Anno 7 - N. 19/ 2008


IL MENU’

Come presentare e sintetizzare “piatti, cultura e bontà”

di Rosanna Veronesi



Menu in onore di Filippo Tommaso Marinetti (1924)


Si racconta che il primo menù sia stato concepito a Parigi nel secolo XVIII per merito del principe russo Alessandro Borosovic, ambasciatore nella capitale francese dello zar Alessandro I.

Il termine rimanda immediatamente al corrispondente francese, ma secondo uno studioso italiano deriverebbe dal vocabolo “minuta”.
Naturalmente tutti conosciamo quei piccoli cartoncini in cui vengono elencati, in bello modo, i piatti che i ristoranti propongono ed è noto, che l’aspetto estetico contribuisce a rendere maggiormente allettante ogni prelibatezza.

Curiosi, estrosi, rigorosi, preziosi, eleganti, i menù rendono merito all’evoluzione del gusto e del tempo, documentando altresì, la vita nelle diverse sfaccettature; dalla politica all’arte, dalla letteratura alla vita pubblica.

La bellezza formale con cui sono stati concepiti, fa sì che gli stessi, siano diventati ambiti oggetti da collezionismo privato, anche se l’aspetto estetico sembra sia soltanto una delle loro componenti.
Il menù rappresenta il desiderio di vivere un momento passato, quasi a scomporre una storia attraverso un momento conviviale, con racconti che riguardano la propria o l’altrui vita, sintetizzando un incontro storico, un’occasione culturale d’altri tempi.

Il menù ha un’importanza fondamentale nell’accostamento dei piatti, dei vini, della valorizzazione della cucina territoriale e della civiltà della tavola.

Attraverso le loro descrizioni siamo in grado di cogliere la ricchezza dei banchetti reali, dei protagonisti della vita pubblica, di pranzi di nozze, di avvenimenti sportivi, di nascite o anche morte dei personaggi che vi hanno partecipato.
Con i menù possiamo seguire l’evoluzione del gusto nel corso dei secoli nei grandi o piccoli alberghi, su navi o aerei, con un sistema classificatorio piuttosto unico.

Il menù è la sintesi che può competere e divenire talvolta, piccola opera d’arte, perché riesce a tramandare e perpetuare attraverso il segno grafico il patrimonio della civiltà del gusto.

Immagini rare e preziose, disegni semplici o raffinati, litografie con ritocchi dorati o argentei, profili stagliati nel minimo spazio che funge da copertina con piegature che poi svelano all’interno, l’elenco delle portate, (a volte racchiuse in cornici con sovrapposti) con stemmi nobiliari del casato di appartenenza, con illustrazioni firmate da nomi celebri, artisti, ideatori e testimoni di ciascuno stile.

Menù a sorpresa, menù a richiesta, menù che ingolosisce e diventa alibi (questa è l’ultima cena, prima della dieta) per far dimenticare i problemi del peso e del colesterolo; insomma… sfogliando un bel menù… viene proprio voglia di collezionarlo, ma anche di gustarne il contenuto descritto.

E SE PARLIAMO DI MENU’…

La cucina francese, da sempre acclamata, tra le più note e importanti, vanta anche il primato di aver concepito riguardevoli raccolte intorno all’argomento prescelto.
Sono di Maillard a fine Ottocento e Mordacq a fine Novecento, i testi fondamentali sulla storia dei menù.

A Thun (Svizzera) esiste il Museo dei Menù; mentre in Italia è nota la Raccolta Bertarelli del Museo del Castello Sforzesco di Milano, considerata tra le maggiori del Mondo.

Da citare è l’Archivio di Stato di Torino che raccoglie un’importante selezione di menù italiani.
E di rilievo mondiale è quella presente in due ampie sale all’interno della Public Library di New York

Seguono, quella preziosissima del Delegato di Bologna San Luca dell’Accademia, Maurizio Campiverdi; quella di Livio Cerini di Castagnate e quella di Enrico Guagnini di Bolgheri.

I menù pubblicati e da me fotografati in queste pagine, appartengono invece alla collezione di Eugenio Bardoni di Milano.