Anno 4 - N. 10 / 2005


MANDALA

L’ATTUAZIONE DELL’ASSOLUTO

Riesprime in semplici forme geometriche il processo di manifestazione e di identificazione dei Molti dall’Uno

di Silvia De Bei



Mandala di Silvia De Bei


La parola Mandala esprime un concetto sanscrito e significa cerchio sacro o centro, più precisamente captazione dell’essenza (da “manda” = schiuma essenza, – e “la” = presa, captazione).
Presupposto delle teorie mandaliche, nate in India e passate in Tibet, è l’esistenza nell’uomo, di una luce divina o coscienza luminosa, che psiche e subconscio, più precisamente maya, offuscano e frammentano.
Scopo del Mandala è ritrovare e riportare all’integrità la coscienza primordiale, operando il trasferimento, non la soppressione delle passioni, nate dal contatto dell’Io con il mondo, usandone l’esperienza come arricchimento.
Il ritorno all’unità iniziale è la presa di possesso attraverso il simbolo.
Da qui la complessa rappresentazione del Mandala.
Non solo superficie consacrata, proiezione geometrica del mondo, cosmogramma spaziale e temporale, ma nel contempo, psicocosmogramma, schema della disintegrazione dall’uno ai molti e dai molti all’uno.
I Mandala ispirati al buddismo vengono disegnati per terra, i lati sono delimitati con una cordicella intrisa di colore bianco. L’interno, levigato pulito, consacrato, trasformato in superficie incorruttibile quale “piano adamantino”, viene diviso da cordicelle intrecciate da cinque fili di diverso colore, da nord a sud, da est a ovest. Il canale mediano segna il centro. Il perimetro è solitamente un quadrato, a volte circondato dal cerchio.
Disegnarlo è un rito, le regole e la perfezione ne sono una garanzia. I cinque punti, quattro cardinali e un centro, riflettono i cinque elementi della personalità umana: materia, sensazione, ideazione, coefficienti carmici, conoscenza, a cui rispettivamente corrispondono i colori: bianco, giallo, rosso, verde, turchino.
Per rendere inaccessibile l’inconscio incontrollato e le forze che minano la purità del Mandala, le quattro porte, nei punti cardinali, vengono custodite da guardiani, in forma di dei o simboli, emblemi, lettere, aspetti sottili o grossolani della divinità stessa.
Il Mandala pur imbrigliato, nelle sue regole, può assumere diversi aspetti. Nell’induismo hanno varie forme, possono essere sostituiti dagli Yantra, diagrammi lineari che identici nell’uso e nel significato del Mandale classico esprimono lo stesso principio.
L’immagine della divinità è sostituita dalla linea, riduzione di un’identica idea. Del buddismo resta la cintura esterna, a volte un fiore di loto, un vaso al centro.
I Mandala sono infiniti e tengono conto delle persone a cui sono destinati.
Sul principio della diversità delle creature e dei simboli piu adeguati, per portarli alla salvazione, si basa la quadruplice divisione delle scritture esoteriche Tantra: Kriyâ, Caryâ, Yoga, Anuttara, rispettivamente, per bramini, nobili, potenti, peccatori.
Preparato il mandala si passa all’evocazione degli dei: si pongono vasi, fiori, essenze, sui cinque punti fondamentali. Precede la purificazione dell’officiante, fisica e spirituale, che ha per espressione disinteresse, consapevolezza, fede.
Il rito si completa con la discesa del “numen” evocato da una formula liturgica e da un esercizio Yoga. La luce interna si rivela e per l’avvenuta revulsione la coscienza diventa una e luminosa. Il Mandala si traspone nell’iniziato che realizza in se’, la verità adombrata dai simboli.
Assolta la sua funzione, ormai vuoto di significato il Mandala può essere distrutto, operando così il distacco dalla sua costruzione.
Ora, se anche non palese, poiché esiste il presupposto di una luce divina nell’uomo, il Mandala può trasferirsi nel corpo, dove i simboli hanno corrispondenti analogie.
Il centro è la cavità di Brama all’apice della testa, dove si apre il canale mediano, “candali”, che attraversa la colonna vertebrale, in analogia cosmica, con la montagna più alta del mondo, il Sumero. I chakra, centri di energia del corpo umano, sono i piani celesti disposti sui suoi fianchi. Il processo di reintegrazione nel Mandala uomo avviene con il sussidio della Hathayoga che si serve del corpo come strumento di salvazione.
Difficile datare la nascita del Mandala, forse inizialmente concepito come una reggia, di cui rimane ancora lo schema nei palazzi e nelle città imperiali dell’Irak. In seguito, in uno scambio tra regale e profano, dà forma a un’intuizione religiosa, pur sempre, piena di mistero dell’India.
In un certo senso tutte le strutture, sacre e religiose, partecipano al principio del Mandala: le piramidi egiziane e messicane, i templi dell’India, le moschee islamiche, i rosoni delle cattedrali.
La croce, con l’unione dei quattro punti cardinali ne conferma una variante formale, il quadrato che, quale Mandala cruciforme, fu essenzialmente sviluppato nelle chiese e cattedrali del mondo cristiano.
L’Occidente, perso il complesso cerimoniale, ne eredita il significato psicologico tramite C.G. Jung che, come i saggi orientali, s’immerse nel profondo dell’inconscio collettivo e tramite le immagini del Mandala, riuscì ad attivare, di ciascun individuo gli archetipi sopiti. Nella terapia psicologia, soprattutto in forme di nevrosi e schizofrenia, le immagini che affiorano dall’inconscio, costituiscono un tentativo di autoguarigione, assicurando la collaborazione del paziente. Jung ritenne i Mandala spontanei espressione della condizione individuale della psiche e dell’esperienza personale.
In una visione più generale, sono un mezzo di concentrazione della mente e di meditazione.
La sua universalità è nel principio del centro, che unitamente alla simmetria e ai punti cardinali formano le regole della sua costruzione. Il disegno tradizionale spesso utilizza il cerchio, simbolo del cosmo nella sua interezza, il quadrato, simbolo della terra, il triangolo, simbolo di perfezione.
Il Mandala deve essere eseguito con grande cura, senza distrazioni, farlo è un’attività universale, un rituale che conduce all’autointegrazione, un potenziale di guarigione per malattie psicosomatiche.
È, così si può dire, una tecnica, che libera l’energia vitale, la cui sorgente è nel centro, dentro se’ stessi.
Arte sacra o oggettiva il Mandala si può considerare una forma di magia, conduce i sensi attraverso la contemplazione, a uno stato che li trascende, in una nuova sfera di conoscenza.
Personalmente ritengo la costruzione del Mandala una disciplina, preceduta pur sempre, da una sorta di purificazione del pensiero. Disegno, forma, colori, numeri sono l’ausilio per obbiettivare i disagi non espressi della coscienza interiore.
In quest’ottica si può ascrivere il rinnovato, attuale culturale interesse per il Mandala.
Il suo processo non è solo un rituale interno, un momento di meditazione, ma il rientro nel ritmo della quotidianità, quale sfaccettatura, in mutamento, di un unico mandala.