Anno 7 - N. 20/ 2008


R. M. RILKE E L’APOCALISSE DI GIOVANNI

“l’Apostolo Giovanni scrive l’Apocalisse dettata dal Signore”

L’attenzione del poeta durante la visita al Sint Janshospitaal fu rivolta soprattutto alla “anta dell’Apocalisse”.

di Giulio Cesare Maggi



Apocalipsis cum figuris (1498)

Albrecht Dürer, (Norinberga, 1471- Norinberga, 1528)

Karlsruhe, Staatliche Kunsthalle

Da pochi mesi segretario particolare di Rodin, nell’estate del 1906 Rainer Maria Rilke intraprese un viaggio in Belgio e nel mese di agosto, a Bruges, ebbe l’opportunità di ammirare il Trittico dei Due San Giovanni, dipinto che Hans Memling aveva eseguito tra il 1474 ed il 1479 per il Sint Janshospitaal di quella città. Come ricorda la nota studiosa di pittura fiamminga Giuseppina Malfatti Angelantoni, dalla bottega di Rogier Van der Weyden a Bruxelles, ove aveva appreso la tecnica pittorica fiamminga, Memling si era trasferito a Bruges, città di bella committenza borghese e mercantile ove pochi decenni prima era stato attivo il grande Jan Van Eyck: qui Hans Memling aveva dipinto, tra l’altro, il Trittico dei Due San Giovanni. La straordinaria composizione del dipinto ha fatto dire a Dirk De Vos trattarsi di un’opera “not only ingegnous in narrative terms […]; it is also new in many respects as far as the portrayal of the Virgin Mary on Heaven and Apocalypse are concerned”.
Caduto in dimenticanza per secoli Memling, al pari dell’incantevole Bruges, venne “riscoperto” nell’ultima decade dell’Ottocento in virtù di Mostre e pubblicazioni a lui dedicate, ridando così al grande artista, oltre alla propria identità, la fama che gli spetta.
Osserva la Malfatti Angelantoni che la pittura di Memling, caratterizzata da raffinata astrazione umanistica, risente dell’influenza dell’arte toscana e nello stesso tempo, a sua volta, influenza quella del grande pittore del Quattrocento italiano Antonello da Messina.
La studiosa ha anche ipotizzato un possibile viaggio di Memling in Italia, basandosi sull’iconografia de “Le Sette Gioie della Vergine” ove figura la riproduzione della sede del Banco Mediceo a Milano, abbattuto durante i lavori per la costruzione del Teatro alla Scala.
L’ipotesi della Malfatti Angelantoni (1994, da ultimo 2008) ha trovato ampio credito nella comunità scientifica internazionale.
Il Trittico dei Due San Giovanni, datato 1479, fu commissionato a Memling da due coppie di Fratelli e Sorelle del nosocomio, i cui ritratti figurano nel retro delle ante, ove sono pure raffigurati i Santi protettori.
Gli storici della pittura fiamminga pongono il contenuto dell’opera anche nell’ámbito degli accadimenti di quel periodo, legati al contrasto tra Bruges ed Anversa: proprio in quegli anni, grazie alle disposizioni di Massimiliano d’Asburgo, iniziava il grande sviluppo economico di Anversa, che diventava il principale porto delle Fiandre per il commercio delle lane con l’Inghilterra. Di questi eventi fa menzione, in un suo Diario di viaggio in Europa, un anonimo mercante di Milano del primo Cinquecento. Dice il nostro viaggiatore: “Bruges he in Flandria et non he città, ma sottoposta al vescovatto di Tornay. He loco grande como Pavia […] da qualche anno in là hera ben populatta, ma de poy in qua, che le fere sono facte etiam ad Anversa et Borgore, li mercantti se sono retiratti là, et dettro loro li artexani et populari assay, a pocho a pocho, et Anversa si he facta et fassi ogni giorno megliore et Bruges pegiore”.
Il Trittico di Memling al Sint Janshospitaal si compone di una Tavola centrale e di due ante laterali: queste ultime sono dipinte anche al retro. Nella Tavola è raffigurata la Vergine in trono tra quattro Santi, mentre il Bambino è in atto di infilare l’anello al dito di Santa Caterina d’Alessandria, tanto che il dipinto è noto anche come Matrimonio mistico della Santa. L’altra Santa di fronte a Caterina, sembra essere Barbara. La Vergine in trono è incoronata Regina del Cielo da due Angeli.
Vien fatto osservare dagli esperti come sia inconsueta una incoronazione della Vergine in un contesto che può considerarsi una Sacra Conversazione. Sono difatti rari gli esempi noti di una scenografia analoga: analoga composizione pittorica è presente nella “Vergine delle Vergini” della cerchia del Maestro di Flémalle, ora a Washington, mentre l’altra, di Rogier Van der Weyden, della quale si conservano solo frammenti, si trova alla National Gallery londinese.
In piedi, ai lati del trono, sono a sinistra San Giovanni Battista ed a destra San Giovanni Apostolo in atto di benedire il calice che regge con la sinistra, un gesto tipicamente sacerdotale. Infine ancora ai lati del trono, sono due Angeli, uno musicante con un organo portatile, mentre l’altro mostra un manoscritto aperto. Tutta la scena della Tavola è contenuta in un’architettura asimmetrica che consente di vedere un paesaggio in distanza, senza interruzione di finestre o tendaggi.
Nell’anta sinistra è raffigurata la decollazione del Battista mentre in quella di destra, alla quale siamo soprattutto interessati, viene presentato l’Apostolo Giovanni, che nell’esilio di Patmos, scrive l’Apocalisse dettata dal Signore.
Narra la leggenda – ma potrebbe trattarsi di una narrazione evemeristica – che Giovanni, dopo essere stato torturato con olio bollente, fosse stato esiliato, durante le persecuzioni dei Cristiani ordinate dall’Imperatore Domiziano negli anni 94 e 95, nell’isola greca di Patmos. In quest’isola inospitale priva di alberi e di uccelli Giovanni ebbe la Rivelazione, la cui storia, nei tratti topici fondamentali, è rappresentata da Memling. Si tratta, come osserva De Vos, di un discorso pittorico che segue dappresso il Nuovo Testamento così come l’artista l’aveva recepito, senza mediazioni esterne, delle quali Memling, uomo non certo incolto, non necessitava affatto.
Al centro dell’anta il Santo, vestito di una tunica color rosso porpora, siede tenendo in grembo un pesante volume aperto su due pagine; egli impugna nelle mani due penne, con una delle quali sta scrivendo, mentre l’altra viene intinta in un elegante calamaio, pronta a riprendere la scrittura sull’altra pagina. Gli occhi di Giovanni non seguono la scrittura, ma sono rivolti verso l’alto, ove la visione dell’Apocalisse prende forma. Dio siede in trono, ammantato di rosso e di verde.
“Un arcobaleno simile a smeraldo avvolgeva il trono. Attorno a questo erano poi ventiquattro seggi ove sedevano ventiquattro vegliardi” (Ap 4, 3-4).
“Sette lampade accese ardevano davanti al trono, simbolo dei sette spiriti di Dio; davanti al trono vi era come un mare trasparente simile a cristallo e accanto a Dio quattro creature viventi, piene di occhi davanti e di dietro (Ap 4, 5-6). Il primo vivente era simile ad un leone, il secondo aveva l’aspetto di un vitello, il terzo di un uomo, il quarto era simile ad un aquila mentre volava” (Ap 4, 7).
Dio rompe i sigilli del rotolo che è nelle sue mani ed a questo punto fanno la loro apparizione quattro cavalieri l’ultimo dei quali, di colore verdastro, è quello della Morte. Ogni cavaliere è posto su un’isoletta, ed uno di questi è seguito dal Drago. A questi quattro Cavalieri è dato da Dio il potere di portare sulla Terra lo sterminio con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere.
È giunto ormai il grande momento del dies irae.
Questi brevi spunti relativi all’Apocalisse di Giovanni, opera complessa e talora di difficile comprensione, sono qui riportati solo in rapporto alle figurazioni presenti nel Trittico.
L’attenzione di Rilke durante la visita al Sint Janshospitaal fu rivolta soprattutto alla “anta dell’Apocalisse” e di questo fatto dovremmo avere quasi la certezza se a distanza di dieci anni, nel novembre del 1915, in occasione di una ricorrenza personale, egli inviò a Clara Westhoff, allieva di Rodin che aveva sposato nell’aprile 1901, una copia dell’Apocalipsis cum figuris di Albrecht Dürer (1498), accompagnata da una propria poesia dal titolo “Die Wort des Herren an Johannes auf Patmos”.
È nota l’ammirazione che il poeta nutriva nei riguardi della pittura e dell’opera grafica düreriana, che facevano del Maestro norimberghese il massimo rappresentante dell’arte figurativa del Cinquecento tedesco. L’Apocalipsis cum figuris viene da molti ritenuta il capolavoro dell’arte del bulino di Dürer, tanto da essere definita una “sequenza di immagini fiammeggianti collegata da un pathos visionario che tende a risolvere l’urto delle potenze cosmiche in fastoso arabesco bidimensionale”.
Mentre nessun dubbio sussiste sulla influenza esercitata da Dürer sulla pittura veneziana del Cinquecento e, secondo la Heimbürger anche sul Caravaggio e persino su Michelangelo, l’influenza dell’artista sui pittori olandesi e fiamminghi sostenuta da Held (1931) è messa in serio dubbio da Ever (1972) e soprattutto da De Vos (da ultimo 1994) secondo il quale “there is a little evidence to support that Dürer famous series of woodcuts from 1498 was influenced by Memling”. Tra l’altro le incisioni in piccola scala difficilmente avrebbero potuto attirare l’attenzione di pittori che producevano opere delle dimensioni di un Trittico.
Grande Maestro anche nella ritrattistica Dürer fu in grado di attirare, dopo cinque secoli, l’attenzione di uno scrittore quale Thomas Mann che, nel ritrarre nel Doktor Faustus la figura del musicista Leverkhun, compì una vera e propria ekphrasis dell’Autoritratto di Dürer ventiseienne, ora al Prado (Roli, 2007). Un componimento Apocalipsis cum figuris verrà, nel libro, scritto dal musicista, probabile omaggio a Dürer da parte di Mann.
La poesia di Rainer Maria Rilke, qui nella traduzione italiana di Giacomo Cacciapaglia, così inizia:

“Guarda: (perché non ti distraggano gli alberi)
non c’è che spazio puro su quest’isola.
Uccelli? Tu preparati a vedere leoni
che percorrono l’aria.
Gli alberi ne avrebbero paura,
e non voglio che vedano.
Ma tu, tu guarda, abbi occhio più attento
di quanto ebbe mai uomo.
Afferra, prendi, leggi,
divora quello che per te io spezzo,
il colmo frutto del mio cielo.
Perché il suo succo ti gocci negli occhi,
tu starai in ginocchio a testa alzata:
per questo ti ho cercato.
E scrivi senza guardare;
perché anche questo è necessario: scrivi!
poni la mano destra a destra e la sinistra
sulla pietra a sinistra: ch’io spinga ambo
le mani.
E ora è tempo che io accada intero”.

Forse, oltre all’omaggio a Clara, il messaggio di Rilke è rivolto a se stesso: “Poeta, precedi ogni commiato! Precedi anche l’ultimo di tutti i commiati! Precedi cioè anche la morte”.