Anno 3 - N. 9 / 2004


STATUE-STELE IN LUNIGIANA

IDOLI DI MACIGNO: MEZUNEMVNIVS

di Rosanna Veronesi




Ancora non ci è dato di conoscere la storia di coloro che vissero nella Val di Magra, territorio che si estende nell’alta Toscana, ai margini della Liguria e dell’Emilia; ma sappiamo che si trattava di un antichissimo popolo che visse a cavallo fra preistoria e protostoria, amante della pietra e dalla quale trasse immagini senza tempo: figure cariche di folle creatività, semplificazioni e caricature di corpi o, ancora, ancestrali urli emergenti da ruvide superfici.
In seguito, questa terra confinante con l’Etruria, poi conquista romana, avrebbe preso il nome dall’antico porto di Luni.
Risale al 1822 la prima scoperta della statua-stele rinvenuta a Zignago, in provincia di La Spezia, che fece discutere storici etruscologi di tutta Italia e sulla cui superficie era incisa la misteriosa parola: MEZUNEMVNIVS, che si riteneva o un epitaffio o il nome di una sconosciuta divinità etrusca. A tuttoggi, agli sconcertanti interrogativi, non sono state date valide e complete risposte.
Il culto di queste pietre antropomorfe, giunte via terra dal nord e approdate sulle spiagge di Luni, diffuse nelle valli minori attraverso il corso dei torrenti in risalita verso le alte montagne (e ovunque vi fosse un villaggio), rappresentano emblematicamente l’arte di una popolazione, che espresse parte di se stessa nel lento processo sociale nel periodo tardo preistorico.
È questo un fenomeno che si compie con immagini femminili e maschili scolpite in grossi cippi o menhir, già presenti in altre zone italiane, nella penisola Iberica, in Francia, Svizzera, Russia e in generale lungo le coste marittime del bacino del Mediterraneo; ma solo nella Val di Magra si compongono in modo omogeneo e, soprattutto, in un arco di tempo così lungamente protratto. Le pietre antropomorfe della Lunigiana sembrano voler confermare il lento processo evolutivo di una spiritualità unica. Sono immagini maschili e femminili che rappresentano guerrieri e donne di rango sociale di grande rispetto.
Le figure maschili, ricavate da lastroni trapezoidali, danno vita a una folla di armatissimi guerrieri, le cui braccia scendono lungo le clavicole e si allacciano all’arma meticolosamente scolpita in forma di pugnale o ascia e sempre portata al centro del petto. La testa è semilunata e si espande notevolmente (è rapportata al cappello del carabiniere); il volto disegnato ad U presenta una gamma di varianti, talvolta costituite da linee circolari o rettangolari; gli occhi sono segnati con due fori e il collo è spesso di grandi dimensioni e ripete gli schemi geometrici del corpo.
Le figure femminili si presentano con la stessa rappresentazione di quella maschile, senza armi, con evidenti seni. Simbolicamente rappresentano la Grande Madre o dea della fecondità, come in altre religioni del bacino mediterraneo. Il collo della stele femminile è ornato da collane o goliere a cerchi sovrapposti, simbolo questo dell’evidente alto rango sociale.
La generale stilizzazione di queste sculture è assai semplice, minimale e non ci è dato di conoscere se la loro storia corrisponda ad una sovrapposizione etnica o al diffondersi di una nuova religione, il cui culto risulta così evidentemente mantenuto per un lungo arco di tempo.
Nel complesso si assiste ad una lunga sequenza dove la raffigurazione delle statue stele più vecchie cedono il posto ad altre più nuove, in quanto presentano nuovi particolari anatomici e più precisi talvolta mostrano organi sessuali virili.
Le incisioni apposte, in forma di parola o lettere, sembrano messaggi che gli scultori di quel tempo, hanno affidato alla pietra e che ci rivelano in primo luogo, di non pervenire dai caratteri dell’Etruria tirrenica (come sarebbe logico dedurre) bensì dall’Etruria Padana. Un viaggio intrapreso attraverso i valichi appenninici e che indirettamente rivelano l’esistenza di una cultura celtica anteriore all’arrivo dei Galli, proprio in questo territorio specificamente definito col nome di Lunigiana.