Anno 1 - N. 1 / 2002


salute OGGI come IERI

MEMORIE ANCESTRALI LEGATE AL CIBO E ALLA SUA PREPARAZIONE

Memorie ancestrali legate al cibo e alla sua preparazione

di Ambra Morelli



Come l'acqua per il cioccolato. Regia di Alfonso Arau (1992)


È una vecchia storia: è superfluo ribadire quanto l'alimentazione sia anche un momento culturale! Oltre a soddisfare un fabbisogno biologico, d’ importanza vitale, il cibo nutre anche lo spirito o meglio, lo spirito si nutre anche dei messaggi che, nell'andare dei tempi, il rito alimentare trasmette. Le radicate abitudini alimentari, non sono solo l'informazione che passa da padre a figlio, ma l'input che giunge dalla notte dei tempi fino a noi caricandosi, ad ogni passaggio generazionale, di credenze, usi, manifestazioni affettive, ecc.
È attraverso il cibo e la sua preparazione culinaria, nell'occasione in cui viene proposto, che si trasmettono sensazioni e sentimenti. Non è raro trovare in libreria romanzi il cui tema è imperniato, direi addirittura "infarcito" di ricordi gastronomici ed usi alimentari, il tutto a saldare la storia umana in un comune piacevole ritrovarsi, riconoscersi, persino conoscersi. Perché noi siamo quello che mangiamo. La cucina per chi la pratica con passione e convinzione, ha nelle dosi di ogni ingrediente un che di magico, perfetta ricerca di combinazione di più componenti, e per chi la consuma, la ricerca del piacevole ricordo del "sapore di casa". Tutto ciò si fonda perfettamente nella cinematografia che è in grado di raccontare e di rendere possibile, con gli effetti speciali, i sogni o i pensieri: nel non recentissimo film del messicano Alfonso Aran "Come l'acqua per il cioccolato" (1992) i sentimenti e le sensazioni così forti e pregnanti della protagonista, vengono trasportati, attraverso la preparazione dei pasti di famiglia, ai commensali che ne assorbono la forza e la potenza dell'impalpabile sentimentalità. Così, attraverso il piacere di gustare preparazioni d'alto livello ga- stronomico, chi mangia di quel cibo, assorbe anche l'essere di chi l'ha preparato (la protagonista): concetto stregonesco, pensandoci, più vicino ad un "cannibalismo" di sentimenti umani.
Più recentemente, nello scorso anno cinematografico, la filmografia europea ha esaltato l'argomento con due film, a mio parere, dello stesso tono: "Chocolate" del regista Lasse Hallstrom, dove si narra la storia di una donna e sua figlia che giungono in un piccolo villaggio francese ed aprono una cioccolateria. Il film è pervaso dai momenti di miscelazione degli ingredienti magici che si fonderanno nel cioccolato, peraltro noto alimento afrodisiaco, ingredienti che sono anche lo strano fascino della protagonista che riuscirà a scuotere la rigida moralità della piccola comunità. L'altro, "Vatel" di Roland Joffè dove il protagonista, Vatel appunto, è cuoco alla corte del Re Sole, o meglio la più complessa figura di cuoco-dispensiere-regista delle feste di corte, feste in cui il cibo è magnificenza e possibilità di esprimere potere attraverso le presentazioni più solenni ed impensabili, aristocratiche rappresentazioni realmente esistite a testimonianza di un epoca, arrivata al suo tramonto, e all'evoluzione del gusto.
Proseguendo nel nostro percorso attraverso la rappresentazione di quanto il cibo faccia parte delle nostre radici più profonde si può dare uno sguardo al mondo asiatico per scoprire che, ovviamente, non è indenne dall'affascinante argomento che imbriga ogni nostra fibra e ogni nostra azione quotidiana, pur se non a livello conscio. "Mangiare, bere, uomo, donna" del regista Ang Lee del 1994, è un delizioso film visto da pochi in Italia, tenera storia ambientata a Taipei, dove la preparazione del cibo è diffusa in tutto il film, quasi si sente l'odore…e dove il protagonista che è cuoco e padre di famiglia, miscela gli ingredienti della vita in ogni sua preparazione nel wok, nella vaporiera di bambù o in preparazioni molto più lente ma più accurate e bisognose di attenzioni, come l'anitra laccata: ogni preparazione gastronomica segna un momento della vita della famiglia protagonista a sottolineare parallelismi con la vita e la necessaria cadenza dei suoi ritmi.
Straordinario tentativo teatrale è quello proposto da "Cookin'" di Seung-Whan Song che sull'onda del successo inglese e italiano dello scorso anno, si ripropone al pubblico di Milano anche nella prossima primavera. Dopo i libri che danno spazio infinito alla elaborazione fantastica e dopo il cinema che realizza le immagini impossibili, il teatro che mette in scena il significato culturale del cibo mi sembra un evento da non perdere. Un musical ambientato nella cucina di un moderno ristorante che celebra la cultura dell'autore, coreano, con l'accompagnamento di ritmi tradizionali elaborati con pentole, evidenti sbuffi caldi dai forni, aria polverosa e diffusione di flavour. In oriente la preparazione dei pasti richiede un'eccessiva quantità di tempo, perché tanti sono i coinvolgimenti rituali, messi in evidenza dall'inchinarsi degli attori, di tanto in tanto, davanti alla dispensa-santuario che conserva idealmente i cibi.
Del cibo e la sua cultura potremmo parlare all'infinito, ma è proprio su quest'ultima ipotesi, su quest'ultimo indizio che terminerò riallacciandomi, al titolo della rubrica "Oggi come ieri" poiché il cibo è, da sempre, "cerimonia" a tutte le latitudini.