Anno 7 - N. 20/ 2008


LA STORIA DELL’ITALIA NEL PENNINO DELLA SATIRA

Un genere classico certamente non recente

Dileggiante, graffiante, dissacrante, pungente e irrispettosa

di Paolo Moretti



La Tradotta 11 Novembre 1918


La Satira è un genere classico certamente non recente. La letteratura classica latina e greca, per tacere di quelle a noi culturalmente meno vicine, ce ne ha fornito esempi a volontà. Ma molto più di recente se ne è avuta una sorta di ufficializzazione attraverso l’immediatezza della connotazione figurativa, la più adatta a dar conto, attraverso l’immagine ed eventualmente un breve commento scritto, di eventi vissuti in chiave critica ma sempre nell’ambito di una declinazione “risibile”, atta a dileggiare con credine e talora con virulenza, eventi ed opinioni verso le quali la prevalenza nutriva sentimenti di ostilità.
Frutto di questi sentimenti, la nascita, anche nel nostro Paese, della rivista satirica, prima delle quali “L’Arlecchino” che nasce a Napoli nel 1848. In quell’anno vivace e tumultuoso numerose sono le consimili iniziative giornalistiche che vengono alla luce nelle tante capitali politiche e culturali dell’Italia del tempo: “Lo spirito Folletto” a Milano, il “Sior Antonio Rioba” a Venezia, “Il Fischietto” a Torino, “Il lampione” a Firenze, “La Forbice” a Palermo. Non tutte hanno lunga vita ma testimoniano in modo efficace la curiosità intellettuale e l’impegno politico di quella che oggi chiameremmo la borghesia illuminata. Nelle biblioteche delle grandi famiglie borghesi dell’Ottocento e del primo Novecento si trovavano sovente delle riviste satiriche, locali e nazionali.
Le riviste satiriche seguono le vicende politiche dei vari stati italiani e, di conseguenza, non tutte godono di lunga vita.
Nel Piemonte nasce nel 1856 un’altra importante pubblicazione “Pasquino” e a Genova una “Strega” successivamente chiamata “Maga” di sentimenti mazziniani e certamente non gradita al governo sabaudo.
A Roma, dopo un gran numero di giornali satirici apparsi durante l’effimera stagione della Repubblica romana, bisogna attendere la breccia di Porta Pia e l’arrivo dei “buzzurri piemontesi” per vedere iniziative editoriali sui due fronti. I “buzzurri unitari” e i nostalgici papalini si fronteggiano anche con le armi della satira. Sella e Lanza, da una parte ed il clero dall’altra sono le vittime preferite dei disegnatori satirici, questi hanno firme importanti e la satira è spesso pungente ed aggressiva.
I lettori di quelle riviste appartenevano alla borghesia, salvo rare eccezioni dei contadini che appendevano ai muri delle loro misere case le argute ed insolenti pagine colorate dei giornali.
Dal 1900 grande successo hanno “Il Guerin Meschino” di Milano e “Il Travaso delle idee” di Roma che trattano argomenti di facile comprensione per un pubblico più vasto.
Ci si avvicina ad un periodo di tensioni e la satira sposa le tesi interventiste: attacca Giolitti e i neutralisti, contrastati dalle graffianti tavole di Scalarini su l”Avanti”, contribuendo così a un clima di eccitazione che porta all’entrata in guerra del nostro Paese.
Le sorti belliche non furono rapide e fortunate come era negli auspici e, dopo Caporetto, nascono numerose testate satiriche che hanno lo scopo evidente di sollevare il morale delle truppe, e creare un clima di grande avversione nei confronti delle armate austrotedesche.
Anche nel periodo fascista non manca la satira. I disegni di Sironi presentano il volto del fascismo duro e puro, mentre “Il selvaggio” di Maccari coglie aspetti di una fronda vivace e mostra quanto sia articolato il movimento fascista. Negli anni trenta nascono a Milano e a Roma giornali quali “Il Bertoldo” e il “Marc’Aurelio”. Il “Barbagianni” e “L’Uomo di pietra” vengono pubblicati sino al 25 aprile 1945.
Negli anni successivi nel mondo della satira sembra prevalere l’orientamento moderato e conservatore che trova la sua espressione ne “L’uomo qualunque” di Giannini, nel “Candido” di Guareschi e ne “Il Borghese” di Longanesi.
La straordinaria personalità di Guareschi e Longanesi è alla base del successo editoriale delle loro riviste che caratterizza gli anni Cinquanta e Sessanta.
Il movimento del ‘68 cambia il clima politico e la satira, sensibile ai mutamenti politici, lo mette in grande evidenza.
Pino Zac eclettico, graffiante e dissacrante disegnatore colleziona processi e successi. Il suo giornale “L’anamorfico” ha breve durata ma consente anche ai lettori italiani di conoscere la sbrigliata e suggestiva fantasia di un affascinante anarco-individualista di raro anticonformismo.
Negli anni Settanta e Ottanta prevalgono i giornali di sinistra “Il Male”. “Tango” e “Cuore” con una nuova generazione di disegnatori che sanno imporsi all’attenzione generale.
Da allora i tempi sono cambiati: non mancano tentativi coraggiosi, ma non si hanno più riviste satiriche di buona diffusione, salvo il caso particolare del “Vernacoliere” talvolta greve, ma sempre pungente e coerente con la sua impostazione irrispettosa nei confronti dei Palazzi e dissacrante nei confronti dei dogmi.
Ora la satira politica non si esprime più con il giornale specialistico, ma viene ospitata in vignette in prima pagina, anche per l’abilità dei vari Altan e Vauro, Gianelli e Forattini, ai quali va riconosciuto il merito di avere, a suo tempo, messo a disposizione dei giovani disegnatori lo spazio di “Satyricon” e di aver fatto conoscere al grande pubblico artisti che hanno avuto meritati riconoscimenti negli anni più recenti.
Appare con successo la satira televisiva e, sia pure limitata, la satira internettiana.
Resta il rammarico della mancanza di una rivista satirica di larga diffusione che sappia rinverdire gli allori del passato, ma non deve venire meno la speranza.