Anno 4 - N. 11/ 2005


il Caffé delle Muse

Curiosi clienti frequentano talora il Caffé delle Muse: oggi, per esempio, gli incubi e i succubi.

di Francesco Piscitello




Curiosi clienti frequentano talora il Caffé delle Muse: oggi, per esempio, gli incubi e i succubi.
Nella mitologia popolare dell’antica Roma l’incubus era un piccolo genio custode di tesori nascosti nelle viscere della terra. Quando ci s’imbatteva in uno di questi spiritelli occorreva anzitutto impadronirsi del suo copricapo al quale era molto affezionato: pur di riavere il cappello l’incubus, di solito, era disposto a rivelare il luogo dove nascondeva le sue gemme. Ma l’incubus aveva anche una simpatica abitudine: quella di assumere talora sembianze femminili e sedurre gli uomini in forma di succubus (dal latino sub-cubare, giacere sotto) per appropriarsi del loro seme. Successivamente, riassunte le sembianze maschili di incubus (dal latino in-cubare, giacere sopra) seduceva donne e ragazze, trasmettendo loro il seme precedentemente acquisito da quell’uomo.
Utilissima leggenda che poteva risolvere molti drammi domestici: se una ragazza rimaneva incinta e partoriva, successivamente, un bambino somigliante a questo o quel vicino di casa, poteva sempre dire di aver sofferto, a suo tempo, di incubi notturni.
La leggenda dell’incubo perdurò a lungo, sia pure con rimaneggiamenti e modificazioni. Ancora nel 1584 Reginald Scott, nel suo Discoverie of Witchcraft (citato in C. Bishop: Sesso e Spirito - E.D.T., Torino - 1999), descriveva l’incubo come un essere immaginario che appariva nottetempo a questa o quella fanciulla e faceva un “amore così caldo dentro di lei” da indurla a gridare: i familiari accorsi trovavano quasi sempre il demonietto maligno sotto il letto della poverina. Ma, furbissimo, l’incubo si era già rapidamente rivestito delle sacre ed intoccabili sembianze del vescovo Sylvanus...
Lasciamo però incubi, succubi, ragazze e vescovi dove stanno ed occupiamoci di poesia.

Laura Margherita Volante è nata ad Alessandria ma risiede ad Ancona nella cui Università insegna, come professore a contratto, Antropologia Culturale nella facoltà medica.
L’insegnamento però non le basta: feconda ideatrice ed animatrice di progetti socio-educativi per bambini, adolescenti e ragazzi che non sto ad elencare perchè sono tantissimi, trova anche il tempo per scrivere. E se la qualità dei progetti è pari a quella dei versi, i beneficiari non possono che rallegrarsi.
Molta della produzione poetica della Volante è stata pubblicata - la silloge Tuona amore su “Voce Donna” (Il Vicolo & Ponte Vecchio - Cesena 1998); la raccolta Goccia di fiume (Firenze Libri - Maremmi ed., 1998); il volume Il canto del gabbiano (Firenze Libri - Maremmi ed., 1998); L’amante e il mare (Nuove Scritture, Milano - 2003) - riscuotendo consensi (è finalista all’edizione del 2004 dell’importante premio A.Manzoni di Baveno dove consegue un diploma d’onore) e suscitando dovunque critiche favorevoli: scrive del suo verso il non tenero Vittorio Sgarbi “Buona scrittura visionaria fra euforia e malinconia” ; e Alessandra Paganardi (Il canto policromo della natura di Laura Volante): “…perché soltanto così, nell’adesione appassionata e saggia a questa sosta in limite fra effimero ed eterno, il cuore può farsi “sorgente/nell’infinito universo d’amore”.
Propongo al lettore, da TUONA AMORE, la lirica



NAVIGANTE

Navigante
partirò
per un’isola di pace:
sarà il sole
il mio calore,
una palma
la mia ombra,
un frutto
a calmare
la mia sete.
Navigante
approderò
in quel luogo santo
ove
il canto degli uccelli
risonerà
tra i sospiri lenti
della risacca
mentre
un arcobaleno
colora
il ritmo.


L’arcobaleno di Laura Volante mi conduce, per associazione, ai colori e dunque a Goethe. Credo che mi piacerebbe chiudere questa serata al Caffè delle Muse citando Goethe: e dopo lunga ricerca, trovo questi due brevi aforismi del poeta, con i quali mi congedo.

Gli attori conquistano i cuori senza dare il loro in cambio. Ma truffano con grazia.

Certi libri sembrano scritti non perché leggendoli s’impari, ma perché si sappia che l’autore sapeva qualche cosa.