Anno 5 - N. 13/ 2006


Storia della Medicina

La diagnostica moderna

Le scoperte scientifiche del secolo xix e xx hanno reso possibile l’imponente sviluppo delle possibilità diagnostiche della medicina contemporanea ed hanno influito notevolemte anche sull’approccio metodologico allo sviluppo della malattia

di Francesco Piscitello



TAC ENCEFALO

A sinista, l'acquisione dell'immagine durava alcune ore (1975) A destra, 1 secondo per acqusire l'immagine (2000)


Come Sherlock Holmes metteva insieme indizi confrontandoli tra loro, cercando, attraverso coerenze e discordanze, di ricostruire una storia plausibile del crimine e di scoprire l’identità dell’omicida, nello stesso modo il medico si è sempre comportato con i sintomi segnalati dal paziente ed i segni che lui stesso osservava, allo scopo di riconoscere l’identità della malattia, di formulare una diagnosi. Così, sapendo ad esempio che alcune malattie del fegato ne accrescono il volume, potrà ricercare l’aumento della massa epatica affondando le dita nella parte alta dell’addome, a destra, in prossimità dell’arcata costale, sotto la quale l’organo si trova nascosto, inaccessibile al tatto: l’ingrandimento di questo viscere, facendolo sporgere oltre il limite di quell’arcata, lo rende apprezzabile alla palpazione, fornendo uno di quegli indizi ai quali sopra si è accennato. Questa modalità di riconoscimento della malattia costituisce la diagnostica clinica alla quale ha dato un enorme impulso l’opera di Giovanni Battista Morgagni, che nel 1761 aveva pubblicato il suo De sedibus et causis morborum per anatomen indagatis (1) nel quale descriveva con estrema accuratezza le alterazioni di forma e struttura dei diversi organi corrispondenti alle diverse malattie che li colpivano. La vistosa evoluzione della scienza nei secoli XIX e XX, nel campo della chimica e della fisica oltre che della biologia e della medicina, ha lentamente trasformato questo procedimento: accanto a segni e sintomi dal carattere soltanto indiziario e non patognomonico (ossia sicuramente indicativo di una e una sola forma morbosa) sui quali costruire il ragionamento diagnostico, sono apparse vere e proprie prove, dimostrazioni pressochè inconfutabili della presenza di una malattia definita. Ciò non significa, naturalmente, che la riflessione diagnostica abbia perduto di attualità: ma occorre riconoscere che essa è stata enormemente facilitata dalla grande affidabilità dei dati che i moderni strumenti mettono a disposizione del medico. Oggetto di questa esposizione non è tanto la descrizione dei diversi mezzi diagnostici a disposizione della medicina moderna, quanto la loro origine lontana nelle scoperte scientifiche che ne hanno reso possibile l’impiego.

LA DIAGNOSTICA MICROSCOPICA

Il microscopio è comunemente considerato un’invenzione di Antoni van Leeuwenhoek (1632-1723). In realtà il funzionario pubblico olandese - quello per le scienze naturali era un interesse privato, un hobby - si limitò ad apportare qualche modesto perfezionamento a strumenti già esistenti. Il suo merito principale furono le scoperte che la grande abilità nell’uso di quell’apparecchio ancora rudimentale ed il grande intuito e rigore metodologico gli consentirono di trarre informazioni sugli aspetti strutturali di organi e tessuti vegetali e animali, microrganismi fino alla scoperta più celebre, gli spermatozoi. Pian piano l’indagine microscopica, anche grazie all’evoluzione tecnologica che consentiva di disporre di strumenti sempre più accurati ed affidabili, si estese all’anatomia ed alla patologia umana per culminare nell’opera del tedesco Rudolf Virchow (1821 - 1902), fondatore della patologia cellulare, del francese Pasteur (1822-1895), dell’italiano Camillo Golgi (1843-1926), dello spagnolo Santiago Ramon y Cayal (1852-1934) e di tanti altri. Attraverso l’esame microscopico di preparati anatomici è possibile riconoscere lesioni di tessuti e cellule non riconoscibili ad occhio nudo, alterazioni di numero e di forma di diversi componenti di liquidi organici come il sangue, l’urina, il liquido cerebrospinale: lesioni, alterazioni che contrassegnano inequivocabilmente una ed una sola malattia: autentiche prove, dunque, e non semplici indizi. Nello stesso modo sono riconoscibili, negli stessi tessuti e liquidi organici, microrganismi che vi sono presenti e che sono causa della malattia sospettata.
L’antico microscopio ottico, che utilizzava lenti di vetro per l’ingrandimento dell’immagine, è stato affiancato - sebbene non sostituito, giacchè in qualche modo diversa ne è l’utilizzazione - da strumenti a tecnologia assai più raffinata che consentono indagini più approfondite e dettagliate: basti ricordare, per tutti, il microscopio elettronico.

LA DIAGNOSTICA FUNZIONALE

La malattia non comporta solamente una modificazione della morfologia e della struttura degli organi e dei tessuti e delle cellule che li compongono: ne altera anche la funzione. L’indagine diagnostica si rivolge anche a quest’ultima, registrandone quelle modificazioni che indirizzano verso la presenza di questa o quella condizione patologica.
Quando la funzione alterata dal processo morboso è di natura chimica se ne possono riscontrare gli effetti nella presenza di sostanze anomale, non presenti se non in quella specifica malattia, in questo o quel tessuto, in questo o quel liquido organico. Nella maggioranza dei casi, invece che di sostanze anomale, si tratta di un eccesso o di un difetto di sostanze comunque presenti in condizioni di salute normale. L’esempio più noto e quello del glucosio nel diabete. Quando, a causa di questa malattia che limita la capacità di alcune cellule del pancreas di produrre l’insulina, un ormone dal quale dipende la regolazione degli zuccheri nell’organismo, aumenta la concentrazione del glucosio nel sangue, che può essere individuata chimicamente.
Questa modalità di diagnostica funzionale è resa possibile dagli sviluppi della chimica che, mettendo a disposizione della medicina mezzi sempre più raffinati di analisi, consente di riconoscere la presenza di un numero sempre maggiore di composti chimici: attualmente le sostanze che siamo in grado di dosare nel sangue od in altri prodotti organici sono molte migliaia. Ben si comprende perciò quanto sia difficile redigere un elenco, anche limitatissimo, di quanti hanno contribuito allo sviluppo di questo settore diagnostico.
Oltre che di natura chimica, la funzione di un organo o di un apparato ed i meccanismi che la rendono possibile possono essere di ordine fisico. Il cuore, ad esempio, è una pompa muscolare il cui ruolo è quello di imprimere al sangue quel movimento che lo condurrà nelle arterie, nei capillari e nelle vene fino a tornare al cuore stesso, in un percorso circolare. Il ritmico contrarsi e rilasciarsi delle fibre miocardiche è reso possibile dal susseguirsi di fenomeni elettrici sulla membrana della fibra miocardica stessa: questi eventi sono registrabili all’esterno e costituiscono l’elettrocardiogramma, metodologia elaborata da Willem Einthoven (1860-1927), docente di fisiologia a Leida il quale, mediante un galvanometro a corda, misurava l’intensità dei potenziali elettrici della cute, un’eco dei potenziali elettrici del cuore. Molte condizioni morbose del cuore sono in grado di influire su questi potenziali elettrici, cosicchè è possibile dedurre, dall’aspetto dell’elettrocardiogramma, la presenza di diverse situazioni di sofferenza di quest’organo.

LA DIAGNOSTICA PER IMMAGINI

Wilhelm Conrad Röntgen era direttore dell’istituto di Fisica e rettore dell’Università di Würzburg quando, nell’ottobre del 1895, nel corso di esperimenti nei quali stava impiegando il tubo catodico di Hitton-Crookes, si rese conto che con questo si poteva realizzare una radiazione assai più penetrante dei raggi catodici: Röntgen chiamò X questa radiazione che riusciva ad attraversare numerosi oggetti e poteva essere fissata su di una lastra fotografica sulla quale apparivano immagini più o meno chiare secondo lo spessore e la natura dei materiali attraversati. Il 22 dicembre fece attraversare dai raggi X una mano di sua moglie: sulla lastra fotografica le ossa e due anelli si stagliarono nettamente sullo sfondo più chiaro delle parti carnee.
Era nata la radiologia, le cui possibilità di impiego clinico, a differenza che per l’elettrocardiogramma, furono intuite immediatamente. Il premio Nobel per la fisica fu conferito a Röntgen nel 1901.
La radiologia è il capostipite dei metodi diagnostici che oggi vengono detti “per immagini”, ossia di quelle procedure metodi che mostrano l’immagine di organi non osservabili a causa della loro collocazione all’interno del corpo. Il metodo radiologico è stato successivamente perfezionato per aumentarne l’accuratezza: la stratigrafia o tomografia consente di focalizzare l’immagine su di un solo strato del segmento corporeo esplorato, una “fetta”, per così dire; si sono impiegati mezzi di contrasto che, ingeriti o diversamente introdotti, riempiono cavità corporee di cui acquistano la forma che si rende visibile a causa della loro grande opacità ai raggi X; l’elaborazione informatica di immagini radiologiche consente la grande nitidezza della tomografia assiale computerizzata (TAC è l’acronimo universalmente conosciuto) e così via. Vi sono poi metodi che non impiegano i raggi X, come l’ecografia che studia l’eco di ritorno di ultrasuoni rimandati dalle strutture corporee che ne vengono colpite; la scintigrafia, che mostra l’immagine di un organo attraverso l’emanazione - captata da un contatore Geiger e registrata su carta od altro supporto - di una sostanza radioattiva che vi sia stata introdotta ed altri metodi ancora come la RNM, risonanza nucleare magnetica o la PET, tomografia ad emissione di positroni e così via.
Raccontare la storia della medicina focalizzando l’attenzione soprattutto sui grandi personaggi, secondo lo stile di questa rubrica, è particolarmente difficile nel caso della medicina dei nostri giorni, si tratti di ritrovati diagnostici come nel caso di questa esposizione o di altri suoi aspetti. Nella scienza contemporanea infatti è assai difficile dare il merito di un ritrovato a questo o quel singolo studioso: sempre di più le scoperte sono frutto della somma di innumerevoli piccole osservazioni, della loro integrazione in un sistema più complesso ad opera di un insieme di specialisti in settori spesso assai diversi e che, a volte, neppure si conoscono tra loro. Nel caso della medicina, poi, non di rado si tratta di applicazioni a questa disciplina di principi elaborati da scienziati appartenenti ad un mondo completamente diverso e che, forse, mai avrebbero immaginato un uso sanitario delle loro ricerche. L’aumento della lunghezza d’onda di un fenomeno ondulatorio se la sua fonte si allontana e la sua diminuzione si avvicina, noto come effetto Doppler dal nome del fisico che lo descrisse, viene impiegato, ad esempio, in acustica od in astronomia per studiare l’allontanamento delle galassie: ma viene utilizzato anche nella diagnostica circolatoria del sangue nei vasi mediante l’ecografia ad effetto Doppler.
L’espressione, ritenuta troppo lunga dai medici, viene semplificata in ecografia doppler, dove il povero Christian Doppler (1803-1853) perde il diritto all’iniziale maiuscola del cognome o, nell’ancor più semplice neologismo ecodoppler - un termine noto anche a molti non medici - scompare addirittura come persona, inglobato in un sostantivo .

ELETTROCARDIOGRAMMA

L’importanza diagnostica dell’elettrocardiogramma, che nacque nel 1903, non fu subito compresa.
Quest’invenzione, uno dei più importanti strumenti diagnostici della medicina moderna, dovette attendere cinque anni e la pubblicazione di Einthoven del suo Weiteres über das Elektrokardiogram prima di venir considerata degna di una qualche attenzione. Del resto, non è sempre facile, in campo scientifico, formular previsioni sul destino delle novità. Lo riconosceva umilmente Ampére quando, a chi gli chiedeva a cosa servissero le sue scoperte in tema di elettricità rispondeva: “A cosa serve un bambino appena nato?”.

Endoscopia Digestiva
Il sistema
diagnostico cosidetto“Given image”, che permette l’esplorazione delle vie digestive tramite una piccola capsula dotata di una microtelecamera che viene ingerita dal paziente, trasmette immagini delle formazioni cave attraverso le quali transita. Attualmente è utilizzabile solo per lo studio del piccolo intestino.

RMN
Cappa a flusso laminare con lampada a raggi ultravioletti impiegata per la fase di estrazione del DNA da campioni biologici.
A sinistra immagine di Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) cerebrale del 1975. Per l’acquisizione dei dati grezzi occorrevano parecchie ore, per ricostruirla in immagine alcuni giorni. A destra una TAC di ultima generazione, tempo di acquisizione e visualizzazione è di circa un secondo.
Arco Agiografico
Ritratto di Wilherm Einthoven.