Anno 5 - N. 14/ 2006


Il caffè delle Muse

Adele Desideri, finalista al premio San Pellegrino di quest’anno

di  Francesco Piscitello



Adele Desideri


Di primo acchito non somiglia alla sua poesia, Adele Desideri, finalista al premio San Pellegrino di quest’anno. Veste con proprietà, senza sbavature, dissonanze. Parla piano, la parola è fluente ma sobria, levigata. Il gesto è naturale, spontaneo e tuttavia contenuto, lieve. Boldini l’avrebbe ritratta volentieri.
Ma poi prende la penna: e ne escono testi come quelli dei quali trascrivo qualche frammento.

....
Rabbia.
Rabbia.
Schiuma viscida.

Velo funebre.
Lapilli di violenza
scompigliano
l’orizzonte
oscuro.
.....

oppure

.....
Notturna
impazza
l’autostrada.

È tempo.

Lenta
uggia
poi travaglio.

Stupro.
Diserzione.

Brividi.
Rotti
conati
nauseabondi.

Non vista,
non vostra.

Candido
correo
barbaro
complice.
.....



Dai versi esce un’Adele diversa da quella che siede ora di fronte a me, un’Adele che metterebbe a suo agio Bosch più che Boldini. Scrive Ottavio Rossani nella postfazione a NON TOCCO GLI IPPOGRIFI (Campanotto editore, 2006) che lui, non senza ragione, chiama un’eruzione poetica: “...Tornano i ricordi, le autolimitazioni, le scoperte, le imprecazioni ma anche le invocazioni, le preghiere e le violenze. Una lava ribollente - anche questa metafora è aderente all’opera - che si riversa fuori dal cratere della vita. L’autrice, a questo punto, non può controllare, non vuole scegliere i materiali; li butta all’intorno, li deposita con la loro veemenza, non li riguarda nemmeno, poi torna a scavare, a dissodare, ad estrarre e ancora a depositare...”.

.....
I cavalieri della morte
l’incapricciavano
a danzar lussuriosa,
la istigavano
a guerreggiare,
smarrita.
.....

Neologismi, predicati senza verbo e verbi senza soggetto, sostantivi, aggettivi, avverbi che irrompono inaspettati e improbabili in un testo di inquietante asperità. Non invenzioni linguistiche, tuttavia, non licenze del poeta. Linguaggio primario piuttosto, quello dell’es, quello dell’inconscio, dove nulla ha forma sicura, contorni precisi, dove passato, presente, futuro si mescolano in un magma temporale astorico, dove il possibile non si distingue dal reale, il timore dalla speranza, l’anelito dall’orrore ed ogni cosa non è diversa dal suo contrario: ma l’ossimoro è dell’anima prima che della parola.
Leggere il verso impervio di Adele non è facile e forse è pericoloso. Il lettore avverte prepotente il desiderio di spalancare le braccia, braccia che vorrebbero raccogliere ed accogliere la disperata richiesta, peraltro mai detta, che quel torrente trascina con sé: ma si guardi dal farlo, se ne guardi bene, se non è più che saldo, ben fermo sulle sue gambe. O Adele lo travolgerà.