Anno 4 - N. 12/ 2005
Perché non ci nutriamo
con carbone e petrolio?
ELOGIO DEL CARBONIO
Il ciclo del carbonio nei processi vitali e
la sua capacità di discriminazione
di Vittorio Macchi
Quest’attimo di luce
la vita
accesa
nella lunga notte
del buio eterno
(P.F. Vitale)
Banale è il paragone tra l’organismo vivente e la macchina, intendendo per macchina quell’artificio meccanico che sfrutta per muoversi la combustione o lo scoppio, come la vaporiera o l’automobile. Sia l’organismo vivente che l’altro necessitano dell’Ossigeno (O²) che combinano col Carbonio (C) o coi suoi composti ed emettono Anidride Carbonica (CO²), sfruttando l’energia che si libera dalla combinazione chimica.
Le macchine usano il Carbonio del Carbone o degli Idrocarburi come il Metano e il Petrolio, composti di Carbonio e di Idrogeno (H). Perché noi non possiamo fare altrettanto? Eviteremmo di dover sopprimere altri esseri viventi, costretti come siamo, per nutrirci, ad utilizzare composti del Carbonio già facenti parte di altre vite. A ben considerare, le sostanze usate come combustibile per le macchine hanno già fatto parte di organismi vitali. Ciò è ovvio per la legna, ma anche per il Carbon fossile che è noto essere il residuo di antiche foreste. Pure per il petrolio vi sono prove che lo fanno ritenere di origine organica. Tali combustibili pertanto appaiono quasi prodotti di scarto non più utilizzabili da qualsiasi organismo vivente, il che appare strano in quanto la loro unione con l’Ossigeno, come fa l’uomo innescando con una scintilla la combustione, produce grandi quantità di energia.
In Natura esistono inoltre altre grandi quantità di composti del Carbonio che hanno origine organica, come i carbonati di Calcio e di Magnesio che costituiscono gruppi montuosi quali le Dolomiti.
Queste, come noto, traggono origine da minuscoli esseri, i Coralli. Anche i depositi della così detta Farina fossile sono costituiti da miliardi di minuscole conchiglie costruite da Molluschi. I carbonati, a differenza degli altri composti del Carbonio sopra menzionati, non sono suscettibili di ossigenazione e quindi non più fonti di energia.
In base a tali considerazioni il processo vitale può essere considerato come una specie di inattivazione del Carbonio che nei composti “organici”, cioè costituenti di organismi vitali, possiede una energia chimico-fisica assai elevata, espressa dalla doppia valenza, ossia dalla capacità di potersi legare con due o quattro atomi di Idrogeno, dalla capacità di formare composti ciclici, dai doppi o triplici legami ed altro.
Dopo aver ceduto l’energia per l’attuazione delle manifestazioni vitali, il Carbonio subisce un decadimento e dà luogo a composti che pur possedendo, alcuni di essi, ancora la capacità di ossigenarsi, come abbiamo visto, sono accumulati nell’ambiente come sostanze inerti e nell’atmosfera come CO². Questo processo dura da millenni e ci si può chiedere come mai il Carbonio attivo non si esaurisca.
La risposta è nel riutilizzo dell’anidride carbonica da parte dei Vegetali mediante il processo della Fotosintesi clorofilliana che sfrutta l’energia del Sole, irradiata dai fotoni della luce. Negli esseri appartenenti al Regno Vegetale coesistono, come noto, due processi: uno di respirazione (vale a dire dall’unione dell’O² al C in CO², processo comune anche agli animali ) e l’altro dell’utilizzo del CO² dall’atmosfera, la cui origine è in parte dovuta al processo di respirazione degli esseri viventi ma anche, in proporzioni pressoché equivalenti, da altre fonti, come combustioni, vulcani ecc., come precisato da Allen e coll. (1)
È opinione comune che il processo della fotosintesi consista nella liberazione dell’ossigeno dalla scissione del CO².
Sperimentalmente è facile constatare la grande quantità di O² che produce un organismo vegetale, come ad esempio un’alga, quando viene illuminata, ma lo scopo principale del Cloroplasto, l’elemento della fotosintesi, è la trasformazione del C tratto dalla scissione del CO², da una fase inattiva in una ionicamente ed elettronicamente attiva e così fargli quindi acquisire le proprietà del C organico.
Questa asserzione si basa su alcune considerazioni. Dagli studi geologici sulla composizione delle rocce più antiche, oltre tre miliardi di anni fa, si ricava che l’atmosfera allora era assai più riducente dell’attuale, perché ricca di Metano (CH4) e di Ammoniaca (NH³) e povera di O². (2)
Già allora esistevano organismi vitali il cui metabolismo non era basato sull’O², ma su altri processi chimici pur sempre attivati dall’energia solare.
Esistono tuttora organismi in cui, come nei primordiali batteri, il processo di fotosintesi non produce O², ma altri prodotti. (3)
Nelle ere successive si è attuato un cambiamento dell’atmosfera che, arricchita di O², da riducente si è trasformata in ossidante.
Le nuove condizioni ambientali hanno indotto le forme di vita a cambiare tipo di metabolismo, utilizzando l’ossidazione del C in CO² quale fonte di energia, stesso procedimento che noi sfruttiamo nelle macchine ma con produzione di grandi quantità di calore. L’attuazione della reazione senza raggiungere temperature elevate, incompatibili coi fenomeni vitali, comporta l’impiego di un complesso sistema di enzimi, pur essi composti di Carbonio. È stato ipotizzato che tale procedimento sia stato realizzato per primi da piccoli esseri unicellulari detti Mitocondri. Gli altri organismi trovarono opportuno captare ed inglobare nel proprio interno i Mitocondri, per sfruttarne le capacità. Da allora in ogni essere vivente, il cui metabolismo è basato sull’ossigenazione, vi sono i Mitocondri che coesistono in una specie di simbiosi mantenendo il loro apparato riproduttivo col proprio materiale genetico, distinti da quelli dell’ospitante.
Appare chiaro che le prime forme di vita siano state quelle vegetali e che in seguito gli appartenenti al Regno Animale, in quanto privi di cloroplasti e quindi incapaci di “ricaricare” il proprio Carbonio, non poterono fare a meno di vivere a spese dei vegetali o di altri animali a loro volta usufruenti materiale vegetale composto da Carbonio organico.
Non si sa esattamente in cosa consista la differenza sul piano chimico-fisico od elettronico tra le due forma di Carbonio, quello dei composti organici e l’altro meno attivo.
È opportuno ricordare le peculiari caratteristiche dell’elemento Carbonio. Questo, allo stato puro, esiste in natura sotto tre forme assai diverse: una amorfa e due strutturate, quali la grafite e il diamante.
In quella amorfa gli atomi di C sono legati in modo irregolare, nella grafite invece sono legati in forme esagonali ordinate in strati. Nel diamante i legami sono fortemente stretti in tutte le direzioni, il che conferisce l’estrema durezza.
Nel 1985 Harold Kroto scoprí infatti che la struttura di una composizione superstabile di carbonio (C60) da lui osservata in una nebulosa era quella di un icosaedro troncato, a sessanta facce esagonali e pentagonali disposte come in un pallone da calcio. Nel 1991 Robert Curl e Richard Smalley riprodussero la struttura in laboratorio e il mensile "Science" la elesse a "molecola dell'anno'': essa fu chiamata "buckminsterfullerene" in onore dell'architetto Buckminster Fuller, che aveva usato strutture icosaedriche per la costruzione di cupole geodesiche. Nel 1996 Kroto ha vinto il premio Nobel per la chimica insieme a Curl e Smalley. Ci si accorse poi che già Leonardo da Vinci aveva disegnato analoghe strutture, come ricorda A. Zeilinger nel recente ed interessante libro “Il velo di Einstein” sulla fisica quantistica. (4)
Tali forme pure di Carbonio sono stabili, così anche i composti non organici di questo elemento che consistono principalmente nei già ricordati carbonati, idrocarburi e CO². La constatazione che il Carbonio, mediante l’energia solare, acquisisce la capacità di formare la stragrande quantità di composti organici, trova probabilmente una spiegazione dalla composizione dell’elemento stesso.
Questo, come noto, è costituito da tre isotopi e precisamente il 12C e il 13C stabili, oltre al 14C radioattivo, instabile in quanto emette elettroni. I rapporti quantitativi tra i tre isotopi sono fissi.
Il Carbonio radioattivo dei composti organici, quando in questi cessa ogni attività vitale, decade lentamente trasformandosi in Azoto (14 N). Cambia così progressivamente il suo rapporto col 12C e il 13C, fatto questo su cui è basata la possibilità di datazione dei reperti organici.
Per spiegare come il decadimento non avvenga durante l’attività vitale, si può fare l’ipotesi che si formi continuamente del 14C per traslazione di elettroni, forse, dagli altri isotopi del C ma soprattutto dall’Azoto, reazione questa che è stata accertata verificarsi nell’alta atmosfera. (5) Il collegamento dell’Azoto coi processi della fotosintesi può render conto del fatto che gli Animali non possiedono cloroplasti. Questo avviene perché solo i Vegetali sanno procurarsi l’Azoto dal terreno. Fatto strano che nessun essere né Animale né Vegetale sappia usufruire dell’Azoto presente nell’atmosfera di cui ne rappresenta il 78% e che quindi entra ampiamente nei polmoni con l’aria che respiriamo. Possiamo fare un’altra considerazione. La Clorofilla che col suo bel verde colora tutto il mondo vegetale, ha una formula chimica analoga a quella dell’Emoglobina del sangue degli animali, di un rosso vivace. Ambedue sono costituiti da 4 gruppi pirolici legati da un metallo, il Ferro per l’Emoglobina, il Magnesio per la Clorofilla. L’Emoglobina dell’organismo animale ha un compito in complesso modesto, quello del trasporto dell’O² e di cederlo ai tessuti. Per analogia si può ipotizzare che la Clorofilla abbia essenzialmente il compito di captare e di veicolare il CO², mentre l’azione di “ricarica” del Carbonio sarà devoluta ad un complesso sistema di composti del Carbonio il cui modo di agire sotto l’influenza della luce non è ancora chiaro.
Molti sono stati gli studi sulla fotosintesi, anche ricorrendo al CO² marcato con C radioattivo fatto assorbire da alghe per chiarire i processi metabolici indotti. Se ne può avere un quadro complessivo nel capitolo “Fotosintesi” di J. A. Bassham nell’Enciclopedia del Novecento della Treccani. (3)
Con tali studi si è potuto determinare il rapporto tra il numero dei fotoni che agiscono sul cloroplasto in un determinato tempo e la quantità di O² liberata, non invece la quantità di energia trasmessa al Carbonio.
Solo recentemente si è appreso che ricercatori del MIT di Boston sono riusciti a convogliare l’energia prodotta dalla fotosintesi in appositi circuiti elettronici, definendola “energia dagli spinaci”. (6)
Forse la Fisica quantistica che è partita dall’osservazione del Fotone, inteso come “quanto” di luce e che molto si è occupata delle sue caratteristiche, potrà portare utili nozioni. Se, come sperabile, si giungerà a chiarire il modo di agire del cloroplasto, allora, imitandolo, saremmo in grado di realizzare materiale nutritivo con C riattivato, partendo da elementi semplici, permettendoci così di vivere senza ricorrere alla soppressione di altri esseri viventi. È interessante notare come gli astronomi, osservando con radiotelescopio nubi di polvere cosmica hanno notato la presenza in esse di molecole organiche sia semplici come formaldeide (H² CO), acido cianidrico (HCN), ma anche abbastanza complesse come zuccheri composti da 6 atomi di C.
Altschuler nel suo interessante recente libro su “L’Universo e l’Origine della Vita” ritiene che tale materiale provenga dalle innumerevoli stelle che in vita hanno prodotto questi elementi che poi, al momento della loro morte, li hanno riversati al mezzo interstellare. (7)
IL CICLO DEL CARBONIO
Possiamo ora ricostruire il ciclo del Carbonio partendo dal CO² dell’atmosfera che, captato dal cloroplasto, per opera dell’energia del Sole, si scinde in O² e C e questo si riattiva acquistando la capacità di formare i vari composti organici. L’energia accumulata di natura chimica, elettronica o altro, viene poi impiegata per le prestazioni necessarie alle varie manifestazioni della vita. In questo processo il C si degrada e mantiene solo la capacità di formare composti con valenza 4, relativamente stabili, come il CO² e altro materiale che si accumula in depositi inattivi. Dal CO² riparte il ciclo.
Accanto a quello del Carbonio dobbiamo ricordare l’altro ciclo, quello dell’Acqua, pure fondamentale per la Vita. Anch’esso è opera dell’energia del Sole, vero motore dell’Universo. Per l’energia solare l’acqua evapora per poi ricadere in pioggia.
IL CARBONIO E LE ORIGINI DELLA VITA
La teoria evoluzionistica ci ha insegnato che all’origine di tutte le forme viventi vi è un primitivo essere unicellulare. Ma la cellula è già un organismo molto complesso con l’organizzazione del materiale genetico, il nucleo, la membrana, i ribosomi ecc. Dobbiamo risalire ai primi elementi chimici che hanno dato origine ad un composto con la capacità di dividersi e replicarsi. Questi elementi sono, come noto: il Carbonio, l’Ossigeno, l’Idrogeno e l’Azoto. Anche l’uomo è riuscito a creare composti chimici aventi la capacità di dividersi in due parti uguali, ma ciò evidentemente non basta a creare il fenomeno vitale, perché occorre che le due metà sappiano ricostituirsi e cioè riconoscere nell’ambiente i materiali occorrenti a ripristinare le iniziali dimensioni per poter dividersi di nuovo.
Pertanto tre sono le condizioni che possono essere considerate essenziali per la Vita: la capacità di dividersi, quella di “distinguere” gli elementi esterni utili e quella di inglobarli.
È con meraviglia che possiamo notare come il filosofo inglese Locke, nel 1600, indicasse per l’Uomo tre libertà fondamentali: la Libertà di vivere, di Scegliere e di Possedere, facoltà che riecheggiano perfettamente le condizioni vitali sopra ricordate. Questo è segno che le speculazioni filosofiche rispecchiano i principi fondamentali della biologia.
Il Premio Nobel Rita Montalcini ha giustamente detto che già nella cellula iniziale si può presumere una specie di arbitrio, ma, a ben vedere, si può far risalire un’analoga facoltà ai primi elementi e soprattutto al Carbonio, componente essenziale di tutti i composti organici, In questo elemento possiamo scorgere un primo barlume quasi di conoscenza. Con l’evoluzione sarà sempre il Carbonio che nelle cellule del sistema nervoso darà origine alla Memoria, all’Intelletto e quindi alla Coscienza e all’Autocoscienza, come ben sintetizzato in un recente libro di M. Edelman, lui pure Premio Nobel. (8) Come abbiamo visto, tutto in ultima analisi dipende dall’Energia Solare, il che fa dire ad Altschuler nell’opera citata, con una certa iperbole, che noi siamo “figli delle Stelle”. Non bisogna dimenticare che le nostre conoscenze, per quanto meravigliose, sono pur sempre basate su un elemento della materia quale il Carbonio sia pure attivato dall’energia cosmica. Non possiamo pertanto escludere l’esistenza di qualcos’altro irraggiungibile dei nostri sensi.
Rimane quindi invariato il simbolismo espresso dal magnifico affresco di Michelangelo sulla volta della Cappella Sistina, raffigurante la Creazione di Adamo. In tale affresco il dito di Adamo teso verso l’Al-di-là esprime, forse oltre l’intenzione dell’Artista stesso, tutta l’ansia dell’Uomo per la conoscenza oltre il dato sensoriale.
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