, era intellettualmente legato con le concezioni mediche cristiane: questo sforzo fu condensato nella sua opera monumentale Conciliator controversiarum quae inter philosophos et medicos versantur.
Fervido seguace, in campo medico, di Avicenna, fu un clinico moto esperto: i suoi suggerimenti terapeutici, semplici e chiari, furono ampiamente utilizzati ed ebbero grande influenza sulla medicina dei tre secoli successivi.
Di Arnaldo da Villanova si hanno notizie imprecise circa data e luogo di nascita: aragonese o catalano, nacque intorno al 1240. Studiò a Montpellier e vi insegnò medicina a partire dal 1291. Grande estimatore delle concezioni mediche e igieniche della scuola di Salerno, curò la prima edizione - manoscritta, ovviamente - del Regimen sanitatis salernitanum. Della scuola di Montpellier ebbe sempre presente l’ispirazione sperimentale: nelle opere della maturità, tuttavia (Speculum medicinae e, soprattutto, Aphorismi de gradibus), riprese in ampia considerazione le concezioni galeniche tentando, sulla base del pensiero arabo, di dar loro un’espressione quantitativa con precisione matematica, soprattutto per quanto riguarda le droghe e i rimedi. Appassionato di teologia, arrivò a proporre idee religiose personali non ortodosse fino a cadere sotto lo sguardo dell’Inquisizione che, peraltro, non fu troppo malevola grazie alla sua dimestichezza con pontefici e regnanti. Arrivò anche a profetizzare la fine del mondo che però non avrebbe potuto vedere perché nel 1378, anno dell’evento fatale, avrebbe avuto 138 anni. Morì comunque con largo anticipo, in mare, al largo di Genova, il 6 settembre 1311.
Lanfranco da Milano, in realtà, era pisano: Guido Lanfranchi vi nacque infatti intorno al 1250. A Milano esercitò la chirurgia fino al momento dell’esilio decretato da Matteo Visconti, pare per ragioni politiche. A Lione, dove si era recato e dove continuò l’esercizio professionale, scrisse una Chirurgia parva. Chiamato a Parigi nel 1295, vi tenne lezioni di chirurgia contribuendo grandemente al progresso di questa disciplina allora esercitata da barbieri itineranti. Ebbe seguaci soprattutto in Francia più che nella sua terra d’origine: tra questi spiccano Henri de Mondeville e Guy de Chauliac. Morì a Parigi nel 1306.
Henri de Mondeville (Mondeville, 1260 ca. - Parigi, 1320) apprese la medicina nelle principali università dell’epoca: Montpellier, Parigi, Bologna. Dapprima chirurgo militare, insegnò poi chirurgia e anatomia a Montpellier e a Parigi.
Autore di una Cyrurgia iniziata nel 1306 e rimasta incompiuta, ebbe, tra i meriti principali, quello di essersi sempre strenuamente battuto perché la chirurgia si fondasse su una solida cultura medica: il chirurgo non doveva essere un semplice operatore e lo studio della clinica medica doveva far parte del suo curriculum formativo. Per quanto riguarda il personale convincimento circa un’importante controversia chirurgica dell’epoca - se cioè si dovesse favorire la guarigione delle ferite senza suppurazione oppure rispettare o addirittura favorire la formazione di un pus “bonum et laudabile” - egli si attenne sempre all’opinione di Teodorico da Lucca e della scuola italiana: le ferite devono essere deterse e semplicemente bendate, una posizione moderna che attribuiva valore alla pratica esperienza contro i dettami delle fisiologia umorale (9) .
Guy de Chauliac (Chauliac, 1290 ca. - Lione, 1368) fu un importante chirurgo pratico e autore di opere fondamentali come la Chirurgia magna in sette libri, dove tratta di anatomia, di patologia chirurgica, di ferite, fratture, lussazioni con una completezza senza precedenti, descrive ferri chirurgici ed interventi e lo arricchisce di un antidotario. La posizione di Guy de Chauliac sulla controversia della suppurazione non è ancora bene acclarata.
John of Gaddesden (Little Gaddesden, Hertfordshire, 1280 ca. - Londra, 1349) visse più delle prebende ecclesiastiche che della professione di medico che peraltro esercitò. Formatosi a Oxford in teologia e medicina, fu docente presso il Merton College della stessa università, canonico della cattedrale di San Paolo e medico personale di Edoardo II. Il monarca provava per lui una stima profonda da quando ne aveva curato il figlio malato di vaiolo: ritenendo che il colore rosso fosse particolarmente adatto a scacciare i demoni, Gaddesden aveva ordinato che il letto del principe fosse circondato da tendaggi di questo colore. La cura ebbe effetto: invece del comune aspetto butterato la malattia lasciò sul volto del giovane cicatrici assai modeste. Solo più di cinque secoli dopo, nel 1893, un giovane medico di Copenhagen, Niels Finsen, dimostrò che l’eruzione pustolosa del vaiolo può essere limitata proteggendo il paziente dai raggi ultravioletti: con un filtro rosso, appunto.

L’IMPORTANZA DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITARIA

Se il primo impulso alla formazione delle università si dovette all’iniziativa di studenti e maestri, un rinforzo giunse presto dalla società e dal potere politico: questi cominciavano ad avvertire che l’incremento del sapere e il moltiplicarsi delle competenze imponevano di organizzare razionalmente gli studi del professionista - il medico e il giurista soprattutto - e di controllarne l’avvenuta formazione che si doveva concludere con il conferimento di un titolo avente valore legale. In alcuni casi fu proprio l’autorità, civile o religiosa, a prendere l’iniziativa: a Napoli l’università fu fondata da Federico II, in Spagna da Alfonso VIII, e gli ordinamenti degli atenei erano diretta emanazione del potere del sovrano. Altrove, come in Inghilterra e in Francia, l’istituzione universitaria era di diritto ecclesiastico (l’università di Parigi era dominata, culturalmente, dallo scolastico tedesco Albert von Bollstaedt, monaco domenicano, divenuto noto come S. Alberto Magno) e il titolo professionale era conferito nelle chiese in nome del Pontefice. Pian piano tuttavia anche queste università, le quali, oltre che studenti cristiani, accoglievano allievi ebrei e di altre religioni, perdettero il loro carattere prevalentemente ecclesiastico ed estesero la gamma degli insegnamenti a temi diversi da quello principale della teologia.
Dalla nascita e dalla crescita delle università la medicina trasse, forse più di altre discipline, grandi vantaggi: accanto all’incremento del sapere, reso possibile dalle risorse che la loro funzione pubblica attraeva su di sé, si completava pur tra molte difficoltà e controversie, quel processo di laicizzazione che aveva avuto inizio nella scuola di Salerno.

UNIVERSITAS
Con il termine universitas, alla fine del secolo XIII, non s’intende il luogo o l’istituzione finalizzati alla promozione e alla diffusione del sapere umanistico, scientifico o professionale bensì la corporazione degli studenti.

UN PROFESSIONISTA ASSAI ESOSO
Taddeo Alderotti - ricordato anche da Dante (5) - era un professionista assai esoso: dal papa Onorio IV (che peraltro morì mentre lo curava) pretese un onorario di cento ducati al giorno (6).

L’INQUISIZIONE
Per le sue idee, Pietro d’Abano fu messo in stato d’accusa dall’Inquisizione, ma ebbe la sorte di morire naturalmente (in modo meno atroce che col rogo) durante il processo. Il santo tribunale volle comunque farne ardere il cadavere, ma esso non fu trovato perché occultato dalla fedele - e impavida - domestica Marietta: dovette accontentarsi di bruciarlo in effige (8). Non si può escludere che alla sua fama di mago e astrologo abbia partecipato l’aura ereticale conferitagli dalla condizione di imputato in un tribunale canonico e perciò stesso sospetto di commercio col demonio.


(1) A. Castiglioni: STORIA DELLA MEDICINA - Mondadori, Milano (1948).
(2) A. Castiglioni: op. cit.
(3) Dante, Par. X, 137-138.
(4) A. Castiglioni: op. cit.
(5) Dante, Par. XII, 83.
(6) R. Margotta: MEDICINA NEI SECOLI - Mondadori, Milano (1967).
(7) R. Palmer, in DIZIONARIO BIOGRAFICO DELLA STORIA DELLA MEDICINA E DELLE SCIENZE NATURALI, Franco Maria Ricci, Milano (1988). Voce Mondino de’ Liuzzi.
(8) R. Margotta: op. cit.
(9) F. M. Getz in DIZIONARIO BIOGRAFICO… Voce Henri de Mondeville.