Anno 1 - N. 1 / 2002


L’ANATOMIA IN LEONARDO

“Facil cosa è all’uomo che sa farsi universale”

di Giulio Cesare Maggi




L’eccellenza raggiunta da Leonardo da Vinci nella pittura, nel disegno e nella scultura, trova uno degli esempi più chiari del suo genio nella raccolta dei disegni anatomici, oltre seicento, conservata nella Biblioteca Reale di Windsor.
Dei manoscritti di Leonardo, inizialmente 13.000 fogli, oggi ridotti a poco più di 7.000, Melzi iniziò una catalogazione: ereditati dal figlio, ebbero diversi destini. Oggi Milano possiede il Codice Atlantico, completamente ristrutturato, e quello Trivulziano, la Biblioteca Reale di Torino il codicetto sul volo degli uccelli, la Gran Bretagna il Codice Windsor, l'Arundel ed i tre Forster, mentre il Leicester è stato acquistato nel 1995 da Bill Gates. La Francia ha 12 manoscritti rimasti là dopo la restituzione all'Ambrosiana dell'Atlantico sottratto da Napoleone. A Madrid sono i codici Madrid II e I recentemente ritrovati ed ancora allo studio. A dispetto di così importante quantità e qualità di materiale è solo da un secolo che noi conosciamo, perché pubblicati, tali tesori: ad esempio i Fogli e Quaderni di Anatomia furono pubblicati alla fine del XIX secolo a Cristiania (Oslo) e tra il 1911 ed il 1916 a Parigi.
Nel 1482 Leonardo si trasferisce a Milano al servizio di Ludovico il Moro e resta a corte fino al 1499, anno di caduta del Duca. Durante il soggiorno milanese ebbe un incontro per lui folgorante con la geometria euclidea, personificata nel frate Luca Pacioli, che gli riassume la difficile traduzione latina del Canone e gli commissionò i famosi "poliedri regolari" per il suo trattato "De divina proportione". Non sarà possibile qui riferire in dettaglio gli spostamenti di Leonardo che, sempre, sono stati in funzione di studiare cose nuove e perfezionare le vecchie. È del 1510 la collaborazione con Marc'Antonio della Torre, professore di anatomia in Milano, che poté leggere direttamente in greco e tradurre per Leonardo i manoscritti di Galeno e degli arabi. Morto nel 1515 il suo protettore Giuliano de' Medici, Leonardo si trasferisce ad Amboise al servizio di Francesco I e muore a Cloux il 2 maggio 1519, lasciando erede di tutti i suoi manoscritti l'allievo Francesco Melzi.
Leonardo non fu certo il primo a praticare dissezioni del corpo umano. A parte le conoscenze dalle traduzioni latine delle opere degli scrittori arabi Avicenna, Haly Abbas, Rhazes e quelle di Galeno scritte in greco, l'inizio reale degli studi anatomici avvenne nelle Università italiane, Bologna in particolare, ove la Facoltà Medica si rese indipendente da quella di Legge a partire dal 1306. Questi riscontri anatomici all'inizio ebbero più che altro scopi medico-legali: tuttavia in breve tempo il riscontro autoptico fu seguito da discussioni pubbliche e, almeno parzialmente, con significato didattico. Solo quando comparvero codici con disegni, peraltro piuttosto grossolani, quali l'Anatomia di Mondino de' Luzzi, il Fascicolo di Medicina di J. de Ketham (Venezia 1493), sia pure gravati dall'ipse dixit galenico, si delineò un certo avanzamento nella conoscenza del corpo umano. Tuttavia anche con il Rinascimento gli artisti, pur curando la perfezione anatomica del corpo vivente, con l'eccezione di Leonardo e di Albrecht Dürer (1471-1528), poco o nulla si curarono di ricerca anatomica, al di fuori dell'osteologia e della muscolatura di superficie: tra questi Pollaiolo, Verrocchio - maestro di Leonardo - Luca Signorelli, Michelangelo, Tiziano e Raffaello. Per questi artisti l'ideale anatomico era lo "scorticato", come sottolinea Keele. Conoscenze anatomiche profonde ma limitate alla "superficie": in questo senso un esempio classico è la stupenda "Battaglia di dieci nudi" del Pollaiolo.
Leonardo, a dispetto della sua iniziale scarsità di conoscenze letterarie ("omo sanza lettere"), non ignorava l'anatomia accademica: aveva potuto vedere il trattato di Mondino e forse ne derivò alcune idee, nonché alcune terminologie anatomiche. Per certo sviluppò uno studio dell'anatomia su base scientifica, anche se l'aspetto artistico della sua opera è trasparente: quest'ultimo è però basato, come sappiamo, su studi anatomici diretti. Negli anni del soggiorno milanese Leonardo, come egli stesso ricorda nei Quaderni di Anatomia (Q.I:, 13 v.), eseguì numerose dissezioni su cadaveri, spesso di notte e nascostamente. Certamente gli studi anatomici da lui eseguiti debbono essere considerati un incredibile passo avanti rispetto all'anatomia "tradizionale" della sua epoca, tuttavia fu, almeno in parte, rispettoso della terminologia "classica", ancorché imprecisa e spesso sommaria. In ogni caso il disegno è così preciso, dettagliato da far passare in seconda linea il pur analitico, anche se non facilmente interpretabile, commento scritto. Nel suo disegno vi è un'evoluzione dallo schizzo fino al disegno magnifico e raffinato, forse in prospettiva di quel Trattato di Notomia che non vide mai la luce. Senza negare l'importanza e la qualità dei disegni del Calcar per il De humani corporis fabrica vesaliano, bisogna riconoscere in Leonardo un grado di magnificenza da nessuno più raggiunta. Se Michelangelo avesse accettato di illustrare l'Anatomia di Realdo Colombo il confronto avrebbe potuto essere al di là dell'immaginazione.
Non possiamo qui non ricordare, se non accennandone, i bellissimi disegni d'anatomia comparata, ma lo studio anatomico del corpo umano, di tutti i suoi organi, del feto in utero, dei visceri, dei vasi, dell'occhio è quanto di più stupefacente possiamo immaginare. La produzione anatomica di Leonardo fu discontinua per i suoi numerosi impegni al servizio dei potenti. In gioventù studiò soprattutto il cervello e la scatola cranica, alla ricerca della sede del "senso comune" producendo mirabili calchi in cera delle cavità dell'encefalo. Solo successivamente iniziò lo studio di ossa, muscoli, articolazioni anche sulla (possibile) sollecitazione di Marsilio Ficino che, dalla proporzione vitruviana, seguita anche da Leonardo, spostò il concetto di bellezza, considerandola come "actus vivacitatis". Di qui il primato della pittura (e del disegno) poiché essa tratta del moto dei corpi "nella prontitudine delle loro azioni". Del cuore disse (F.Anat. passim.): "Core, instrumento mirabile, intenzionato dal sommo Maestro". "Del core. Questo si move da sé, e non si ferma se non eternalmente". "Vedi 'l core fa per sé il suo uffizio". "Il core è il nocciolo che genera l'albero delle vene". "Il core… è un vaso fatto di denso muscolo, vivificato e nutrito dall'arteria e vena come sono li altri muscoli". "Il core…è un muscolo principale di forza ed è potentissimo sovra gli altri muscoli". Ed ancora, in tema di "uso delle parti"(come allora, con termine ippocratico che a lungo persisterà, si chiamava la fisiologia): "il battimento del core è a impeti come ci mostra il polso".
Leonardo fu anche sperimentatore, studiando il moto del cuore nel maiale con l'uso dello spillone, appreso dai norcini, e il movimento delle valvole con un cuore di vetro di cui non è rimasta traccia se non negli scritti. Ebbe l'opportunità di eseguire l'autopsia di un centenario e ci lascia mirabili disegni di interesse anatomo-patologico nell'ambito della malattia arteriosclerotica. La straordinaria finezza dello studio del cuore e dei vasi nel bue e nell'uomo ha una ricchezza di particolari insuperabile: le cavità cardiache, le valvole, i muscoli papillari, i grandi vasi tutto è preciso e magnifico. Egli arrivò a questa perfezione anche attraverso errori "voluti", in ossequio alla dottrina aristotelico-galenica ed araba allora sostenuta dalla Chiesa, contravvenendo alla quale il rischio - accuratamente evitato da Leonardo - era quello d'incorrere nei rigori dell'Inquisizione.
In certi punti del manoscritto gli errori sono galenici (cuore destro che spinge il sangue attraverso i "pori invisibili" del settore interventricolare), ma altrove si ha la franca sensazione che Leonardo avesse intuito la circolazione polmonare. L' opinione, del resto rappresentata in Italia da un fisiologo del livello di Filippo Bottazzi, è che Leonardo fosse giunto a comprendere la circolazione del sangue come oggi la conosciamo ad opera di Harvey, anche se recenti ricerche tendono ad attribuirne la scoperta al medico arabo Ibn al-Nafiz intorno alla metà del 1200.
Ma è fuori dubbio che descrisse due particolarità anatomiche che dovrebbero da lui prendere il nome: la banda moderatrice, formazione muscolare che secondo il Nostro doveva impedire l'eccessiva dilatazione in diastole del ventricolo destro e la comunicazione interatriale da lui descritta come un "buso tra i ventricoli superiori" (in realtà gli atri), riscoperta in seguito da Botallo.
Gli studi dei movimenti del sangue e del suo "impeto" sono straordinari e sembra logico pensare che Leonardo, studioso profondissimo di idrodinamica, abbia potuto applicare al moto del sangue le sue conoscenze sulla Natura.
Nel Codice di Madrid egli scrive: " E venite, o omini, a veder li miracoli che per questi studi si scopre della natura". Molto a lungo si potrebbe dire su quest'argomento. Ma è preferibile concludere con quanto scrisse Giorgio Vasari ne "Le vite de' più eccellenti architetti, pittori et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri" (Firenze 1550).
"Lionardo da Vinci, Pittore e Scultore Fiorentino.
“Grandissimi doni si vedono piovere da gli influssi celesti ne' corpi umani molte volte naturalmente; e sopra naturali talvolta strabocchevolmente accozzarsi in un corpo solo bellezza, grazia e virtù, in un maniera che dovunque si volge quel tale, ciascuna sua azzione è tanto divina, che lasciandosi indietro tutti gli altri uomini, manifestamente si fa conoscer per cosa (come ella è) largita da Dio, e non acquisita per arte umana.
Questo lo videro gli uomini in Lionardo da Vinci, nel quale oltre la bellezza del corpo, non lodata mai a abbastanza era la grazia più che infinita in qualunque sua azione, e tanta e si fatta poi la virtù, che ovunque lo animo volse nelle cose difficili, con facilità le rendeva assolute. La forza in lui fu molta e congiunta con la destrezza, l'animo e 'l valore sempre regio e magnanimo.E la fama del suo nome tanto s'allargò che non solo nel suo tempo fu tanuta in pregio, ma pervenne molto più ne' posteri dopo la morte sua.
E veramente il cielo ci manda talora alcuni che non rappresentano la umanità, ma la divinità istessa, acciò da quella come da modello, imitandolo, possiamo accostarci con l'animo e con l'eccellenza dell'intelletto alle parti somme del cielo".