Anno 4 - N. 11/ 2005
salute OGGI come IERI
ARTE BIANCA:
il pane non solo per nutrire
Un bene prezioso
tra sacralità, simbolismo e rivolte
di Ambra Morelli
Natura morta i cinque sensi (1630)
Lubin Baugin (Pitiviers, 1610 ca. – Parigi, 1664)
Parigi, Museo del Louvre
Il forno non ne trattiene il profumo delicato e accattivante. Si sprigiona nell’aria, l’olfatto se ne appropria e invade il cervello liberando ricordi: piacevoli, per la sua fragranza, e ancestrali per la sua storia antica che accompagna l’epopea dell’uomo e ne simboleggia la vita segnando i momenti semplici e importanti.
Il profumo è quello del pane….. ormai veramente raro poterlo percepire a Milano dove è prodotto lontano dal luogo di vendita. Via!, cancellato così un piacere mattutino che mette di buon umore ricordando, con la semplicità dei suoi ingredienti, acqua, farina, un po’ di lievito e sale la semplicità della vita nei suoi momenti più significativi.
Accusato di far ingrassare ma nonostante ciò ancora molto apprezzato, il pane è considerato una sorta di “golosità”, qualcosa che si mangerebbe sempre, sicuramente è uno dei simboli nazionali. Sul nostro territorio adottato come alimento base, infatti non si riesce a mangiare senza il pane, ma anche accreditato nel tempo come simbolo sacro, sintesi quindi dell’unione tra cielo e terra, tra Dio e l’uomo.
Il pane ha una storia antichissima, la prima panificazione si fa risalire agli egizi che ne descrissero le fasi sulle pareti dei templi e sui papiri. I greci ne migliorarono la qualità e aumentarono le varietà fino produrne 72 tipi: le forme differenti si destinavano a riti diversi per diverse divinità. Anche la cristianità individua nel pane la sacra comunicazione tra Dio e l’uomo, transustanziandolo metaforicamente in “corpo di Cristo” durante il rituale di celebrazione della messa. Viene, inoltre, menzionato più volte e diversamente ma sempre al centro di significati allegorici “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, “Ti guadagnerai il pane col sudore della fronte”. Citato pure in letteratura, nelle pagine de “I Promessi Sposi” del Manzoni, “l’assalto al forno” tanto per menzionare uno tra gli esempi più noti, ma anche nelle fiabe come in “Pollicino” il quale, per riconoscere la strada del ritorno, utilizza briciole di pane.
La prima forma del pane è il pane piatto a sagoma di disco, forma talmente radicata nei nostri costumi che ancor oggi resiste tradizionalmente alle proposte di pani innovativi. Tra questi il pane azzimo, sorta di galletta che fu preparato in origine dal popolo ebraico alla vigilia della fuga dall’Egitto e consumato ancor oggi, come punto fermo della tradizione, dalle genti di religione ebraica di ogni nazionalità soprattutto nel periodo pasquale. Derivati dal pane azzimo, il testarolo della Lunigiana e, con l’aggiunta del lievito, la piadina romagnola, il sardo pane carasau, sfoglia sottile detta anche “carta da musica”, e il suo parente più vicino, pane di spessore più alto, la spianata.
Nel tempo la panificazione diventa rituale, per la preparazione si doveva essere scrupolosi e si doveva avere rispetto “religioso”, tanto che al momento di cominciare l’impasto si faceva il segno della croce e, in alcuni casi assume un significato simbolico.
Per esempio, presso alcune popolazioni della montagna piemontese, il pane veniva preparato solo una volta all’anno, nel periodo di Ognissanti, San Martino o Natale e cotto in forni comunitari: il “panet” era un modo di sentirsi “comunità”.
Ma la sacralità del pane nell’uso quotidiano si accentua quando si producono i pani per le feste o i pani cerimoniali che caratterizzano ogni evento: pani nuziali, pani della puerpera, i pani benedetti, i pani votivi, i pani tristi, i pani di Natale, pani per ogni occasione, i pani artistici. Il pane, allora, non solo per nutrire!
Alcuni pani hanno doppia vita: il calabrese Buccellato di Serra San Bruno (località vicina a Vibo Valentia), pane di grosse dimensioni (circa due chili) a forma di ciambella che, in proporzioni più ridotte, diventa pane rituale cingendo il braccio dei partecipanti alla processione del Corpus Domini.
Oppure il “ficcilatidd”, sorta di pane della provincia di Matera, che si prepara tradizionalmente una volta all’anno alla vigilia della festa dell’Immacolata, come segno di digiuno, oppure il “pane cafone” che ad Ischia viene consumato in grande quantità durante la festività di S. Anna, giorno della regata storica, o la “focaccia di Pasqua salata di Pitigliano”, prodotta esclusivamente nel periodo pasquale ùo, ancora, i siciliani “Cucciddàti di carrozza”.
Nella provincia di Trapani si producono dei pani a forma di ciambella sagomata con intagli che producono l’effetto di sole raggiante. Questi pani utilizzati per decorare i carri e gli stendardi delle processioni nelle ricorrenze delle feste religiose della festa del Crocefisso a Calatafimi, della Madonna di Tagliavia a Vita e la ricorrenza di S. Francesco da Paola a Salemi. È proprio in quest’ultima località che i “pani di Salemi” raggiungono un effetto ornamentale e scenografico di grandezza artistica. La loro origine risale alla metà del cinquecento quando si prepararono dei piccolissimi pani di ringraziamento, a sagoma di cavalletta, per lo scampato pericolo per la campagna minacciata da uno sciame di queste. Si crearono poi altri pani sacri come i “cuddùri” in onore di S. Antonio Abate e Santa Elisabetta. E per ornare la cucina di casa nelle festività di S. Giuseppe, oltre il cucciddatu, la “parma” (ricorda la palma da datteri che nutrì la Madonna durante la fuga in Egitto), il “vastuni” (il bastone di San Giuseppe), la “spera”, cioè l’ostensorio come simbolo dell’Eucarestia e il “calice”, cioè le ampolle per l’acqua e il vino.
Ma le sapienti mani delle donne che producono questi pani sanno creare veri propri gioielli di pane: mazzolini di fiori, rametto di ciliegie, tralcio di vite, panierino di fiori, spighe di grano come forme di ulteriori elementi decorativi e massima espressione della lavorazione del pane.
Il pane artistico si inserisce anche nella tradizione della vita di Sardegna dove il “pane coccoi” (su coccoi) è una sorta di ricamo artistico fatto col pane. Veniva utilizzato in passato, ma ancor oggi, in occasione di matrimoni (coccoi de is sposus) come simbolo di prosperità e buona sorte o per festività religiose, come per esempio la Pasqua, dove si aggiunge, inserendolo nella pasta sagomata, un uovo (coccoi de anguli).
Forbici, coltello e rotella sono gli attrezzi per creare elaborazioni tanto complesse quanto raffinate. Più di quaranta formati diversi a seconda della zona e delle tradizioni locali. Bianchissimi, come simbolo di purezza della sposa e delle donne che con maestria, tramandata tradizionalmente, fanno di questa materia semplice, il pane, un materiale prezioso.
IMMAGINE
Natura morta i cinque sensi (1630)
Lubin Baugin (Pitiviers, 1610 ca. – Parigi, 1664)
Parigi, Museo del Louvre
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