Anno 7 - N. 21/ 2008


GRECIA ED EGITTO

“Se navighi dal mare e da Canopo verso la pianura giungerai a Naucrati...” (Erodoto, Storie ii, 97, 2.)

Una attrazione (quasi) irresistibile

di Giulio Cesare Maggi



“La nave dell’Ammiraglio”


Siedono compunti sulle loro panche i marinai della nave ammiraglia di una piccola flotta che, partendo da Thera, oggi Santorini, si apprestano ad una spedizione navale verso terre lontane.
La pittura murale che rappresenta la scena, scoperta mezzo secolo fa dall'archeologo greco Spyridion Marinatos ad Akrotiri, oggi al Museo Archeologico Nazionale di Atene, porta magnificamente per bellezza del disegno e brillantezza dei colori, i suoi quasi tremilacinquecento anni.
Essa documenta in modo che diremmo emblematico la precoce vocazione talassocratica di quelle genti fin dal XV secolo a.C.
Già testi mesopotamici di quel periodo parlano di "isole in mezzo al Gran Verde", quel mare che presso i Greci si chiamerà Aigheion pontos, cioè l'Egeo. Non è certo privo di significato ricordare che il termine ittita Ahhija "ciò che è nell'acqua" e quindi le isole, derivi dal lemma indo-europeo a significare l'acqua (O. Carruba 1964, da ultimo 1995).
Le numerose isole disseminate in questo mare si pongono quale una sorta di ponte marittimo tra la Grecia continentale, le coste dell'Asia Minore fino ai limiti del Mediterraneo centrale, a partire dall'Eubea, alle isole prospicienti il litorale anatolico, e poi, da Rodi a Karpathos, fino alla "vasta Creta" come la definisce Omero, che fronteggia le sponde mediterranee dell'Egitto. Lo studio delle radici linguistiche e dei reperti archeologici, pur in assenza di testi diretti, consentono così di risalire fino al II millennio a.C. relativamente alla civiltà greca nell'età del Bronzo.
Tra il 2800 ed il 1100 a.C. in quest'area si sviluppò una civiltà contemporaneamente nel continente (Minoico elladico), nelle isole (Minoico cicladico) e a Creta (Minoico), come ha ben documentato la ricerca archeologica. Anche l'isola di Thera partecipò di questa civiltà cicladico-minoica: i reperti archeologici, soprattutto quelli pittorici, ivi scoperti, databili questi ultimi intorno alla metà del XV secolo a.C., sono considerati praticamente coevi all'esplosione del vulcano dell'isola. L'unico aspetto positivo del disastro è stata la conservazione, sotto metri di cenere, dell'abitato di Akrotiri, la "Pompei della Grecia".
Si tratta di un periodo di poco precedente il regno in Egitto di Amenofis III (1405-1367 a.C.), il Faraone della XVIII dinastia, durante il quale l'Egitto si dotò di una numerosa flotta per difendersi dai pirati e dai commercianti dei paesi del Mediterraneo orientale e della Grecia che tentavano di evadere il pagamento dei dazi sulle merci importate, da sempre una delle maggiori entrate del Regno delle Due Corone. È assai probabile che alla costruzione di queste navi abbiano contribuito in misura rilevante tecnici greci e ciprioti, reputati maestri della cantieristica navale.
Più di ogni altro reperto comprese le ceramiche, le pitture murali di Akrotiri documentano l'elevato grado di civiltà raggiunto nel XV e XIV secolo a.C. dal mondo elladico-cicladico.
Che collegamenti esistessero fin dal 1500 a.C. tra le tre aree minoico-micenee e l'Egitto è ben documentato da ritrovamenti di straordinario interesse: solo per citarne alcuni, il ritrovamento di uno scarabeo di Ramesse II a Perati, decorazioni di edifici con pitture tipiche del periodo del Faraone Amosis, il primo della XVIII dinastia: ritrovamenti del genere vi furono anche in tombe a pozzo, i tholoi, a Prosymma contenenti un sigillo della Regina Hatschepsut, matrigna di Tuthmosis III.
Che quindi esistessero in quel periodo, tra il 1500 ed il 1300 a.C. presenze di manufatti egizi nell'area del Mediterraneo orientale, fino alla Macedonia, non vi è dubbio alcuno.
Mancava tuttavia una prova diretta in itinere del trasporto di questi ed altri oggetti.
Incredibilmente nel 1982 un pescatore di spugne, durante un'immersione in un sito delle coste turche denominato Uluburun, a pochi chilometri a sud-est di Kas, trovò alla profondità di 45 metri il relitto di un'antica nave: studi di dendrocronologia eseguiti alla Texas A&M University consentirono di dare una datazione sicura del relitto, risalente all'epoca di Amenofi IV, il Faraone passato alla storia col nome di Akhenaton (1367-1350 a.C.).
La ricostruzione tridimensionale della nave ha permesso di evidenziare l'assoluta identità con navi da carico riprodotte in pitture tombali del Nuovo Regno.
La nave trasportava grandi quantità di rame cipriota, del tipo "oxhide", cioè in lingotti del tipo a pelle di bue, ma anche ferro, oro, uno scarabeo aureo con il nome della regina Nefertiti, moglie del Faraone Akhenaton, lingotti di vetro siriano, ebano, legno di cedro, zanne di elefante, zanne di ippopotamo, ceramiche, gioielli in bronzo di vario tipo, astragali (utilizzati come dadi da gioco), sigilli cilindrici di epoca micenea e l'armamento completo, anche questo miceneo, per due guerrieri: ciò fa supporre che questi fossero a bordo come misura di sicurezza. Il carico della nave fa pensare ad una navigazione dalle coste egiziane (o dal Delta) per le coste siro-palestinesi, a Cipro e poi verso una Colonia greca delle sponde anatoliche. Esso costituisce una conferma ex vivo che i reperti archeologici "egizi" dell'area egea venivano trasportati da navi appartenenti a colonie greche dell'area egeo-anatolica.
L'individuazione sulle pareti del tempio funerario di Amenofi III a Kom el Hetan di un elenco di città greche e di isole ha fatto ritenere ad alcuni studiosi potersi trattare di località con le quali vi era stato uno scambio di doni: di un vero e proprio "portolano" parla invece Donadoni (1956). Vi sono citate Creta, Nauplia, Messene, Citera, Cnosso, forse Rodi. (vedi riquadro A)
In senso cronologico siamo in vicinanza della esplosione del vulcano di Thera e del conseguente tsunami che raggiunse in modo devastante Creta e certo anche le coste mediterranee dell'Egitto. Secondo alcuni vi sarebbe traccia dell'evento anche nella Bibbia (Es 7, 12) "Vennero delle tenebre su tutto il paese d'Egitto"; ma la datazione biblica non coincide con quella scientifica. Solo un cenno si farà qui sull'ipotesi che l'esplosione di Thera si identifichi con la scomparsa di Atlantide, la mitica isola della quale Platone parla in Crizia.
Le straordinarie pitture murali di Akrotiri ci danno la misura dell’influsso che la vita e l’arte egizie del periodo tra XV e XIV secolo a.C., in vicinanza cronologica con la esplosione maggiore del vulcano di Thera abbiano esercitato sulle popolazioni dell’Egeo. Da notare ad esempio la perfezione anatomica del disegno delle Antilopi così pure la straordinaria eleganza delle piante a tipo di Papiro della casa delle Dame: e cosa dire della vivacità con la quale le Scimmie blu si arrampicano sulle rocce: solo un ricordo di attenti viaggiatori? Non lo si direbbe proprio dopo il ritrovamento, da parte di Loring del cranio fossile di una scimmia del genere Cercopithecus Callitrichus. Qualche esemplare, importato da zone subtropicali attraverso l’Egitto o la Siria, sicuramente si trovava a Thera per diletto di qualche ricco mercante. E un paesaggio subtropicale è raffigurato su una bella parete della Casa ovest ad Akrotiri, secondo la topografia lasciatoci da Marinatos.
I reperti giunti intatti sino a noi dalla “Pompei della Grecia” documentano gli scambi anche culturali tra il mondo egeo e quelli egizio ed orientale prova di consuetudini assai lontane nel tempo, le quali hanno avuto attente declinazioni per oltre due millenni.
Il mondo greco nelle sue varie identità di metropoli e di colonie, frutto spesso di necessità economiche, ma pure culturali, fornì all'Egitto anche un gran numero di mercenari, dei quali era noto il valore militare e l'abilità operativa sul campo, sia a terra sia sul mare. Come si è detto i popoli del mare erano presenti in Egitto già prima dell'anno 1000 a.C., ma in misura ridotta e in ogni caso soprattutto come commercianti o mastri d'ascia per la costruzione della navi del Faraone. Ma la loro presenza numericamente rilevante, in qualità di mercenari nell'esercito del Faraone, è dei secoli dall'VIII al VI a.C.
Sotto Psammetico I (664-610 a.C.), fondatore della XXVI dinastia detta Saitica, i Milesi avevano stabilito un grande emporio a Naucrati sul ramo canopico del Nilo, in vicinanza di Sais, la capitale della dinastia. Naucrati attrasse anche i Sami e non poche colonie greche del litorale anatolico e delle isole dell'Egeo. In breve la potenza economica di questa enclave greca nel cuore del Basso Egitto raggiunse un tale livello da determinare un movimento antiellenico: ciò finì per portare sul trono d'Egitto il Faraone Amasi (570-526 a.C.). Questo saggio sovrano si rese conto che tutto il commercio era nelle mani dei Greci, degli Ebrei, dei Siriani e dei Fenici, mentre nessuno spazio restava agli Egizi. Come narra Erodoto nel Libro II delle Storie dedicato all'Egitto, il re prescrisse che "ciascun egiziano indicasse al Governatore del proprio nômo i mezzi con cui viveva": inoltre che "chi non ottemperava all'obbligo di una vita onesta fosse punito con la morte". Erodoto, ammiratore del comportamento degli Egiziani, li considerava un esempio nel campo della morale, della prassi e della religiosità. Egli sostiene che "presa dall'Egitto questa legge l'ateniese Solone la impose agli Ateniesi; costoro la osservarono per sempre. Difatti essa è legge perfetta".
Naucrati fu assegnata a coloro che avevano un emporio controllabile da parte del Governatore del nômo: tra questi figurano in particolare mercanti provenienti da città della Ionia e numerosi Dori. Essi ebbero anche il diritto a recinti sacri, il più importante e frequentato dei quali fu il themenon detto Hellenion. Naucrati fu così l'unico emporio autorizzato a commerciare con l'Egitto ed anche gli importatori ebrei, siriani e fenici dovevano far capo ad esso nei loro commerci con il paese delle Due Corone. La denominazione Naucrati è tipicamente greca ma essa deriva dal nome egizio dell'insediamento Niwkkrit. Si trattava di una comunità assai coesa ed in armonia con le autorità egizie: quando il tempio di Apollo a Delfi fu distrutto da un incendio furono raccolte tra i Greci dell'enclave ventimila mine e lo stesso Amasi versò una somma rilevante, pari a mille talenti di allume. L'archeologo John Boardman, basandosi sui reperti archeologici degli scavi iniziati alla fine dell'Ottocento, data la fondazione di Naucrati nel VII secolo a.C., senza disconoscere la presenza anteriore di piccoli insediamenti.
L'interesse principale dei Greci nei riguardi dell'Egitto - come del resto sarebbe stato più tardi per i Romani all'epoca di Augusto - era legato alla grande produzione di grano e alla fabbricazione del papiro. Per contro essi esportavano l'argento, in particolare quello macedone, metallo prezioso del quale l'Egitto è privo. Ma essi esportavano dall'area egea e continentale non solo verso l'Egitto ma in Magna Grecia e presso gli Etruschi fino a Marsiglia, vino ed olio. Ciò è confermato dall'ampio ritrovamento in tutte queste aree di anfore vinarie ed olearie greche (Ch. Vandermersch, Vins et Amphores de Grand Grèce et de Sicile, Napoli, 1994).
Si è accennato all'impiego di cantieristi navali greci e ciprioti, così come di soldati mercenari impiegati dagli Egizi in varie campagne militari. Essi si dimostrarono essenziali per la riconquista dell'Egitto invaso dai Persiani. Il Faraone Psammetico I fece costruire una serie di fortificazioni contro le invasioni caldee, assire e persiane, presidiate da reparti egiziani e greci: alcune di esse sono ancora oggi visibili, con sovrastrutture tolemaiche, romane e bizantine, lungo l'attuale lago Nasser. La maggior parte di tali fortilizi giace sotto le acque dell'invaso. Anche all'epoca di Psammetico II (595-589 a.C.) si verificò tra il 593 e il 592 un tentativo di invasione da parte dei Persiani attraverso la Nubia: anche in questa occasione i mercenari greci costituivano una parte importante del corpo di spedizione egizio, non come ausiliari ma come veri combattenti (màchoi). Le truppe giunsero fino alla terza cateratta, ad Elefantina. In questa occasione (591 a.C.), due soldati greci, dei quali conosciamo nome e patronimico, incisero sulla gamba sinistra di una delle statue di Ramesse II ad Abu Simbel un ricordo dell'evento, ancor oggi perfettamente leggibile. Il reperto, assieme a molti altri che tuttavia indicano solo nome e patronimico di singoli soldati greci, è noto sin dalla metà dell'Ottocento. Del singolare ritrovamento è riportato nel riquadro B il testo in dialetto jonico, la trascrizione in greco classico e la traduzione in italiano.
Si tratta di uno straordinario ed emozionante documento vecchio di quasi 2500 anni, che indica una consuetudine ancor oggi presente in tutti gli eserciti del mondo. Dello stesso periodo vi sono iscrizioni geroglifiche che parlano dell'ammiraglio egizio Hor comandante degli stranieri e dei Greci (forse i Ciprioti). Del resto ad Elefantina vi era una fortezza stabilita da Psammetico I abitata da una guarnigione greca ed ebraica. Mercenari greci erano presenti anche nell'armata di Apries che fu sconfitto da Amasi nel 570 a.C.; così Amasi divenne Faraone e regnò fino al 520. Malgrado questo comportamento Amasi, come si è visto, mutò il proprio atteggiamento contrario in uno filoellenico. La politica di Psammetico nei riguardi dei Greci, ci ricorda Erodoto (II, 154) fu molto intelligente: "oltre a ricompensare i mercenari, ai quali concesse case, a Ioni e Cari affidò anche fanciulli egiziani affinché questi imparassero la lingua greca: da costoro che appresero tale lingua discendono in Egitto gli attuali interpreti. Gli Ioni e i Cari vi abitarono per molto tempo: questi luoghi si trovano verso il mare, al di sotto della città di Bubastis, sulla bocca del Nilo chiamata pelusica. Più tardi però il Re Amasi li spostò di lì e li trasferì a Menfi facendone la propria guardia del corpo in luogo degli Egiziani. Abitando essi in Egitto, in tal modo noi Greci, entrati in rapporto con loro, conosciamo con certezza le vicende egiziane a partire dal regno di Psammetico in poi: essi infatti furono i primi che parlando straniero vivessero in Egitto. In quei luoghi dai quali furono allontanati c'erano ancora fino ai miei tempi le apparecchiature per il traino delle navi e le rovine delle case".
La vita nella Naucrati più recente, quella dell'epoca di Amasi e del themenon sacro detto Hellenion, doveva essere molto vivace e forse non così severa come la descrive Erodoto. Innanzitutto in base a ritrovamenti di coppe dedicatorie in questo themenon conosciamo l'identità di alcuni mercanti che le hanno dedicate a Zeus, possibilmente per buoni affari conclusi: una di queste porta il nome di un mercenario di Alicarnasso che passò al servizio dei Persiani, tradendo così il Faraone Amasi che tuttavia lo risparmiò: nessuna offerta più di questa vi è da supporre sia stata sincera e convinta (Erodoto III, 4).
E ancora, il nostro buon Erodoto (II, 134-35) riconosce: "È una sorta di tradizione che a Naucrati le cortigiane siano particolarmente ricche di fascino". Egli fa menzione della bellissima Rhodopis, riscattata dal ricco mercante Carasso fratello di Saffo. Sappiamo anche che la poetessa di Lesbo riempì di rimproveri il fratello: forse l'avrebbe voluta per sé o, quanto meno, pensava alle grandi ricchezze che la bella era costata al patrimonio familiare.
Non è da escludere, secondo me, che la lettura di questo passo di Erodoto abbia potuto influenzare in certa misura il poeta francese Pierre Luÿs nella stesura de "Le canzoni di Bilitis", un delizioso falso storico reso mirabilmente in italiano da Eva Cantarella e da me analizzato in questa Rivista.
La città fu visitata anche da Solone, qui giunto per affari e per turismo (Framm. 2 West), da Talete di Mileto filosofo e dal poeta Alceo secondo quanto ci informa il grande viaggiatore Strabone (Geographia, 37).
Certo la vita a Naucrati fino all'invasione di Cambise (525 a.C.) fu particolarmente brillante, una vera età dell'oro di quella particolare enclave greca: Boardman la paragona a quella di Shangai tra prima e seconda guerra mondiale.
Giustamente Lloyd nella introduzione alla traduzione inglese del II Libro delle Storie di Erodoto, sottolinea il fatto che l'autore, partendo dalla invasione del Paese delle Due Corone da parte dei Persiani di Cambise (è pur sempre uno storico) finisce per analizzare vita, costumi, religiosità di questo "Paese delle meraviglie". Ma il volume contiene anche una serie di excursus, a partire dalla discussione sulla dottrina della metempsicosi alla descrizione del labirinto, al quadro della struttura delle classi egiziane. "Tutti questi excursus - sottolinea Lloyd - sono strettamente integrati nel loro contesto".
Dopo la morte di Ciro il Grande (529 a.C.) il figlio Cambise aggredì l'Egitto di Psammetico III anche con l'aiuto delle flotte militari ioniche e fenicie, giovandosi anche del tradimento dei mercenari greci di Alicarnasso che erano stati in passato truppe fedeli ad Amasi. Con la vittoria persiana Psammetico fu deposto ma nominato Governatore dell'Egitto. La lealtà dei Greci era venuta a mancare ed essi erano passati a quello che per essi era stato il nemico storico e che ora servivano, incuranti del passato.
Le soperchierie e le profanazioni operate dai Persiani sono riferite da Erodoto, che visita l'Egitto solo cent'anni dopo questi fatti: gli si può credere dato che egli, cittadino di Alicarnasso, era un fedele suddito dei Persiani.
Cambise mori del 522 a.C. e con il persiano Dario si aprì la XXVII dinastia faraonica. I propositi di Dario erano anche quelli di conquistare il Paese degli Sciti, operazione che non riuscì, con gravi conseguenze anche per Alicarnasso, Mileto ed altri insediamenti greci sotto dominio persiano. Questi chiesero aiuto ad Atene e collaborarono con gli alleati all'incendio di Sardi. In questa complessa situazione Dario pazientò qualche anno, ma poi tentò l'annessione della Grecia continentale o almeno di Atene. Gli eroi ateniesi, al comando di Milziade, l'arrestarono a Maratona.
La ribellione dell'Egitto, quasi un protettorato della Persia, e la vittoria di Maratona da parte degli Ateniesi furono considerate da Dario una vera sfida. Egli iniziò un'azione militare contro l'Egitto ma morì (secondo altri abdicò) nel 490 a.C.
Fu Serse, figlio di Dario, a riconquistare l'Egitto al quale il Re impose condizioni assai più gravose di quelle del padre. Impegnato dapprima contro la rivolta della Mesopotamia, Serse distrusse Babilonia e poi iniziò la campagna contro la Grecia. Siamo nel 479 a.C. Basteranno tre nomi: Termopili, Salamina, Platea.
Della lotta di successione al trono persiano si giovò l'Egitto che questa volta riuscì ad eliminare la guarnigione persiana, chiedendo aiuto agli amici Greci. La flotta ateniese si trovava nelle acque di Cipro, dominio persiano, e raggiunse subito il Delta, quel canale canopico assegnato loro da Amasi, con il chiaro intento di porre le basi di un futuro auspicato ritorno ai commerci che i Persiani avevano loro proibito. Risalendo il Nilo le ben duecento navi ateniesi aiutarono in modo determinante i ribelli egiziani.
Nel 458 il Re persiano Artaserse I riconquistò facilmente l'Egitto, favorito dal ritiro della flotta ateniese rientrata in patria per contrastare l'assalto della coalizione tra Sparta, Corinto ed Egina che portava guerra ad Atene. In ogni caso la situazione politica non era facile neppure per Artaserse se egli fu costretto a tollerare l'esistenza nel Delta di una "repubblica delle paludi" politicamente collegata con Atene: tale situazione anomala era veramente rara per non dire unica.
Verso il 412 a.C. la ribellione contro l'occupante persiano. Solo gli Ebrei d'Egitto, discendenti di quelli che si erano rifugiati ad Elefantina ai tempi di Geremia (622-587 a.C.) erano favorevoli alla presenza persiana. Il loro Tempio fu dato alle fiamme nel 411 a.C., la prima delle persecuzioni che attraverso i millenni sono culminate nella Shoah e forse oltre. L'atteggiamento distaccato di Atene, interessata ai ricchi commerci e ancor più a mandare a morte Socrate quale "corruttore della gioventù" (399 a.C.) non fu certo quello di paladina della libertà dei popoli.
La gloriosa polis dell'Ellade era diventata ormai un vero e proprio comitato d'affari, dominio di ricchi banchieri, mercanti e finanzieri attenti sopratutto ad evitare incidenti diplomatici ed ingerenze sfavorevoli nei propri affari. Fu questo un periodo caratterizzato da scontri e talora fugaci alleanze tra Egitto, Persia, Cipro e alcuni principati autonomi del Delta. Le ultime due Dinastie faraoniche, la XXIX e la XXX quest'ultima denominata Sebenitica, segnarono, soprattutto in senso politico, la fine dell'impero egiziano. L'ultimo Faraone nato in Egitto fu Nectanebo II, passato alla storia soprattutto per il fatto che la sua cappella funeraria, rimasta vuota per la sua morte in Etiopia, nel Serapeo di Menfi ospitò la mummia di Alessandro Magno che occupò l'Egitto e fondò Alessandria nel 331/32 a.C.
Morto dieci anni dopo a Babilonia il Grande Re fu successivamente trasportato in Menfi durante il regno dei Tolomei.
La presenza ad Alessandria, a partire dal regno di Tolemeo I Sotère, di un gran numero di letterati, filosofi, uomini di scienza di cultura greca, diede origine a quello straordinario fenomeno che fu l'Ellenismo, la massima espressione della cultura greca, attiva anche dopo la conquista romana (48 a.C.).
Il triangolo Roma, Atene, Alessandria costituì un faro del pensiero filosofico e scientifico la cui evidenza attraversò il pensiero europeo fino al Rinascimento ed oltre.
Come concordemente ricordano Erodoto, Plutarco e Strabone l'ammirazione dell'uomo greco nei riguardi dell'Egitto era rivolta anzitutto all'onestà morale e alla rettitudine, nonché alla religiosità con la sua proiezione nell'aldilà, un insieme di sentimenti che in Grecia era alla base della spiritualità dei soli seguaci dell'orfismo: ma poi la loro ammirazione era attratta dalle conoscenze nel campo della matematica, della geometria, dell'astronomia. Le qualità sapienziali che avrebbero attirato Pitagora, Solone, gli Eleatici: probabilmente essi non si recarono mai fisicamente nel "Paese delle meraviglie", ma ne subirono il fascino sottile, lo stesso che ancora oggi attrae irresistibilmente ogni uomo di cultura, incapace di sottrarsi al richiamo millenario e singolare di questo straordinario Paese ed alla sua cultura.